GARRONE, THE SPECIAL ONE - CONSOLA IN QUALCHE MODO SAPERE CHE L’ITALIA VINCE A CANNES QUANDO RIPESCA LE PROPRIE RADICI, LA TRADIZIONE DELLA COMMEDIA ALL’ITALIANA, E NON SI TRAVESTE DA QUEL CHE NON È - MATTEO HA SUPERATO L’INCUBO DI ESSERE INFERIORE A SE STESSO - “DOVEVA ESSERE UNA COMMEDIA MA MI SONO RESO CONTO CHE ASSUMEVA TONI DRAMMATICI. NON ERA NOSTRA INTENZIONE FARE UN FILM DI DENUNCIA” - ACQUISTATI I DIRITTI PER GLI STATI UNITI…

Egle Santolini per "La Stampa"

«Non mi sento di dire che è rappresentativo del paese, è un film su un uomo comune, perché desidera quello che tanti desiderano» «Dopo "Gomorra" cercavo un soggetto che fosse all'altezza come potenza , poi ho preferito una piccola storia metaforica» «È un omaggio ai grandi maestri della commedia, ma anche al Fellini dello "Sceicco Bianco" e al romanzo "Pinocchio" di Collodi»

Aniello Arena, il suo magnifico attore ergastolano, Matteo Garrone l'ha sentito appena ha saputo, ieri che per caso non era in carcere ma in licenza: «E' stato felicissimo, l'avevo avvertito anche quando mi hanno chiamato qui all'improvviso e neppure si capiva che premio avrei preso».

E alla fine è stato il Grand Prix, come nel 2008 per Gomorra: per l'unico film italiano in concorso un esito pieno, convincente, dopo quelle che, in questi giorni, erano sembrate delle incomprensioni da parte della stampa straniera, che lo accusavano sostanzialmente di non troppa durezza con la grande illusione della televisione. Garrone ribadisce che «è festa per tutti quelli che hanno fatto il film. Il cinema è un'arte collettiva, condivido il premio con tutto il cast, i tecnici, i produttori. Tutti coloro che hanno partecipato con me al film, è una squadra, una bella squadra».

Il film si apre adesso a un successo internazionale, sono già stati acquistati i diritti per la distribuzione negli Stati Uniti, a cura della Oscilloscope, la compagnia fondata dal defunto leader dei Beastie Boys Adam Young. «Certo questo riconoscimento aiuterà a farlo conoscere a un pubblico più grande. Ma è già stato un onore arrivare qui, mi sarei accontentato di qualsiasi cosa».

Nanni Moretti, intanto, fa sapere che «alcuni giurati» sono stati colpiti, in Reality, «soprattutto dalla commistione fra humor e dramma», e dal «rinnovamento che ha infuso nella tradizione della commedia all'italiana». Premio non all'unanimità: ma questa, ha rivelato Nanni, è stata la caratteristica di tutto il loro lavoro di giurati. Sarebbe bello sapere chi sono stati, quegli alcuni.

E così il ragazzo che cominciò proprio con la Sacher di Moretti, figlio di Nico grande critico teatrale, autore di film sofisticati, spiazzanti, girati meravigliosamente, da una lontana "Estate romana" alle storie dark dell'Imbalsamatore e di Primo amore, fino all'affresco sanguinario da Saviano, ha superato quello che, alla presentazione di Reality, aveva definito come «un'ansia da prestazione dopo il successo di Gomorra. Volevo ritrovare la leggerezza e il piacere di fare cinema, fare una cosa che mi divertisse».

Le critiche di eccessiva morbidezza non l'avevano preoccupato: «Nel film ciascuno vede quel che vuole, non era nostro intento fare un film di denuncia contro un certo tipo di tivù. E' una storia che abbiamo preso da un fatto di cronaca realmente accaduto a Napoli qualche anno fa».

La cronaca, proprio come nei suoi primi film. E poi la mossa geniale di intingerla nella favola, quella carrozza di Cenerentola della vertiginosa sequenza iniziale, che entra in un parco fantastico per la festa di nozze da cui tutto avrà inizio. «Doveva essere una commedia, ma mano a mano mi sono reso conto che assumeva toni drammatici». E poi un attimo di smarrimento: «Non me la sento più di dire come vedo Reality, qualsiasi spiegazione ne banalizzerebbe il contenuto».

Nel totofestival Reality non era ai primissimi posti, ma il tam tam ha cominciato a battere alcuni giorni fa: Garrone è tornato, c'è in ballo qualcosa. Molte speranze su un premio ad Aniello Arena, maschera incredibile del teatro e ora del cinema italiano, una specie di incrocio fra Sylvester Stallone e Totò, con la carica emotiva, in più, della sua vicenda umana: rinchiuso nel carcere di Volterra da vent'anni, rimesso al mondo dal suo lavoro con la Compagnia della Fortezza.

Il Grand Prix riconosce invece in modo più forte il risultato artistico complessivo: è un film corale, dalla sceneggiatura complessa (basti pensare al plot accessorio della truffa del robottino, un piccolo capolavoro in sé), girato con una tecnica che pochi riescono a padroneggiare. E' il riconoscimento della magìa del teatro napoletano; anche, di una personale eredità familiare di Garrone. Consola in qualche modo sapere che l'Italia vince a Cannes quando ripesca le proprie radici e non si traveste da quel che non è. E Matteo ha superato l'incubo di essere inferiore a se stesso.

 

garrone GARRONE A CANNESGARRONE A CANNESGARRONE A CANNESGARRONE E MOGLIE A CANNESMatteo Garrone con la moglie Aniello Arena realitypresidente della giuria Nanni Moretti

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