MESSI IN PIEGA - IL FANTA-SQUADRONE DEL BARCELLONA SI È DOVUTO ARRENDERE ALL’”ITALIAN JOB”: CATENACCIO E CONTROPIEDE - IL VECCHIO CHELSEA DI DROGBA E LAMPARD RIPASSATO IN PADELLA DAL GIOVANE ROBERTO DI MATTEO HA INGOLFATO IL CENTROCAMPO RALLENTANDO IL LETALE TIKI-TAKA DI GUARDIOLA E AL PRIMO ERRORE HA PURGATO IL NANO ARGENTINO, PORTANDO A CASA L’UNO A ZERO…

Emanuele Gamba per "la Repubblica"

Difesa, contropiede e uno sbaglio di Messi: il Barcellona si è arreso a tre cose cui non era preparato e a cui per natura e costituzione non lo sarà mai. Ha perso in casa del Chelsea, anche se il Chelsea ha giocato come fosse in trasferta, senza vergognarsene (neppure la gente l'ha fatto: persino a Stamford Bridge il fine giustifica i mezzi) perché non ci si può vergognare di vincere per uno a zero, e con un solo tiro in porta, una semifinale di Champions League contro la squadra più forte del mondo.

Gli spagnoli hanno assistito a tutto questo con un certo disgusto, hanno sempre chiamato Di Matteo "l'italiano" mettendoci un filo di disprezzo però sì, se difesa e contropiede sono la definizione illustrata di "calcio all'italiana" allora il Chelsea è stato italianissimo , e perfetto. Aggiungendo a questa partita di attese e imboscata una lucidità impressionante, un ritmo onorevole per una squadra così anzianotta che potrebbe iscriversi alla serie A, ma anche impegno limpido, pulito, senza furbizie né stratagemmi e neanche rudezze.

L'unico che ha cercato di dare un poco sui nervi a quelli del Barcellona è stato il portoghese Meireles (che verso la fine del primo tempo ha anche rifilato un colpettino alle parti basse di Messi), poi calmato dallo stesso Di Matteo. Drogba,è vero, nella ripresa stramazzava a terra appena poteva e Guardiola ha perso le staffe (oddio: ha accennato una protesta, autocensurata nel giro di cinque secondi) proprio su un rotolamento dell'ivoriano, ma a un trentaquattrenne lo si può concedere, e poi il Chelsea si è speso con umiltà, fair play e qualche lampo di classe, perché Lampard e Drogba avranno i loro anni, ma restano splendidi, tra i migliori del decennio.

Di Matteo ha battuto Guardiola nell'unico modo in cui è possibile farlo, se si ha l'onestà di ritenersi inferiori: fare mucchio ai venti metri, non aggredire il portatore di palla (fatica inutile, renderebbe esausti) ma ingolfare gli spazi con nove giocatori in difesa che, aggiunti agli otto con cui attacca solitamente il Barça, formano un assembramento così confuso che può annebbiare anche le idee più geniali. E appena si può fiondarsi in contropiede con le ali e il centravanti, sfruttando lanci profondissimi, il più delle volte irraggiungibili.

È bastato raggiungerne uno perché il Chelsea segnasse, dunque vincesse, e nel contrasto pieno di fervore con cui Lampard ha sradicato il pallone dai piedi di Messi catapultandolo a Ramires (il brasiliano ha quadrato il cerchio servendo rasoterra Drogba, perfetto per tempismo e precisione) c'è stato tutto il senso di questa semifinale in cui gli inglesi hanno messo una concentrazione feroce, mentre i catalani solo didascalie del loro calcio recitato a memoria, stavolta senza palpitazioni, senza creatività.

Messi, lui, non ha mai tirato in porta. Ha seminato qualche assist (bellissimo quello per Fabregas al 43', prima che Cole salvasse quasi sulla linea), guadagnato qualche punizione (una sola ne ha calciata, malino, contro la barriera) e macinato gioco sterile, come se fosse stanco, esaurito da una stagione in cui ha segnato fino alla nausea.

Il Barcellona gli ha girato attorno ma a vuoto, arrivando a un mostruoso 72 per cento di possesso palla che però va letto come una colpa e non un merito: se serve un'eternità per chiudere un'azione, c'è qualcosa che non funziona o che l'avversario ha manomesso. Anche la sfortuna ha giocato il suo ruolo, calcolando la traversa colpita da Sanchez al 9' (pallonetto su Cech) e il palo centrato da Pedro a venti secondi dalla fine, oltre a tre discrete parate del portiere dei Blues.

Ma il Chelsea ha meritato ogni tipo di aiuto, terreno e divino, con ogni sgroppata di Drogba, ogni respinta di Terry, ogni contrasto di Lampard, i suoi vecchi leoni. Il palo di Pedro stava risvegliando i fantasmi, perché è arrivato allo stesso minuto (il terzo oltre il novantesimo) e nella stessa porta in cui segnò Iniesta nel 2009: ma cose così succedono un volta in un secolo, non ogni tre anni.

 

Roberto Di MatteoRoberto Di MatteoMessi LionelDIDIER DROGBA DURANTE CHELSEA BARCELLONA SEMIFINALE DI CHAMPIONSMILAN BARCELLONA ABBIATI BLOCCA ALEXIS SANCHEZ jpegFrank Lampard Da LEspresso ENRIQUE MOURINHO E GUARDIOLA AL BARCELLONA

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