DIETRO IL MITO DI STANLEY KUBRICK: IL RE(GISTA) È NUDO - MA CHI È STATO DAVVERO L’AUTORE DI “ARANCIA MECCANICA”, “2001, ODISSEA NELLO SPAZIO”, “SHINING”? UN DESPOTA CHE PIEGAVA GLI ATTORI AL SUO VOLERE? UN ARTISTA OSSESSIVO E MANIACALE? UN EREMITA PERSO DIETRO BIZZARRE ABITUDINI DA MEGALOMANE INVASATO? – DAL NUOVO LIBRO DI FILIPPO ULIVIERI: “DAVVERO HARVEY KEITEL FU LICENZIATO DA ‘’’EYES WIDE SHUT’’ PERCHÉ SI ERA LASCIATO ANDARE UN PO’ TROPPO DURANTE UNA SCENA DI SESSO CON NICOLE KIDMAN?’’ - VIDEO
stanley kubrick e me - Filippo Ulivieri - emilio d alessandro
Caro Dago,
sono Filippo Ulivieri, autore di “Stanley Kubrick e Me”, libro di memorie dell’assistente di Kubrick Emilio D’Alessandro, e del documentario da esso adattato, “S is for Stanley”, diretto da Alex Infascelli e vincitore del David di Donatello.
sulla luna con stanley kubrick filippo ulivieri 3
Ho pronto un nuovo libro, “Sulla Luna con Stanley Kubrick: Miti, leggende e verità sul mostro sacro del cinema”, un’indagine quasi poliziesca sull’immagine pubblica di Kubrick che propone un’idea rivoluzionaria sul suo lavoro da regista.
L’ho proposto a oltre trenta case editrici e, pensa un po’, nessuna l’ha voluto. Pazienza! Me la scrivo e me la pubblico, parafrasando il modo di dire. Ti regalo questo articoletto che ho scritto per presentarlo.
DIETRO IL MITO DI KUBRICK: IL RE(GISTA) È NUDO
Di Filippo Ulivieri – ‘’Sulla Luna con Stanley Kubrick: Miti, leggende e verità sul mostro sacro del cinema’’, è disponibile da oggi, 11 novembre, su Amazon.
jack nicholson e stanley kubrick durante le riprese di the shining
“Da come mi dipingono, sarei un recluso che vive in un bunker circondato dai computer, uno che si mette un casco da football mentre guida a 50 all’ora.” Così scriveva Stanley Kubrick, lamentandosi del modo in cui i giornali lo raccontavano. “A dar retta alla stampa, sarei un perfezionista demente.”
È infatti così che lo ricordiamo: un regista despota che piegava gli attori al suo volere, un artista ossessivo e maniacale, un eremita perso dietro bizzarre abitudini. A poco sono valsi gli sforzi di amici e familiari che, dopo la sua morte nel 1999, hanno provato a migliorarne la reputazione: nell’immaginario collettivo Kubrick è rimasto il genio folle e paranoico che per anni i giornali hanno raccontato.
Ryan ONeal stanley kubrick barry lyndon
Ma chi è stato davvero Kubrick? Come è nata questa sua immagine da megalomane invasato, e perché appare tanto credibile? Quali, tra le decine di storie e aneddoti che da cinquant’anni accompagnano la sua figura sono reali e quali esagerazioni o invenzioni belle e buone?
stanley kubrick shelley duvall
È da queste domande che sono partito per indagare quella che ho chiamato “l’immagine mitologica di Stanley Kubrick,” spinto dalla curiosità di osservare criticamente la sua storia e il mito che ne è scaturito e dalla necessità di colmare una lacuna: nella pur vastissima letteratura dedicata al regista non esisteva infatti fino a oggi uno studio che ne analizzasse l’immagine pubblica.
malcolm mcdowell e stanley kubrick sul set di arancia meccanica 7
Tutti quanti, così mi è parso, abbiamo creduto a quello che Kubrick stesso aveva detto: che la mitologia era il prodotto della sua ritrosia a parlare con la stampa e dell’inevitabile sensazionalismo dei cronisti di costume. Detta altrimenti, poiché lui parlava poco e malvolentieri del suo lavoro, i giornalisti erano costretti a inventarsi storie e storielle da dare in pasto ai lettori.
Questa spiegazione non mi ha mai convinto. Tanto per cominciare, alcune delle storie sono indubbiamente vere: vero era il perfezionismo, vera l’ossessione, verissima la cura maniacale di ogni aspetto della lavorazione dei suoi film e altrettanto vero il controllo che Kubrick esercitava su tutte le fasi della distribuzione, invadendo ambiti solitamente di dominio esclusivo degli studios.
malcolm mcdowell e stanley kubrick sul set di arancia meccanica 6
Ho quindi iniziato a scandagliare le raccolte di quotidiani e a frequentare gli archivi dove sono custoditi i documenti relativi alla carriera di Kubrick, in primis lo Stanley Kubrick Archive dell’Università delle Arti di Londra, l’istituzione a cui la famiglia ha donato tutto il materiale conservato dal regista. Le sorprese non sono mancate.
