ennio morricone

ENNIO MORRICONE SI TOGLIE UN PO' DI MACIGNI DALLA MEMORIA: "GINO PAOLI CANTA MEGLIO ADESSO CHE HA 80 ANNI, L'ORECCHIO SE L'È FATTO CON IL TEMPO - SERGIO LEONE NON ERA MAI CONTENTO, ERA MALFIDENTE CON TUTTI. ERA UN TORMENTO. LA STORIA DEL FISCHIO - LA SCOMPARSA DI MINA - ZEFFIRELLI? CON LUI NON C’ERA INTESA - UNA VOLTA ELIO PETRI MI FECE UNO SCHERZO TREMENDO..."

Pier Luigi Vercesi per il “Corriere della Sera”

 

roman polanski gerard depardieu ennio morricone giuseppe tornatore

Maestro Ennio Morricone, quest' anno lei compie novant' anni. Di soddisfazioni nella vita ne ha avute tante. Manca qualcosa all' appello?

«Professionalmente no. Ma un tarlo l'avrei».

 

Quale?

«Scoprire perché papa Francesco non ama la musica. Che abbia fatto un fioretto?».

 

Perché dice questo?

«Un giorno il produttore Fernando Ghia mi trascinò a Londra per assistere, insieme al regista Roland Joffé, alla proiezione di un film senza musiche. Era una storia ambientata nel Seicento, nell' attuale Paraguay; raccontava di gesuiti che convertivano gli indios cercando di strapparli alla schiavitù. Alla fine venivano tutti massacrati».

 

È la trama di «Mission»

ennio morricone con la moglie maria travia

«Esatto. All'ultima scena piangevo come un bambino. Lasciatelo così, dissi, la musica non serve. Alla fine accettai l'incarico. Un lavoro difficilissimo. Jeremy Irons, padre Gabriel, suonava l'oboe, quindi dovevo scrivere un brano per quello strumento. Che musica sacra si suonava in quel periodo? Studiai Claudio Monteverdi e Pierluigi da Palestrina. Infine, la domanda senza risposta: e il canto degli indios? Mi venne un'intuizione: tatta tatatatta tatatatta tatatatta, tatatta titti Montammo la musica e riproiettammo il film. Ghia era entusiasta, Joffé e il produttore americano soddisfatti, il produttore inglese deluso».

 

Grande intuito, l'inglese

ENNIO MORRICONE

«Venni a sapere che lui voleva un altro compositore. Ero solo il rincalzo perché l'altro era in giro per concerti. "Maria (chiede il maestro alla moglie che sta trafficando in cucina), ricordi chi doveva essere il compositore di Mission?". "Bernstein"».

 

Non proprio l'ultimo arrivato.

«Sì, però se l'avessi saputo non avrei accettato. Ma mi lasci tornare al Papa. Anni dopo, una mattina, mentre andavo a prendere i giornali in Piazza del Gesù, mi avvicinò un gesuita e mi chiese di scrivere una Messa per i duecento anni dalla ricostituzione della Compagnia dopo la soppressione del 1773. Perché no?

 

MORRICONE LEONE

Poco prima dell'esecuzione, il Papa venne in visita alla chiesa e me lo fecero incontrare. Soli con lui, io e Maria scoppiammo a piangere; Francesco ci guardava in silenzio. Dopo qualche minuto riuscii a parlare, gli raccontai di "Mission", della Messa e gli chiesi di venirla ad ascoltare. Lui ci regalò due rosari. Ma non venne.

 

Dal Vaticano dissero che doveva ricevere Putin. E che problema c'era? Aspettavamo. Magari portava anche Putin. La verità è che Francesco non ha mai assistito a un concerto. Vada a verificare, vedrà se non è vero. Non pensi comunque che io sia un piagnone: ho pianto solo quelle due volte lì, per "Mission" e incontrando il Papa».

 

L'uomo che ha pattato una partita a scacchi con Boris Spasskij deve essere dotato di sangue freddo... Più facile riconoscere questa emotività a sua moglie. A proposito, posso chiederle di partecipare all'intervista?

«La partita con Spasskij fu il punto più alto della mia carriera scacchistica. Boris però mi confessò di non aver "spinto troppo". Quanto a mia moglie, per me va benissimo, ma lei non ne vuole sapere».

MORRICONE LEONE

 

Come vi siete conosciuti?

«Era amica di mia sorella. Un giorno ebbe un gravissimo incidente. La ingessarono dalla testa al torace. Andavo a trovarla tutti i giorni e mi innamorai di lei dentro a quello scafandro. Decisi che l'avrei sposata anche se avesse riportato gravi danni, come i medici temevano. Per fortuna è tornata come prima. Al conservatorio, prima di composizione, avevo studiato la tromba, come mio padre. Però me ne vergognavo e allora comprai una valigetta, perché se avessi usato la custodia si sarebbe capito qual era il mio strumento.

