BOOK IN THE USA - DA ‘MOBY DICK” AI RACCONTI DI FLANNERY O’CONNOR BRUCE SPRINGSTEEN SVELA IL SUO UNIVERSO LETTERARIO: ‘’IL MIO SOGNO? UNA CENA CON PHILIP ROTH, KEITH RICHARDS, TOLSTOJ E BOB DYLAN. CI SAREBBE UN BEL PO’ DI ESPERIENZA DI VITA’’

Intervista realizzata dalla New York Times Book Review a Bruce Springsteen pubblicata da “la Repubblica” - Traduzione di Fabio Galimberti

 

bruce springsteen al mare bruce springsteen al mare

Bruce Springsteen, quali libri ci sono sul suo comodino in questo momento?

«Ho appena finito Moby Dick, che ho sempre avuto paura a leggere perché sentivo dire da tutti che era difficilissimo. L’ho trovato una bellissima storia d’avventura per ragazzi, e non così difficile da leggere. Vi avverto: imparerete molte più cose di quelle che avete mai voluto sapere sulle balene. Però avrei voluto che non finisse mai. Ho letto anche L’amore ai tempi del colera, di Gabriel García Márquez: un libro che è capace di toccare tantissimi aspetti dell’amore umano».

 

Chi è il suo romanziere preferito, di tutti i tempi e fra quelli in attività? 

«Mi piacciono i russi, i racconti di Cechov, i romanzi di Tolstoj e Dostoevskij. Ho cominciato a leggerli solo quattro anni fa e ho scoperto che psicologicamente sono modernissimi. I miei preferiti sono I fratelli Karamazov, e naturalmente Anna Karenina.

 

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Tra gli scrittori di adesso, Philip Roth, Cormac Mc-Carthy e Richard Ford. Pastorale americana, Ho sposato un comunista e Il teatro di Sabbath sono difficili da battere . Meridiano di sangue rimane uno dei libri più belli che abbia mai letto: è quella combinazione tra Faulkner e gli spaghetti western di Sergio Leone che dà al libro la sua particolarità, secondo me.

 

Adoro il modo in cui Richard Ford scrive del New Jersey. Sportswriter, Il giorno dell’indipendenza e Lo stato delle cose sono tutti ambientati nei posti che vedo ogni giorno, e oltre a essere graffianti e divertenti colgono perfettamente lo spirito della costa del New Jersey».

 

Quali sono i suoi scrittori del New Jersey preferiti?

«Roth, per il suo umorismo scurrile e scalmanato, la qualità straordinaria dei suoi libri e la longevità. Poi Ford, come ho già detto. E naturalmente anche Walt Whitman non è niente male. L’estate mi fa sempre venire di voglia di prendere Foglie d’erba e mettermi seduto in veranda a leggerlo: alla fine sono più felice».

 

KEITH RICHARDS A ROMAKEITH RICHARDS A ROMA

Quale libro (se ce n’è uno in particolare) ha influenzato maggiormente la sua decisione di diventare un musicista e un cantautore, o ha contribuito al suo sviluppo artistico?

«Ho saltato gran parte del college quando sono diventato un musicista, perciò ho cominciato a leggere seriamente solo a 28-29 anni. Poi ci sono stati Flannery O’Connor, James M. Cain, John Cheever, Sherwood Anderson e Jim Thompson.

 

Tutti questi scrittori hanno contribuito enormemente alla svolta che ha preso la mia musica intorno al 1978-1982. Hanno fatto emergere un senso del luogo e la vena cupa nelle mie canzoni, hanno allargato i miei orizzonti, e sono ancora, letteralmente, una pietra miliare per quello che cerco di fare oggi».

 

LEV TOLSTOJLEV TOLSTOJ

Chi sono i suoi musicisti-scrittori preferiti? Qual è l’autobiografia di musicisti che le è piaciuta di più?

«Di musicisti romanzieri non me ne vengono in mente, ma per quanto riguarda le autobiografie, l’amore per la musica che traspare dalle pagine di Life di Keith Richards è difficilmente superabile. Anche l’autobiografia di Eric Clapton l’ho trovata sorprendentemente rivelatrice e molto commovente. E naturalmente ho adorato le Chronicles di Bob Dylan: mi hanno fatto sentire orgoglioso di essere un musicista».

 

Quali libri saremmo sorpresi di trovare sui suoi scaffali?

