FERMI TUTTI! MATTIA FELTRI SPIEGA CHE IL DISCO DI BATTISTI HEGEL NON E’ SUL FILOSOFO MA SU HEGEL TUBINGA, UNA RAGAZZA (LA FOLGORANTE BATTUTA DI PANELLA: “È COLPA MIA, MA ERO CONVINTO CHE HEGEL FOSSE UN NOME DI DONNA”) – “UN INTERO DISCO GIUDICATO DAL TITOLO, E LO DICO PER LE MOLTITUDINI DI GIORNALISTI IN ESCURSIONE SUI SOCIAL A MALEDIRE LA MODERNITÀ TECNOLOGICA PER CUI CHIUNQUE È ABILITATO A RECENSIRE, STRONCARE, IRRIDERE I NOSTRI ARTICOLI DAL TITOLO, SENZA AVERLI LETTI" - VIDEO
Mattia Feltri per “La Stampa” - Estratti
Due mesi dopo l’ultimo anniversario, otto dopo il penultimo e dieci prima del prossimo – a settembre erano venticinque anni dalla morte di Lucio Battisti, a marzo erano ottanta dalla nascita, a settembre 2024 saranno trenta dall’uscita di Hegel, disco di commiato sebbene non nelle intenzioni – mi sono avventurato su Wikipedia per verificare una data.
Come tutti noi, infatti, canticchio sotto la doccia e l’altro giorno canticchiavo «… son fatti che attengono alla storia. / Chi fosse la provincia e chi l’impero / non è il punto, / il punto era l’incendio…». Questa è proprio Hegel, canzone da cui l’album prende il titolo, e ricordavo bene la data d’uscita: 29 settembre.
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Guardo Wikipedia e leggo la seguente frase: «Questo disco, intitolato al filosofo Wilhelm Friedrich Hegel, annovera nei testi di Panella un notevole numero di richiami filosofici all’estetica e alla vita del filosofo dell’idealismo tedesco (…) vi è infatti una canzone intitolata all’evocativa città tedesca di Tubinga, dove Hegel soggiornò e fu studente in gioventù».
In effetti, in quel 29 settembre del 1994, una grande risata collettiva seppellì il disco di Battisti e Panella. Adesso questi due si danno alla filosofia, scrissero i giornali, si danno all’idealismo tedesco, si danno cioè delle arie, gli pare svilente mettere giù una canzonetta orecchiabile dove cuore fa rima con amore. Ma questa robaccia chi la ascolta? Non avvertono il patetico nel mescolare il pop e la fenomenologia dello spirito?
Panella fu folgorante. «Chiedo scusa, è colpa mia, ma ero convinto che Hegel fosse un nome di donna». Una delicatissima presa per i fondelli, e molto oltre l’indizio. Hegel, la canzone, quella che canticchiavo sotto la doccia, comincia così: «Ricordo il suo bel nome / Hegel Tubinga / e io avrei masticato / la sua tuta da ginnastica. / Il nome se lo prese in prestito dai libri / e fu come copiare di nascosto, / fu come soffiare sul fuoco».
Davvero sta parlando di Wilhelm Friederich? E da che cosa si evince? Dieci secondi di canzone ed è tutto chiaro: Hegel è un nome di donna. E io il testo non posso mettervelo qui per intero, ma la donna il nome se l’è preso in prestito dai libri, ed è come soffiare sul fuoco che già arde in chi guarda, e ora scrive per Battisti. «Era la collisione / il primo scontro epico / perché non scritto ma cavalcato a pelo, / ed ognuno esigeva / la terra dell’altro / le mani, la terra, la carne, il terreno” (ho sempre amato quel verso, “non scritto ma cavalcato a pelo»: c’è un modo più tambureggiante e commovente di descrivere l’esordio, il passaggio dall’amore scritto all’amore praticato, anche se non fa rima con cuore?).
Tutto chiarito? Eh no. La folgorante battuta di Panella rimase lì, appesa al vento. E, siccome il medesimo Panella ha un’indole beffarda e tirannica, il disco non contiene i testi – quelli proposti da me scaturiscono dalla memoria, e la punteggiatura potrebbe essere sbagliata. Se i testi ci fossero stati, forse qualcuno sarebbe andato a leggerseli per sincerarsi se davvero parlassero del filosofo che vede la Storia nel Napoleone trionfante a Jena («e lei nel suo bel nome era una iena…», canta Battisti, ma qui sarà iena o Jena? Dolce mistero). Macché, toccava risentire il disco. E risentirlo e risentirlo e, chissà, rischiare addirittura di riconoscere il capolavoro.
Ho provato a controllare che dicesse la Treccani. Di Wikipedia dubitiamo tutti – ingrati divoratori di Wikipedia. Ma la Treccani è la Cassazione, è il Tribunale celeste. Ed ecco a voi: «Album che annovera in alcuni testi richiami alla vita e al pensiero del filosofo». Ora il cronista pienamente digitalizzato dovrebbe forse indagare, vista la quasi perfetta sovrapponibilità di Wikipedia con la Treccani, su chi abbia copiato da chi.
Ma lo straordinario è che quasi trent’anni dopo anche per la Treccani quello rimane un disco su Hegel, il filosofo, e non su Hegel Tubinga, il nome di ragazza preso in prestito dai libri. E se vi fate un giro su Google, troverete centinaia di siti nei quali si ragguaglia sull’album che annovera richiami alla vita e al pensiero e avanti così. Un intero disco giudicato dal titolo, recensito per il titolo, stroncato a causa del titolo, irriso in ragione del titolo, e lo dico per le moltitudini di giornalisti in escursione sui social a maledire la modernità tecnologica per cui chiunque è dotato di tastiera e chiunque è abilitato a recensire, stroncare, irridere i nostri articoli dal titolo, senza averli letti. Eccolo l’apologo su di noi, e sulla cecità scambiata per innocenza.
Un’ultima annotazione. Sulla copertina del disco compare una grande «E». Non una grande «H». Altro indizio. E stamattina – mentre sotto la doccia canticchierò «… certo imbruniva / ma imbruniva fuori, / all’interno i colori erano luci spente / umiliate dalla tua bocca ponente…» –, visto il mio titolo, qualcuno starà già arrivando a passo di carica: Egel si scrive con la acca!