 

Volevo mi vedesse come un grande compositore, non come un "trombista". Quando mi diplomai in composizione, disse: "Ti regalo tanti etti di zuppa inglese quanti punti prendi". Presi nove e mezzo e ci rimasi male. Lei però mi promosse con dieci: un chilo tondo tondo di zuppa inglese!»

MORRICONE TARANTINO

 

Com'era la Roma in guerra?

«Suonavo nelle orchestrine, prima al Florida per i tedeschi, poi al Massimo d' Azeglio e al Mediterraneo per gli alleati. Gli americani non pagavano, ci davano cibo e sigarette. Vivevo per la musica e quasi non mi accorgevo di ciò che accadeva intorno. Poi ho sempre avuto paura di non riuscire a mantenermi e accettavo qualsiasi lavoretto. Per la mia insicurezza sfumò il posto da insegnante al Conservatorio».

 

Per la sua insicurezza?

MORRICONE CON LA MOGLIE

«Il mio maestro, Goffredo Petrassi, riteneva fossi molto dotato. All'esame finale litigò con il direttore del Conservatorio perché si concentrò su un dettaglio e tolse mezzo punto al dieci con lode che riteneva mi spettasse. Dopo la prova accompagnai Petrassi a casa, in via Germanico 182. Eravamo commossi. Mi disse: non prenderti impegni per due anni, così ho il tempo di trovarti un incarico in Conservatorio. Non accadde. Seppe che arrangiavo canzonette per la radio e le riviste. Un contrabbassista amico di mio padre fece il mio nome ad alcuni direttori d'orchestra. Mi davano una melodia con le armonie messe male, io facevo pulizia».

 

MORRICONE

È l'epoca di «Se telefonando» e di Mina?

«Quello avvenne dopo, quando mi chiamò la Rca. Mi affidarono diversi cantanti: Miranda Martino, Gino Paoli, Edoardo Vianello. Paoli canta meglio adesso che ha ottant'anni, l'orecchio se l' è fatto con il tempo. Vianello invece era bravissimo. "Se telefonando" mi venne chiesta da Diego De Chiara e Maurizio Costanzo come sigla di una trasmissione. Fu un successone. Mina me ne commissionò un'altra. Poi scomparve: aveva un fidanzato musicista e divenne impossibile avvicinarla».

 

Come approdò al cinema?

«Avevo lavorato con Salce per il teatro e nel 1961 mi chiese di comporre le musiche per "Il federale". La mia carriera è sempre stata molto disordinata: facevo arrangiamenti, suonavo la tromba al Sistina, poi passavo alle orchestrazioni per il teatro, poi i dischi, la radio, la tv. Sa, per quel mio timore di morire di fame».

 

Immagino sia stato l'incontro con Sergio Leone a sedare la sua paura di restare senza lavoro. Sbaglio?

MORRICONE 6

«Con lui ho fatto "Per un pugno di dollari" e tutti i western. Era malfidente con tutti. Mai contento. Abitavamo vicini, veniva a trovarmi e io andavo da lui. Ma quando iniziavano le registrazioni era un tormento. "Non si sente bene il trombone", e allora facevo suonare più forte il trombone. "Ora non si sente l'orchestra: fai tirare fuori i testicoli a quest' orchestra!". Dopo un po' perdevo la pazienza e lo davo in pasto ai musicisti. Voleva sempre i muscoli. La scena dei due treni che si scontrano l'ha fatta rifare per un mese. Il rumorista, sull'orlo di una crisi di nervi, sovrappose sei sottofondi e venne fuori un suono orribile. "Perfetto" disse Sergio soddisfatto: "Ci voleva tanto?"».

 

L'invenzione del fischio fece epoca, vinse il Nastro d'argento e quell' anno fu campione d'incassi. Fu allora che Hollywood si accorse di lei?

MORRICONE 5

«Il fischio fu un regalo per Sergio. Quando lo sentì gli brillarono gli occhi. Solo che poi dovevo metterlo in tutti i film. Al terzo mi rifiutai: "Ebbasta fischià!". Ma dovetti inventarne un'altra: aahaaha uauauo aahaaha uauauo, il coyote, realizzato con due voci strozzate messe insieme. Felice come una Pasqua, voleva però anche il fischio. Sa una cosa? Quella è la peggior musica che ho scritto. Un anno dopo, "Per un pugno di dollari" era ancora nelle sale e con Sergio andammo a vederlo al Cinema Quirinale. Uscendo, ci guardammo e, nello stesso istante, esclamammo: "Che brutto film!"».

