GANDOLFINI STAMATTINA È TORNATO A CASA GRAZIE A BILL E HILLARY CLINTON. GIOVEDÌ I FUNERALI A NY – LA GRANDE BRUTTEZZA IN DIRETTA DALL'OBITORIO ROMANO

1. GRAZIE AI CLINTON PARTITA LA SALMA DI GANDOLFINI
Da "la Repubblica" - Grazie all'interessamento di Bill e Hillary Clinton, che hanno velocizzato le pratiche di rimpatrio, la salma di James Gandolfini rientrerà oggi in America. L'attore americano famoso per la serie tv "I Soprano" è morto mercoledì scorso a Roma a 51 anni per un arresto cardiocircolatorio mentre si trovava in una stanza dell'hotel che lo ospitava. Sul volo privato decollato intorno alle 18 di ieri c'erano alcuni familiari dell'attore. Il portavoce della famiglia Gandolfini, Michael Kobold, ha letto un comunicato per ringraziare l'ex presidente e l'ex Segretario di Stato, «altrimenti le pratiche di rimpatrio del corpo avrebbero potuto anche durare fino a 10 giorni».

2. LA GRANDE BRUTTEZZA
Stefano Ciavatta per
http://www.europaquotidiano.it/2013/06/24/la-grande-bruttezza/

«No, te richiamo dopo, non puoi capire, è un casino, qua è venuta tutta l'America» strilla al telefono un camice bianco con le spalle larghe e gli occhiali dalla montatura rossa mentre passeggia nervoso e sudato nel cortile dell'obitorio comunale, in fondo invece al corridoio dell'accettazione un rappresentante dell'agenzia funebre prova a spiegare al vigilante chi sia Tony Soprano, «Gandolfini, si chiamava James John Gandolfini, sta scritto qua sopra - dice sventolando noncurante il certificato di morte - io non l'ho mai visto ma mio figlio sì, era una specie de Padrino, grosso, ciccione, era il capo dei Soprano, qui però risulta che era pensionato...».

Oltre il corridoio degli uffici non si può andare, da qualche parte nell'obitorio, «sotto terra o ai piani alti vallo a sapere...», una cella frigorifero inghiotte il corpo massiccio di Gandolfini. Non c'è traccia dei guanti garbati e discreti di "Six Feet Under", altro capolavoro HBO, «e come vuoi che sia, è come nei film..." risponde l'impresario funebre: tavolacci, portantine di lamiera, mattonelle bianche, luci al neon e la rigida comunione con tanti altri corpi di comuni mortali che transitano di qui: «Di sicuro adesso il boss sta tranquillo, disteso...».

Sull'esile foglio di carta tenuto tra le dita per i bordi si legge la prossima destinazione di Gandolfini, il Mayrest Cemetery di Mahwah, Bergen County, New Jersey. Tmz che per primo ha dato la notizia della morte qui sul piazzale del Verano non arriva, fuori del cancello fanno muro l'impietoso caldo da zenit che non lascia neanche un rifugio per meditare, i fotografi stanchi e arresi dall'attesa per qualcosa che non si può vedere e di parenti che non arrivano.

Indifferente a tutto, oltre il magro marciapiede dell'ingresso, c'è il via vai incessante del traffico romano sul piazzale del Verano: qui convergono viale Regina Elena e la Tiburtina, le mura sono quelle dell'università la Sapienza, poco distante c'è la casa dello studente di via de Lollis, il Policlinico e l'Istituto Superiore della Sanità sono alle spalle, il capolinea degli autobus di fronte, tutto intorno nel raggio di poche centinaia di metri sta l'esercito dei marmisti.

«Today, we cut to black» ha scritto la HBO su Twitter, silenzio e buio in onore di James Gandolfini, che dall'altra parte dell'oceano si trova inaspettatamente a cento passi dal "monumentale cimitero del Verano", una città nella città, la più antica dimora funebre della Roma moderna, voluta da Napoleone. Un cimitero che non ha nulla di severo, non incute timore, anzi è quasi sornione.

«La morte a Roma ha sempre un aspetto familiare, da parente [...] il che toglie alla morte l'angoscia, l'ansia nevrotica» raccontava Fellini a proposito delle scene tagliate sul Verano e che non entrarono mai nel film "Roma" (un luogo ignorato anche dalla "Grande Bellezza" di Sorrentino).

