
CHE FA LORENZETTO DI NOTTE? LE PULCI AI GIORNALI - SOMMARIO DELLA “REPUBBLICA”, RIFERITO ALL’ALLIBRATORE TOMMASO DE GIACOMO CHE PARLA DEL CALCIATORE ALESSANDRO FLORENZI: “È MIRACOLATO. HA 10 MILA DI BOLLETTE APERTE ED È IN CORSA PER 270”. TUTTO CHIARO – “LA VERITÀ”: “’NUOVO’ IRPEF, PIÙ SOLDI A 12 MILIONI DI FAMIGLIE”. IL GENDER DILAGA (SUL QUOTIDIANO PIÙ NEMICO DEL GENDER). IRPEF È UN SOSTANTIVO FEMMINILE, NÉ POTREBBE ESSERE DIVERSAMENTE ESSENDO L’ACRONIMO DI IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE...
“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima. La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti” e pubblicato da “Italia Oggi”
(http://www.stefanolorenzetto.it/pulci.htm)
Con uno scoop di Enrica Riera, intitolato «Il lato oscuro del caso Becciu. La chat che inquieta il Vaticano», Domani svela lo scottante contenuto dei 119 messaggi intercorsi tra Francesca Chaouqui e Genoveffa Ciferri, detta Geneviève, nei quali viene pesantemente tirato in ballo Alessandro Diddi, il promotore di giustizia che ha chiesto e ottenuto la condanna del cardinale Angelo Becciu, dopo aver rifiutato (per «esigenze di segretezza») di mettere a disposizione dei difensori del porporato il contenuto integrale della chat.
Le due donne appaiono coalizzate per far uscire dal processo monsignor Alberto Perlasca, agendo con successo in tal senso sul promotore di giustizia del tribunale vaticano. Anche quando scoppia il polverone sulle chat «omissate» da Diddi, le due continuano a scriversi.
Nel messaggio più compromettente inviato a Ciferri, «Chaouqui ammette: “Dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili ove mai si decidesse di dissecretarle. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Per me vale ciò che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine».
Ma il colpo giornalistico di Enrica Riera è inficiato da un incipit apparentemente privo di senso: «“Senza Perlasca, Diddi e io ci attaccavamo e tiravamo forte”. Sono giorni difficili per il Vaticano. Proprio ora che papa Francesco è tornato a casa dal Gemelli, dove è stato ricoverato per giorni, documenti e chat inedite potrebbero portare qualche scompiglio Oltretevere».
Chi pronuncia la frase iniziale? E che cosa significa «ci attaccavamo e tiravamo forte»? La giornalista Riera non lo spiega, uniformandosi così, inconsapevolmente, all’opacità che fin dall’inizio ha avvolto il caso Becciu.
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«Nel 1988 Romano Prodi fu il primo capo di governo occidentale in visita ufficiale nella Repubblica islamica», afferma Maurizio Caprara in un commento sul Corriere della Sera. Piuttosto improbabile: nel 1988 Prodi non era il presidente del Consiglio, bensì dell’Iri, l’Istituto per la ricostruzione industriale.
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Sommario della Repubblica, riferito all’allibratore Tommaso De Giacomo che parla del calciatore Alessandro Florenzi: «È miracolato. Ha 10 mila di bollette aperte ed è in corsa per 270». Tutto chiaro.
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«Da Paese più povero del mondo, con un Pil pro capite che nel 1990 era di 98 dollari, il Vietnam ha trasformato la propria economia, facendola diventare una delle più dinamiche al mondo», afferma Maurizio Belpietro, direttore della Verità, nell’editoriale di prima pagina.
Per la verità, nel 1990 il Pil pro capite del Vietnam a parità di potere d’acquisto (Ppa) era di 1.209 dollari, quindi 12 volte più alto del Pil pro capite nominale di 98 dollari statunitensi, come si evince dalle statistiche della World Bank. Il purchasing power parity tiene infatti conto delle fluttuazioni di cambio tra il dong, la divisa vietnamita, e il dollaro statunitense.
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Il teologo padre Paolo Benanti e il filosofo Sebastiano Maffettone in un commento sul Corriere della Sera parlano di «gradualistica (piecemal)». E precisano: «Ora, uno di noi ha studiato ingegneria e l’altro è stato studente di Popper». Per un allievo di Karl Popper, epistemologo austriaco naturalizzato britannico, non c’è (piece) mal, considerato che si scrive piecemeal, cioè pezzo a pezzo, un po’ alla volta, fatto a spizzichi, frammentario.
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Nel tentativo di far ridere, esercizio che gli riesce di rado, Luca Bottura ci propina la seguente freddura nella sua rubrica Minimum pax, adeguatamente titolata «Bal Condicio» dalla Stampa: «La battuta di destra di oggi. Ieri Trump ha sostenuto che i professori di Harvard sono “woke, radicali di sinistra e idioti”. Manco i sinonimi, manco».
In realtà, se ricorri a tre qualificazioni, è per connotare meglio, quindi non usi i sinonimi. Piuttosto diremmo che Donald Trump replichi, in senso negativo, la «regola dei tre aggettivi», un’enfasi stilistica attribuita da Marcel Proust alla marchesa Zélia de Cambremer nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto. Essa consiste nell’utilizzo di tre aggettivi elogiativi consecutivi, separati da trattini, per esprimere un apprezzamento: per esempio, «unico – raro – reale» e «deliziata – felice – compiaciuta».
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Ricordando il collega Franco Abruzzo, morto all’età di 85 anni, Alfio Sciacca rievoca sul Corriere: «Nel 1962 il trasferimento a Milano. Si occupa di cronaca giudiziaria a “Il Giorno”, che in quegli anni era forse il giornale più innovativo nel panorama italiano, guidato da firme come Gaetano Afeltra o Guglielmo Zucconi».
A dire il vero, nel 1962 a dirigere Il Giorno c’era, già da due anni, Italo Pietra, che restò in carica per altri 10. Afeltra sarebbe arrivato solo nel 1972 e Zucconi nel 1980. Più avanti, Sciacca aggiunge: «Nel 1983 Franco Locatelli lo chiama al “Sole 24 Ore”». Ma il direttore del quotidiano confindustriale si chiamava Gianni Locatelli. Il meticoloso Abruzzo avrebbe meritato un epicedio meno spannometrico.
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La Stampa intervista Cliff Kupchan, esperto di Russia e presidente di Eurasia group. Solo che correda l’articolo con una foto di Charles A. Kupchan, professore associato della Georgetown University di Washington.
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Titolo dalla Verità: «Nuovo Irpef, più soldi a 12 milioni di famiglie». Il gender dilaga (sul quotidiano più nemico del gender). Irpef è un sostantivo femminile, né potrebbe essere diversamente essendo l’acronimo di imposta sul reddito delle persone fisiche.
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Incipit di un servizio della corrispondente da Berlino, Mara Gergolet, sul Corriere della Sera: «Da tempo in Germania la domanda è: ma perché non li abbattono? E la risposta è semplice: perché non ci riescono.
Sciami di droni, sempre più frequenti, sempre più ravvicinati, un fenomeno che non ha uguali in altri Paesi, come una piccola, insidiosa rasoiata nei cieli. Arrivano in genere la sera, al crepuscolo, oppure di notte. Erano 9 i sorvoli “di dubbia identità” nel 2021, quando la guerra in Ucraina era appena iniziata». Forse provenivano dal futuro, perché la guerra in Ucraina è cominciata il 24 febbraio 2022.