 

MORRICONE 3

Così vi dedicaste a qualcosa di più impegnato, come «C' era una volta in America».

«"C'era una volta in America" l'ho scritto a Los Angeles mentre aspettavo Zeffirelli, per il quale dovevo realizzare una colonna sonora che poi rifiutai di fare perché mi giocò un brutto scherzo. Con Franco tornai per l'"Amleto". Dopo di che non accettai più lavori da lui.

Non c'era intesa. Con Pasolini si creò invece un buon rapporto. Era un uomo discreto, gentile, delicato. Non ho mai colto un sorriso sul suo volto. S' illuminava solo se lo raggiungevano Ninetto Davoli e Sergio Citti. Quando lo uccisero, gli dedicai l'ultimo brano composto per "Salò o le 120 giornate di Sodoma". Lo titolai: "Addio a Pier Paolo Pasolini". Comunque ho quasi sempre lavorato con registi impegnati».

 

Qual è il migliore?

Zeffirelli

«Secondo i miei parametri Giuseppe Tornatore. Un altro grande è stato Elio Petri. Quando realizzai le musiche per "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto", non volle che andassi al mixaggio e mi mostrò il film già montato. Si spensero le luci, Elio era seduto alla mia sinistra. La musica era mia, ma di un altro lavoro. "Elio, sei matto, hai cambiato la musica". "Sì, non senti com'è bella". "Ma non c'entra nulla, è una stronzata!". "Non senti che cori magnifici, Ennio, è la sua". "Levala, ti prego levala". Così per mezz' ora. Alla fine capitolai: "Sai che ti dico? Vai a sbattere". A quel punto si rispensero le luci e ripartì il film con le musiche giuste. Era stato uno scherzo atroce».

giuseppe tornatore foto andrea arriga

 

I suoi genitori hanno fatto in tempo a godere dei suoi successi?

«Mio padre pensava che se lui era riuscito a mantenere la famiglia con la tromba avrei potuto farlo anch'io. Mia madre è morta dicendomi: "Mi raccomando, Ennio, scrivi delle belle canzoni orecchiabili"».

ELIO PETRI

Ultimi Dagoreport

bergoglio papa francesco salma

QUANDO È MORTO DAVVERO PAPA FRANCESCO? È SUCCESSO ALL’ALBA DI LUNEDÌ, COME DA VERSIONE UFFICIALE, O NEL POMERIGGIO DI DOMENICA? - NELLA FOTO DELLA SALMA, SI NOTA SUL VOLTO DEL PONTEFICE UNA MACCHIA SCURA CHE POTREBBE ESSERE UNA RACCOLTA DI SANGUE IPOSTATICA, COME ACCADE NELLE PERSONE MORTE GIÀ DA ALCUNE ORE - IN TALE IPOTESI, NON DOVREBBE MERAVIGLIARE IL RISERBO DELLA SANTA SEDE: I VERTICI DELLA CHIESA POTREBBERO AVER DECISO DI “POSTICIPARE” LA DATA DELLA MORTE DEL SANTO PADRE, PER EVITARE DI CONNOTARE LA PASQUA, CHE CELEBRA IL PASSAGGIO DA MORTE A VITA DI GESÙ, CON UN EVENTO LUTTUOSO - UN PICCOLO SLITTAMENTO TEMPORALE CHE NULLA TOGLIE ALLA FORZA DEL MAGISTERO DI FRANCESCO, TERMINATO COME LUI VOLEVA: RIABBRACCIANDO NEL GIORNO DELLA RESURREZIONE PASQUALE IL SUO GREGGE IN PIAZZA SAN PIETRO. A QUEL PUNTO, LA MISSIONE DEL “PASTORE VENUTO DALLA FINE DEL MONDO” ERA GIUNTA AL TERMINE...

jd vance papa francesco bergoglio

PAPA FRANCESCO NON VOLEVA INCONTRARE JD VANCE E HA MANDATO AVANTI PAROLIN – BERGOGLIO HA CAMBIATO IDEA SOLO DOPO L’INCONTRO DEL NUMERO DUE DI TRUMP CON IL SEGRETARIO DI STATO: VANCE SI È MOSTRATO RICETTIVO DI FRONTE AL LUNGO ELENCO DI DOSSIER SU CUI LA CHIESA È AGLI ANTIPODI DELL’AMMINISTRAZIONE AMERICANA, E HA PROMESSO DI COINVOLGERE IL TYCOON. A QUEL PUNTO IL PONTEFICE SI È CONVINTO E HA ACCONSENTITO AL BREVE FACCIA A FACCIA – SUI SOCIAL SI SPRECANO POST E MEME SULLA COINCIDENZA TRA LA VISITA E LA MORTE DEL PAPA: “È SOPRAVVISSUTO A UNA POLMONITE BILATERALE, MA NON È RIUSCITO A SOPRAVVIVERE AL FETORE DELL’AUTORITARISMO TEOCRATICO” – I MEME