Ad esempio, ho finalmente capito quanto c’è di vero nella leggenda secondo cui Kubrick facesse centinaia di ciak per ogni scena. Resoconti di produzione alla mano, i numeri sono indubbiamente più alti della media, ma solo da Barry Lyndon in avanti — fino ad Arancia Meccanica Kubrick era un regista che girava piuttosto rapidamente — e solo per scene di particolare complessità.
Soprattutto, ho scoperto che nessuno tra i suoi attori si è mai lamentato dei tanti ciak che, al contrario, venivano visti come occasioni per esplorare a fondo i personaggi. Insomma, nulla di irragionevole. Anche se, con Eyes Wide Shut, film che detiene il record di durata con un anno, sette mesi e due giorni di riprese, non mi sento di dire che non abbia esagerato.
Anche la consultazione di materiali audiovisivi rari o inediti mi ha permesso di chiarire molti misteri. Uno su tutti: cosa è successo veramente durante le riprese di Shining tra Kubrick e Shelley Duvall? Grazie a un’intervista rilasciata a un documentarista inglese posso smentire una buona volta le illazioni sugli abusi e le torture psicologiche subiti dall’attrice.
Anche quando un filone di ricerca non mi ha portato a rivedere completamente la vulgata tradizionale, ho comunque raccolto aneddoti nuovi e commenti di prima mano. Me ne è rimasto impresso in particolare uno, di Julian Senior, il responsabile della promozione per la Warner Bros. Europa, con cui ho discusso il potere che Kubrick aveva con gli studios: “Con Stanley, davvero, si faceva prima a dargli quello che voleva quando lo voleva.”
malcolm mcdowell e stanley kubrick sul set di arancia meccanica 1
La possibilità di parlare con coloro che hanno lavorato a stretto contatto con Kubrick e lo hanno conosciuto bene, dai tecnici agli attori, dai colleghi ai familiari, mi ha infine aiutato a ritrovare la verità dietro tante voci di corridoio e pettegolezzi da set.
Faccio un esempio piuttosto famoso: davvero Harvey Keitel fu licenziato da Eyes Wide Shut perché si era lasciato andare un po’ troppo durante una scena di sesso con Nicole Kidman? No, eppure in molti credettero alla notizia quando comparve nel 1997.
Nessuno in fondo è rimasto immune alla seduzione della mitologia kubrickiana. Prendete la storia secondo cui il regista, una volta scoperto che il negativo originale del Dottor Stranamore era irrimediabilmente perduto, si mise a ricomporre un negativo fotografando con una Nikon la sua copia personale del film, fotogramma per fotogramma.
Basterebbe soffermarsi sulla fattibilità di questa operazione per bollarla come fesseria — sarebbero serviti quattromila rullini da 36 pose! — eppure alla storia credettero perfino Spielberg, Lucas e soprattutto Scorsese che la ripeté a mezzo mondo durante la promozione della sua fondazione per la tutela e il restauro dei film in pellicola.
Mito dopo leggenda, verità dopo bufala, il mio sospetto si è rivelato fondato. Come non è accettabile sposare acriticamente la mitologia Kubrickiana, allo stesso modo sarebbe sbagliato rigettarla in blocco considerandola falsa, come avrebbe preteso Kubrick stesso.
E anzi, non si può dar retta nemmeno alla spiegazione proposta dal regista, ossia che il suo negarsi ai giornalisti sia stata l’origine delle tante storie improbabili. Nelle mie ricerche ho rintracciato 366 articoli che contengono sue dichiarazioni, da lunghissime interviste a brevi comunicati stampa. Per uno che ha girato tredici film, 366 interviste non sono certo poche.
joe turkel, stanley kubrick e jack nicholson sul set di shining
Il “caso Kubrick” ha una risoluzione sorprendente, perfino per uno come me che studia la vita e il cinema di Kubrick da vent’anni. La conclusione a cui sono giunto appare rivoluzionaria e tuttavia, a posteriori, suona quasi ovvia. Come i migliori giochi di prestigio, era sotto gli occhi di tutti eppure nessuno l’aveva vista. Mentre ne scrivevo, mi è tornata in mente una battuta di Kubrick, raccontata da sua moglie Christiane alla fine del documentario A Life in Pictures: quando la gente gli chiedeva, “Come va, Stan?” lui rispondeva, “Riesco ancora a fregarli!”
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