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UNA DIRETTRICE DI LATO B CON UNA PERSONALITA’ DI SERIE A - SOLO LA BOLDRINI POTEVA SOSTENERE CHE BEATRICE VENEZI “HA POCA STIMA DI SE’ SE SI FA CHIAMARE DIRETTORE”. LA RAGAZZA E’ PIENA DI SE’, CONSCIA DEL SUO LATO MIGLIORE, IL LATO B, QUELLO CHE PRESENTA IN UNA PUBBLICITA’ DOVE E’ CHIAMATA “DIRETTORE D’ORCHESTRA”: SARA’ PER QUESTO CHE A SANREMO HA CHIESTO DI ESSERE CHIAMATA DIRETTORE E NON DIRETTRICE? MENTRE IL “CORRIERE DELLA SERA” GLI SPARA CONTRO IL SOLITO PIPPONE NEOFEMMINISTA TRAVESTITO DA INDAGINE LINGUISTICA, I VARI MURGIA, MONTANARI, SELVAGGIA SI SONO SCATENATI: “DIRETTORE? DA DONNA ANNI FA AVREBBE PULITO GLI SPARTITI”
Dagoreport
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Beatrice Venezi aveva tutto per piacere alla sinistra conformista: il cognome giusto (quello di una città), brava in quanto donna, un lavoro da sempre appannaggio dei maschi, “impegnata” nelle buone cause seguite dai giornali (come Terre des Hommes), vestiti firmati, vacanze in luoghi fighi... Poi è caduta su due leggi fondamentali che i sacri sacerdoti del politically correct non possono perdonarle: una pubblicità che cede ad allusioni sul corpo della donna e il rifiuto di accettare una neolingua imposta ex nihilo.
E così, dopo la pubblicità per Bioscalin dove si dice “Tira fuori il tuo lato B-ioscalin” (chiara allusione al lato B di una donzella), e dopo la preferenza a farsi chiamare “direttore” (come firmato nella pubblicità) e non “direttrice d’orchestra”, i vari Michela Murgia, Montanari e compagnia “cantante” si sono scatenati sulla tastiera. Anche con eccessi comici, come quelli di Laura Boldrini che ha dichiarato: “Beatrice Venezi ha poca stima di se’ se si fa chiamare direttore”. A dire il vero, la Venezi è piuttosto piena di sé, sin da quando dichiarava per il “Corriere” che persino “una ragazzina di 13 anni sta preparando una tesi su di me collegandomi all’emancipazione femminile” (25-06-2018).
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Il “Corriere”, che l’aveva assoldata, ha subito fatto cadere il suo anatema per mano di un linguista chiamato a sostenere che la Venezi sbaglia perché la “lingua cambia” (sì, ma cambia dal basso; quando cambia per imposizione si chiama comunismo o fascismo!) accusandola anche di “patriarcato introiettato”!!! E dire che, prima di bacchettarla, il “Corriere” la portava in punta di bacchetta: nel 2018 un articolo per lei intitolato (forzando) “Non voglio i pantaloni”; il blog neofemminista del “Corriere” chiamato “La 27ma ora” la aveva invitata alla kermesse “Il tempo delle donne” nel 2019 mentre nel 2017 l’aveva inserita tra le 50 donne dell’anno per il “Corriere”.
Poco importa se i critici musicali ridacchiassero dietro le quinte della direttrice/ direttore dell’Orchestra della Toscana, dell’Orchestra Milano Classica e della Nuova Orchestra Scarlatti Young che dirigeva quello che per loro è un non-tenore, Andrea Bocelli. Lei, trentenne biondona, e in quanto biondona direttore con merito, era la direttrice non in pantaloni e con il plus di essere appassionata di moda (cioè degli inserzionisti pubblicitari): “Mi piace dirigere in gonna, ho diversi abiti da sera, mi piace il rosso.
Non dobbiamo imitare gli uomini quando dirigiamo”. Donna emancipata, donna… ma senza esagerare perché la confraternita del politically-correct ha le sue leggi: su Yuja Wang, giovane pianista cinese che suona in minigonna o con spacchi vertiginosi, la Venezi aveva detto: “Quello non va bene, non credo sia sexy, né indice di femminilità suonare musica classica in minigonna”: ma come, uno dei capisaldi del neofemminismo non è quello che una donna si veste come vuole, anche con il microabito di notte in periferia?
Una personalità troppo sua e troppo piena di sé, questa Venezi, agli occhi dei sacri sacerdoti del conformismo. Tu devi stare o di qua o di là! O direttora/direttrice e senza lato B pubblicitario oppure sei con gli altri. Tra gli altri, ricordiamolo, c’era il critico musicale Paolo Isotta il quale, la prima volta che vide alla Scala una direttrice d’orchestra (non era la Venezi) si alzò sconcertato in platea è urlò: “So io dove ti metterei quella bacchetta…”.
Durante un’intervista con Freeda ha dichiarato che il suo idolo è Elisabetta I. La ritiene una grande donna poiché è riuscita a comandare tutto da sola, rifiutando il matrimonio come sistema politico e diventando completamente indipendente.
SELVAGGIA LUCARELLI CONTRO BEATRICE VENEZI: "STAVI A PULIRE SPARTITI”
"Non chiamatemi direttrice", aveva avvertito Beatrice Venezi, appena arrivata sul palco del Festival di Sanremo accolta da Fiorello e Amadeus. Un messaggio che ha stizzito non poco Laura Boldrini, che ha invitato il direttore d'orchestra a "non dimenticare i sacrifici delle donne".
Come se il loro destino e il rispetto dei loro diritti, insomma, dipendessero da un nome declinato al maschile o al femminile. Alla deputata Pd ed ex presidenta della Camera (che verrà ricordata, d'altronde, solo per battaglie politiche di questo tenore), la Venezi ha risposto per le rime con una intervista al Corriere della Sera, un trattato-bignami di cosa significhi davvero essere orgogliose di essere donna, al di là di ipocrisie ed etichette.
"La posizione ha un nome preciso e nel mio caso è quello di direttore d'orchestra, non di direttrice. E così voglio essere chiamata, me ne assumo la responsabilità", ha ribadito la 31ennne. Selvaggia Lucarelli addirittura le ha ricordato che se non fosse stato anche per le battaglie della Boldrini, "da donna avrebbe pulito gli spartiti anni fa", anziché dirigere altri musicisti. Risposta? "L’ambiente da cui vengo è conservatore. Ci sono le figure del Maestro e del Direttore d’orchestra. La declinazione al femminile non solo non aggiunge niente — non sento la necessità del femminile per sentirmi riconosciuta — ma ci sono dei connotati peculiari: maestra rimanda alla maestra di scuola, un altro lavoro".
Insomma, non viene da un altro pianeta e tantomeno è una privilegiata: "Ho lavorato sodo per quello che faccio, conoscendo i pregiudizi e le difficoltà che incontrano le donne: non si risolvono declinando al femminile. Ci si divide su questo anziché concentrarsi perché una donna venga riconosciuta per la sua qualità, azzerando ogni differenza".
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