Il Verano non ha l'aspetto di solenne pulizia dei piccoli cimiteri americani del New Jersey e soffre invece di una manutenzione irregolare. Anche per questo l'irrequieto Gandolfini che per sei lunghe stagioni dei Soprano sfiata come una balena cercando di mettere ordine agli istinti del sangue e del business, le sue due comunità di appartenenza, nel Verano ci avrebbe ciabattato dentro, come suggeriva lo stesso Fellini: «Anche nel camposanto Roma mantiene il suo aspetto di grande appartamento nel quale puoi passeggiare in pigiama».

Eppure anche nella monumentale città di Roma, fatta di strati di storia ma sempre carica di suggestioni primordiali, può succedere che improvvisamente tutto cambi insieme. Le dimissioni del Papa, il rinnovo contemporaneo del Campidoglio, del Governo e del Quirinale, la successione del capo della Polizia, la morte di Giulio Andreotti, il simbolo del potere della Repubblica italiana, quella di Renato Nicolini, il re dell'Effimero ai tempi del terrorismo, la scomparsa della Roma godona e nottambula di Franco Califano e Riccardo Schicchi, quella popolare dei musical del Sistina con Armando Trovajoli, e quella che guardava a Graceland con Little Tony. La capitale è diventata una fontana rotta che fa acqua da tutte le parti e siamo solo a giugno.

Il caso ha voluto che anche Tony Soprano, l'ultimo strenuo difensore della Famiglia (tra ribaditi cliché e insolite nevrosi), si sia arenato qui, portando via con sé i mondi italo-americani di Goodfellas (a cui parteciparono metà degli attori dei Soprano), Toro Scatenato e Casinò, di Rocky e del Padrino di Puzo (scrittore purtroppo dimenticato). Ma soprattutto, questa coincidenza non fa altro che ricordare, in una Roma di vuoti di potere e di grandi cambiamenti, la tragica vittoria di Pirro del boss del New Jersey nella stagione finale dei Soprano (in onda su Rai4).

La battaglia per la sopravvivenza contro la fazione newyorchese è vinta ma a caro prezzo, perché l'epopea dei Soprano è finita, la grande sfida di reggere insieme la famiglia del business e quella degli affetti è terminata: lo zio Junior, ex grande capo di guerre e consigli, ora rinchiuso in una clinica, non riconosce più Tony Soprano il quale resta letteralmente senza passato. I suoi luogotenenti più fedeli muoiono tutti, l'unico della famiglia degli affari che gli rimane accanto è Paulie, un uomo che volutamente non ha messo su famiglia e che scopre addirittura di essere stato ingannato da sua madre, fondamentalmente un estraneo a tutti gli sforzi di Tony Soprano.

Secondo il New York Post l'ultima cena di James Gandolfini deceduto per infarto è stata una grande abbuffata: quattro shot di rum, due Pina Colada e due birre, accompagnati da una doppia porzione di frittura di pesce con abbondante maionese e un grande piatto di foie gras. C'è un precedente romano simile, il "Conte Tacchia" (1982) di Bruno Corbucci dove Paolo Panelli e Vittorio Gassman muoiono di indigestione per aver strafogato cibo fin dalla mattina tra calzoni, supplì, filetti di baccalà, cannoli alla crema e fiumi di Passito di Palestrina.

Anche in questa vecchia commedia c'era un uomo diviso tra due famiglie, quella del falegname da cui è stato adottato e quella del nobile da cui discende. L'eredità non gli cambia però la vita e Checco Puricelli (Montesano) si arruola per la campagna di Libia. Tornerà a Roma spiantato per poi decidere di partire per l'America in cerca di fortuna, come i genitori di Gandolfini, Santa, originaria di Napoli, e James Joseph Sr. nativo di Borgo val di Taro in provincia di Parma.

Questa mattina il 51enne pensionato James John Gandolfini è atterrato nel suo New Jersey dove il governatore Chris Christie ha deciso di accoglierlo con le bandiere a mezz'asta in tutti gli edifici statali.

Gandolfini sarà ospitato dalla Spearing Robert Funeral Home di Park Ridge fino a giovedì, giorno in cui è previsto il funerale nella cattedrale di Saint John Divine a Manhattan, poi ultima tappa l'assolato e ordinato cimitero di Mahwah dove è sepolta la madre, 7mila chilometri di distanza dal Verano.

 

 

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