jd vance roma giorgia meloni

DAGOREPORT – LA VISITA DEL SUPER CAFONE VANCE A ROMA HA VISTO UN SISTEMA DI SICUREZZA CHE IN CITTÀ NON VENIVA ATTUATO DAI TEMPI DEL RAPIMENTO MORO. MOLTO PIÙ STRINGENTE DI QUANTO È ACCADUTO PER LE VISITE DI BUSH, OBAMA O BIDEN. CON EPISODI AL LIMITE DELLA LEGGE (O OLTRE), COME QUELLO DEGLI ABITANTI DI VIA DELLE TRE MADONNE (ATTACCATA A VILLA TAVERNA, DOVE HA SOGGIORNATO IL BUZZURRO), DOVE VIVONO DA CALTAGIRONE AD ALFANO FINO AD ABETE, LETTERALMENTE “SEQUESTRATI” PER QUATTRO GIORNI – MA PERCHÉ TUTTO QUESTO? FORSE LA SORA “GEORGIA” VOLEVA FAR VEDERE AGLI AMICI AMERICANI QUANTO È TOSTA? AH, SAPERLO...

giovanbattista fazzolari giorgia meloni donald trump emmanuel macron pedro sanz merz tusk ursula von der leyen

SE LA DIPLOMAZIA DEGLI STATI UNITI, DALL’UCRAINA ALL’IRAN, TRUMP L’HA AFFIDATA NELLE MANI DI UN AMICO IMMOBILIARISTA, STEVE WITKOFF, DALL’ALTRA PARTE DELL’OCEANO, MELONI AVEVA GIÀ ANTICIPATO IL CALIGOLA DAZISTA CON LA NOMINA DI FAZZOLARI: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO (2018) CHE GESTISCE A PALAZZO CHIGI SUPERPOTERI MA SEMPRE LONTANO DALLA VANITÀ MEDIATICA. FINO A IERI: RINGALLUZZITO DAL FATTO CHE LA “GABBIANELLA” DI COLLE OPPIO SIA RITORNATA DA WASHINGTON SENZA GLI OCCHI NERI (COME ZELENSKY) E UN DITO AL CULO (COME NETANYAHU), L’EMINENZA NERA DELLA FIAMMA È ARRIVATO A PRENDERE IL POSTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, L’IMBELLE ANTONIO TAJANI: “IL VERTICE UE-USA POTREBBE TENERSI A ROMA, A MAGGIO, CHE DOVREBBE ESSERE ALLARGATO ANCHE AGLI ALTRI 27 LEADER DEGLI STATI UE’’ – PURTROPPO, UN VERTICE A ROMA CONVINCE DAVVERO POCO FRANCIA, GERMANIA, POLONIA E SPAGNA. PER DI PIÙ L’IDEA CHE SIA LA MELONI, OSSIA LA PIÙ TRUMPIANA DEI LEADER EUROPEI, A GESTIRE L’EVENTO NON LI PERSUADE AFFATTO…

patrizia scurti giorgia meloni giuseppe napoli emilio scalfarotto giovanbattista fazzolari

QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL CDA DI FINCANTIERI? EMILIO SCALFAROTTO! L’EX “GABBIANO” DI COLLE OPPIO VOLATO NEL 2018 A FIUMICINO COME ASSESSORE ALLA GIOVENTÙ, NON VI DIRÀ NULLA. MA DAL 2022 SCALFAROTTO HA FATTO IL BOTTO, DIVENTANDO CAPO SEGRETERIA DI FAZZOLARI. “È L’UNICO DI CUI SI FIDA” NELLA GESTIONE DI DOSSIER E NOMINE IL DOMINUS DI PALAZZO CHIGI CHE RISOLVE (“ME LA VEDO IO!”) PROBLEMI E INSIDIE DELLA DUCETTA - IL POTERE ALLA FIAMMA SI TIENE TUTTO IN FAMIGLIA: OLTRE A SCALFAROTTO, LAVORA PER FAZZO COME SEGRETARIA PARTICOLARE, LA NIPOTE DI PATRIZIA SCURTI, MENTRE IL MARITO DELLA POTENTISSIMA SEGRETARIA-OMBRA, GIUSEPPE NAPOLI, È UN AGENTE AISI CHE PRESIEDE ALLA SCORTA DELLA PREMIER…

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)