IL FETICISMO PER LA TECNOLOGIA HA UCCISO L’ANTIQUARIATO: LE ASTE VANNO DESERTE E I PREZZI SONO CROLLATI - IL MERCATO ALTO BORGHESE PREFERISCE SPENDERE MILLE EURO PER UN IPHONE (INVECE L’ANTIQUARIATO PER MILIONARI NON CONOSCE CRISI)
Wladimir Calvisi per “il Corriere della Sera”
Il battitore guarda freneticamente verso la sala. Ma nessuno risponde. Eppure il Rolex in acciaio degli Anni 50, cinturino in pelle e condizioni perfette, avrebbe dovuto attirare più di un’offerta. La casa d’aste (del Nord Italia) aveva previsto un incasso vicino ai 1.200 euro. La base era 700. Un prezzo allettante. Ma insufficiente per convincere il pubblico. Il lotto viene ritirato. E non è l’unico.
Succedeva solo poche settimane fa. Scena simile a molte altre. Lingue diverse, latitudini diverse, pezzi diversi. E una costante: l’antiquariato non convince più come una volta. Dall’Italia alla gran Bretagna, dagli Stati Uniti alla Francia. Si vende meno e si compra meglio, segno che qualcosa è cambiato. Almeno in alcune fasce.
«Perché bisogna fare subito una distinzione — sottolinea Marisa Addomine, direttore di dipartimento della casa d’aste Wannenes —. L’antiquariato di alto livello non conosce crisi, anzi è molto ricercato e attira investitori, dalla Russia all’Oriente agli Stati Uniti (che restano al vertice mondiale con il 38% del mercato globale, ndr ) sempre più disposti a investire anche grandi cifre». E allora che cosa è cambiato? «Tutto l’antiquariato alto borghese ha subito una flessione. Negli ultimi anni la domanda è calata e inevitabilmente anche i prezzi. Un fenomeno che si lega alla cultura e ai cambiamenti della società».
Sempre meno pezzi del ’700 o dell’800, sempre meno persone disposte a spendere grandi somme. «Ma non è una questione di crisi — spiega Addomine —. Innanzitutto è cambiato il rapporto con la casa. Non ci sono più le grandi sale di rappresentanza, le cene con argenti e candelabri, i saloni maestosi che rappresentavano uno status. Adesso gli spazi si sono ridotti, le persone si incontrano in modo più informale e ognuno di noi veicola la propria immagine più all’esterno di casa che all’interno».
Insomma, c’è chi è più disposto a spendere tanto per un’auto di lusso che per una credenza francese del XVIII secolo. Senza considerare che i pezzi importanti richiedono una grande attenzione e manutenzione, «cosa che mal si concilia con i ritmi di oggi e le esigenze delle famiglie attuali». Magari con i figli che scorrazzano per le stanze.
Così, se il mercato nel suo insieme registra comunque delle buone cifre d’affari (secondo il rapporto di Tefaf Maastricht, uno dei riferimenti mondiali per il mercato dell’arte e dell’antiquariato, il 2013 è stato un anno record: 47,4 miliardi di euro di vendite, vicine al primato assoluto del 2007) sono completamente cambiate sia le richieste che i prodotti offerti. Lo scorso settembre alla casa d’aste britannica Duke un tavolino di quercia del 18esimo secolo è stato battuto all’asta per 165 euro. Il valore stimato era di almeno 260.
«Quindici anni fa i mobili di antiquariato rappresentavano la metà delle nostre vendite — ha detto al New York Times Guy Schwinge, partner della casa d’aste britannica Duke —. Oggi siamo sotto il venti per cento». Ma è solo una questione di gusti? «No, è molto cambiato anche il profilo dei compratori» dice Ilaria Dazzi, responsabile marketing del Mercanteinfiera in corso in questi giorni a Parma. «Oggi chi compra è molto più preparato, conosce il valore delle cose e che tipo di mercato possono avere. E questo incide sui prezzi di vendita. Poi i più giovani prediligono altri stili, più vicini alla loro infanzia, dagli Anni 50 in avanti».
È questione anche di prezzi. Perché fino a qualche anno fa il mercato dell’antiquariato ha vissuto una sorta di bolla di ipervalutazione, quotazioni molto alte e in molti casi ingiustificate. Valori che oggi hanno mantenuto (anzi, in qualche caso sono aumentati) soltanto pezzi di altissimo livello o di grandi nomi rivolti però a investitori di altro genere. Mercato in crisi allora? «Difficile dare una risposta — chiude Addomine —. Di sicuro è cambiato. E poi è un settore in cui ogni momento, ogni asta, ogni vendita, ha una storia a sé». Il Rolex in acciaio è stato riproposto dalla stessa casa d’aste dopo sei mesi. Prezzo base dimezzato: 350 euro. È stato venduto a 3.000.