ariston arisa

DIETRO LE QUINTE DELL’ARISTON - RITI, AMULETI E INCUBI DEI CANTANTI IN GARA A SANREMO: “ODDIO, E SE IL GOBBO ELETTRONICO SI PIANTA D' IMPROVVISO?” - L' ARISTON È UN TRIANGOLO DELLE BERMUDE, IL SUONO IN SCENA SPARISCE MISTERIOSAMENTE - TRA I MUSICISTI C' È CHI PORTA CON SÉ CORNI, CIOCCHE DI CAPELLI, ZAMPE DI CONIGLIO, FERRI DI CAVALLO. TUTTO SERVE. ANCHE UNA PREGHIERINA AI PIEDI DELLA STATUA DI BONGIORNO – IL CIONDOLO DI ARISA…

Stefano Mannucci per il Fatto Quotidiano

 

ariston

Studia la puntata più lucrosa, giocati il picchetto, scrivi il tuo pronostico sui social. Ma non rivolgere mai al cantante la domanda proibita: "Ehi, quest' anno sei tu il favorito?". Lo sanno tutti che al conclave di Sanremo entri papa e rischi di uscirne da cardinale. Guai all' inviato sprovveduto che si congratuli con il concorrente quando la kermesse è in corso. Gli artisti, si sa, fingono di essere creature raziocinanti, ma in Riviera diventano più superstiziosi di un tifoso davanti ai rigori del mondiale.

 

Li vedi aggirarsi in città con le tasche rigonfie di ogni sorta di amuleti: corni, ciocche di capelli di ignota provenienza, zampe di coniglio, ferri di cavallo, foto del bisavolo, bassorilievi della Madonna, acque benedette, perni del giradischi dove hanno suonato il loro primo 45 giri. Arisa è una dei pochi che te lo dice: non si separa mai da un ciondolo a forma di quadrifoglio trovato per strada. Sono anime fragili: puoi stanarli all' alba o a notte fonda (che è lo stesso, a Sanremo il tempo diventa circolare) a bisbigliare qualcosa davanti alla statua di Mike Bongiorno in via Matteotti.

 

Cercano protezione da ogni sorta di beffa. Si può capirli: magari vincono e poi mettono, lì sulla promenade, la targa commemorativa con il nome della loro canzone scritto in modo erroneo.

arisa

 

E quando - faticosamente - procedono verso l' ingresso dell' Ariston per un presunto bagno di folla (meglio sfilare dalla porta carraia sul retro) si imbattono nei soliti fancazzisti calati qui per la settimana fatale: bambini e vegliardi accampati a ridosso delle transenne, che si eccitano per qualunque visione pop-mistica. Pure il sosia del compianto Pavarotti (immancabile) o quello di Al Bano suscitano entusiasmi insensati. I concorrenti avanzano nervosamente, tra un microfono di Radio vattelappesca che ripete "Ehi, sei tu il favorito!", una pacca sulla spalla dal fan della prima ora, le guardie del corpo che ti sballottano finché non sei in salvo, dentro il tempio.

Dove i rischi sono altri. Papere? Cadute? Cazzate.

 

L' incubo di ogni big è temere di aver perso l' udito una volta sul palco: l' Ariston è un triangolo delle Bermude, il suono in scena sparisce misteriosamente. Oddio, e se il gobbo elettronico si pianta d' improvviso? E se la prova del brano fila liscia poi in diretta sarà una merda! Occhio anche al tragitto dietro le quinte: i cantanti vengono portati prima del turno a pascolare in una "green room" da fanta-horror, dove qualcuno potrebbe sparire. E se non lì, accadrà nel labirinto di scale alla Escher che porta verso il Roof dell' Ariston, sede della Sala Stampa. Si mormora di cantanti inghiottiti nel nulla lì dentro.

ariston

 

Sicuri, per dire, che Tiziana Rivale, trionfatrice nell' 83, ne sia mai uscita? E se quella che ha continuato la carriera non fosse altro che una sosia, come il McCartney post-incidente? In ogni caso, i candidati alla vittoria vengono trattenuti a viva forza nel bunker. Li lasciano morire di fame, fino alla proclamazione. Qualcuno si ribella, ma invano: Ron e Tosca furono richiamati in fretta e dovettero lasciare le trenette al ristorante. Erano certi che quel Festival '96 fosse appannaggio di Elio e le Storie Tese. I sospetti sono la regola: come quelli denunciati da Pupo anni dopo. Convinto di aggiudicarsi la kermesse con il grottesco trio composto da Emanuele Filiberto e dal tenore Luca Canonici, gridò alla combine vedendosi sorpassato al fotofinish da Valerio Scanu. "Eppure avevamo comprato pacchetti di televoti!", gridò il pokerista toscano.

 

Una lagna interminabile, a cose fatte, in quella Sala Stampa dove i poveri giornalisti, ormai sfatti e consunti, attendevano solo la liberazione della domenica, in quel bivacco di manipoli dove ogni dodici mesi ci si ritrova tutti lì, una famiglia dispersa, con i pass a mostrare la tua foto di trent' anni prima, che lì sembri tuo figlio.

 

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Ognuno serba in tasca almeno 50 euro in contanti, come in certe strade del Bronx, perché quando la tv spegne le luci e vai in cerca di cibo nella notte sanremese sai che quello è il prezzo base, anche se per una focaccia e mezzo bicchiere di spuma.

ARISTON

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