«Ho letto moltissimi testi di cosmologia e una discreta quantità di libri di filosofia. Mi piace anche leggere libri sul baseball. Il libro che mi ha fatto appassionare alla filosofia è Storia della filosofia occidentale, di Bertrand Russell. Ho appena finito Examined Lives di James Miller, e Montaigne: l’arte di vivere di Sarah Bakewell».

 

Quali sono i libri più belli che ha letto sulla musica?

Bob DylanBob Dylan

«In cima alla mia lista rimane Mystery Train di Greil Marcus, seguito a stretto giro da L’ultimo treno per Memphis. Ci metterei anche un libro recente di Daniel Lanois, Soul Mining , che propone delle intuizioni sul modo di fare la musica che non ho trovato in nessun altro libro. Sonata for Jukebox, di Geoffrey O’Brien, ha certi capitoli fantastici, specialmente l’analisi iniziale della carriera di Burt Bacharach».

 

Qual è l’ultimo libro che ha letto che l’ha fatta ridere?

« Lo stato delle cose di Richard Ford».

 

E l’ultimo che l’ha fatta piangere?

« La strada di Cormac McCarthy».

 

E l’ultimo che l’ha fatta infuriare?

«Too big to fail: i retroscena, di Andrew Ross Sorkin, Il grande scoperto, di Michael Lewis e Someplace Like America, di Dale Maharidge, con fotografie di Michael S. Williamson. Sono alcuni dei libri che ho letto sul recente collasso finanziario, e per Someplace Like America ho scritto la prefazione. La soperchieria criminale e la sconsideratezza descritte in questi libri hanno condotto direttamente al mio album Wrecking Ball».

 

Che tipo di lettore era da bambino?

GABRIEL GARCIA MARQUEZGABRIEL GARCIA MARQUEZ

«Il primo libro che ho letto è stato Il mago di Oz, un’estate in cui non avevo nulla da fare, sulla veranda di casa mia a Randolph Street, nel New Jersey. Ricordo che ero rimasto entusiasta del libro e del fatto di leggere.

 

Con il tempo, il personaggio più amato di quel libro per me è diventato proprio il grande e potente Oz. È riassunto alla perfezione da quella splendida citazione, che c’è nel film ma non nel libro: “Non far caso all’uomo dietro la tenda”. È un ciarlatano da fiera, che non sa fare nulla, ma in qualche modo riesce a cavarsela. “Non far caso all’uomo dietro la tenda”. È una delle grandi citazioni della letteratura americana».

 

Se dovesse fare il nome di un libro che l’ha resa quello che è oggi, quale sarebbe?

ERIC CLAPTONERIC CLAPTON

«Uno solo è difficile, ma i racconti di Flannery O’Connor hanno avuto un impatto molto forte su di me. Dentro ci sentivi l’inconoscibilità di Dio, i misteri intangibili della vita che disorientavano i personaggi, e che trovo accanto a me ogni giorno. C’era dentro il lato gotico, oscuro della mia infanzia, eppure mi faceva sentire fortunato essere al centro di quel puzzle nero vorticoso, le stelle che turbinavano sopra, i piedi quasi che non toccavano per terra».

 

Se dovesse organizzare una cena letteraria con tre scrittori, chi inviterebbe?

«Philip Roth, Keith Richards, Tolstoj; e come invitato supplementare Bob Dylan. Ci sarebbe un bel po’ di esperienza di vita, a tavola, e le chiacchiere a ruota libera in lingue diverse sarebbero fenomenali».

 

Quali libri le capita di rileggere spesso?

burt bacharach 1972burt bacharach 1972

«Non rileggo spesso lo stesso libro, ma i romanzi di Jim Thompson — per la loro concisione, la loro forza oscena, la loro implacabile violenza e purezza — finisco sempre per rileggerli. Sono fra i romanzi gialli più psicologici che siano mai stati scritti. Adoro James M. Cain ed Elmore Leonard, ma Jim Thompson occupa un posto speciale nel mio cuore».

 

Quali libri si vergogna ad ammettere di non aver ancora letto?

«Ho letto Furore molto tardi, molto dopo che avevo scritto la canzone The Ghost of Tom Joad. Ma poi non mi ha deluso per nulla, era proprio come speravo. Non ho ancora letto La valle dell’Eden , e voglio farlo».

 

Qual è il prossimo libro che ha in programma di leggere?

«Mi è piaciuto tantissimo Le avventure di Augie March di Saul Bellow, e mi hanno appena regalato Il re della pioggia , perciò forse il prossimo sarà questo».

 

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