DJANGO SUL SET CON TARANTINO - FRANCO NERO SUPERSTAR: “IL MIO DJANGO CERCAVA VENDETTA PER LA MOGLIE MERCEDES UCCISA BRUTALMENTE. IN REALTÀ PER TARANTINO È UN FILM POLITICO, ESAGERA LA VIOLENZA DEL WESTERN PER RACCONTARE GLI ORRORI DELL'AMERICA SCHIAVISTA" - È GENIALE. ALLA FINE DI OGNI RIPRESA, C'ERA QUESTO RITO: GRIDAVA 'GRANDE, FANTASTICA! NE FACCIAMO UN'ALTRA...', E TUTTI IN CORO URLAVAMO '...PERCHÉ NOI AMIAMO FARE IL CINEMA!'"…

Maria Pia Fusco per "la Repubblica"

Franco Nero e Jamie Foxx al bancone di un club che si chiama Cleopatra. Bevono, si scrutano in silenzio poi Nero: "Come ti chiami?" "Django". "Lo so. Lo so". È una sequenza di Django Unchained, che segna il legame tra il Django bianco del film di Sergio Corbucci del 1966 e quello nero del western che Quentin Tarantino sta ultimando a New Orleans, ambientato nell'America dello schiavismo.

Il personaggio di Franco Nero è italiano, Amerigo Vessepi, proprietario di un mandingo che deve lottare con il mandingo di Calvin Candie, il cattivo del film interpretato da Leonardo Di Caprio. Per il suo omaggio a uno dei suoi generi preferiti, lo spaghetti western italiano (fra l'altro protagonista di una retrospettiva in questi giorni a Los Angeles), Tarantino ha voluto Franco Nero come testimone vivente di quella stagione.

Nero, che rapporto c'è tra il film di Tarantino e quello di Corbucci?
"È un omaggio, Tarantino sta scrivendo un saggio su Corbucci e ha costretto tutti quelli del cast a vedere Django e altri western italiani. Nelle pause sul set da un altoparlante partiva la colonna sonora con la canzone 'Djiango, Django, Djangooo ...' scritta da Luis Bacalov. I protagonisti sono Christoph Waltz, il dottor Schultz, cacciatore di taglie, e Jamie Foxx, lo schiavo che Schultz compra: lo aiuterà a ritrovare la moglie Broomhilda, schiava del cattivo Calvin, e Django in cambio ucciderà i suoi nemici. Il mio Django cercava vendetta per la moglie Mercedes uccisa brutalmente. In realtà per Tarantino è un film politico, esagera la violenza del western per raccontare gli orrori dell'America schiavista".

Al contrario del film di Corbucci.
"Secondo lui anche il film di Sergio era politico, era comunque una storia di sopraffazione dei ricchi possidenti contro i messicani e i peones. E pensare che con Corbucci abbiamo cominciato il film sulla Tiburtina a Roma con pochi soldi e senza sapere neanche bene la storia. È esploso in tutto il mondo, lo hanno imitato decine di volte, una copia è al Moma di New York. Ancora oggi quando vado in qualche albergo in Sudamerica o in Asia, mi chiamano Django".

Com'è stata l'esperienza sul set di Django Unchained?
"Bellissima, Tarantino mi ha presentato a tutta la troupe gridando: 'Voi non sapete che lui era la più grande star del mondo, insieme a Clint Eastwood, Charles Bronson e Alain Delon!'. Dovevo fermarmi qualche giorno, sono rimasto tutto il mese a New Orleans. C'era un clima piacevole, è un set di grandi, c'erano Samuel L. Jackson, Don Johnson, Kerry Washington".

Com'è stato il rapporto con gli altri attori?
"Di Caprio mi ha presentato la mamma tedesca e l'ho invitato a venire a pescare in Salento. Non ha atteggiamenti da star e, come tutti gli altri, non ha chiesto compensi per i continui rinvii. Il film è partito molto in ritardo. Durante le preparazione Waltz si è rotto l'osso pubico, Johnson ha fatto un brutta caduta da cavallo e Foxx si è rotto una spalla. Con Waltz siamo diventati amici. 'Vedi Franco, ero arrivato a 52 anni, avevo lavorato tanto e non ero nessuno. Ho fatto un provino con Tarantino e la mia vita è cambiata. Ma io continuo a fare il mio mestiere come sempre', mi ha detto e mi è piaciuto. Ora continuiamo a scambiarci messaggi".

Tarantino regista?
"Con lui si prova molto e sta a sentire i suggerimenti. Mi ha colpito la cura con cui prepara l'inquadratura e le luci e poi gira con una sola macchina da presa, come il cinema di una volta, mi ha fatto molto piacere. È geniale. Ogni giorno decideva una lettera dell'alfabeto da scrivere sul ciak e tutti dovevamo citare i registi che cominciavano per quella lettera, un suo modo di esprimere l'amore per il cinema. E c'era questo rito: alla fine di una ripresa, gridava 'Grande, fantastica! Ne facciamo un'altra...', e tutti in coro urlavamo '...perché noi amiamo fare il cinema!'".

Umanamente com'è?
"Un pazzo, con una memoria di ferro. Conosce tutto dei miei film e dei western, sa le battute, accenna perfino alle colonne sonore. Io l'ho sfidato con un film di Antonio Margheriti fatto con due lire che non ha visto nessuno, I diafanoidi vengono da Marte. Lo conosceva! È un bambino capace di stupori e di entusiasmo. Gli ho parlato della poesia di Pascoli, del "fanciullino" che c'è in ogni vero uomo. Lui è proprio così".

Com'è nato il suo rapporto con Quentin?
"La prima a parlarmi della sua ammirazione per me fu Penelope Cruz: aveva incontrato Tarantino, le aveva detto che moriva dalla voglia di conoscermi. Finalmente ci siamo incontrati a Roma quando venne per Inglorious Bastards, mi ha raccontato che aveva cominciato a vedere i miei film a 14 anni, quando lavorava nel videoshop e poi li ha cercati tutti. In quell'occasione gli ho fatto firmare un pezzo di carta in cui accetta di partecipare al film che farò con Castellari, L'angelo, il bruto, il saggio. Sono sicuro che se il film di Tarantino, che negli Usa uscirà il 25 dicembre, andrà bene, il western diventerà una moda".

 

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