LA VENEZIA DEI GIUSTI - GIÀ BATTEZZATO CAPOLAVORO, ''MARTIN EDEN'' DI PIETRO MARCELLO CON LUCA MARINELLI PARTE MOLTO BENE E FINISCE IN MODO DELIRANTE. CREDIAMO A TUTTO FINCHÉ NON ARRIVA LA LEZIONCINA POLITICA ANTICAPITALISTA CON UNA SERIE DI ALLEGORIE CHE STRIZZANO L’OCCHIO AI GIORNI D’OGGI, CON UN GIORDANO BRUNO GUERRI FASCISTA ACCOMPAGNATO DA UN SIMIL SALVINI CON FELPA “NAPOLI”…
Marco Giusti per Dagospia
Martin Eden di Pietro Marcello
Già battezzato da qualche voce eccellente come capolavoro e molto atteso da tutti i critici, questo Martin Eden diretto e scritto da Pietro Marcello, ambientato nella Napoli di un imprecisato 900, tratto ovviamente dal testo quasi autobiografico di Jack London, secondo film italiano in concorso, con una pur solida e personale tenuta visiva e una bella scrittura poetica, ha qualche problema di costruzione narrativa che lo azzoppa un po’ nella seconda parte della storia.
L’ambizione di Marcello e del suo co-sceneggiatore Maurizio Braucci, ci pare fosse quella di mantenere il racconto il più vicino possibile al testo di Jack London, rispettando personaggi e situazioni di un’America di inizio secolo.
Ma, spostando azione, personaggi e umori letterari e politici, appunto, in una Napoli imprecisata, non sempre si riesce a far combaciare bene quello che voleva London e quello che vuole Marcello, finendo così per addensare idee e situazioni in un racconto che non riesce sempre a sorreggere tutto e la storia stessa perde di credibilità.
Diciamo così che da quando il giovane Martin Eden di Luca Marinelli, marinaio autodidatta che vuol diventare scrittore e si fidanza con la bella e ricca Elena di Jessica Cressy, incontra il poeta mecenate Russ Brissendan di Carlo Cecchi, e parte un delirio di lezioncina politica anticapitalista con una serie di allegorie che strizzano l’occhio ai giorni d’oggi, con un Giordano Bruno Guerri fascista accompagnato da un simil Salvini con felpa “Napoli”, un Maurizio Donadoni nel ruolo dell’editore milanese che deve portare un ricco e ormai perduto Martin Eden biondo e oblomoviano in America, si perde di vista quel che c’era di buono e di molto buono nella prima parte del racconto.
Magari è questo il racconto politico allegorico fofiano che ci voleva fare Pietro Marcello, un racconto ambiziosissimo che ci parla del ruolo dell’intellettuale rispetto a capitalismo/socialismo/individualismo, racconto che già faceva lo stesso Jack London, peraltro, ma un po’ per la recitazione sopra le righe un po’ di tutti, dal protagonista Luca Marinelli al pur adorato Carlo Cecchi, un po’ per la messa in scena un filo imbarazzante di certe scene, finiamo per non crederci più. E tutto ci appare un po’ goffo e fuori dai binari, soprattutto narrativi.
Eppure la prima parte del film, ripeto, ha delle soluzioni visive e narrative molto belle, e l’idea del Martin Eden marinaio napoletano in gran parte funziona, Marinelli ha pure il fisico e la faccia adatta. Crediamo alla storia d’amore e alla sua passione per la letteratura e per Herbert Spencer. Ma un po’ di controllo del suo materiale e delle sue ambizione allegorico-politico e un finale meno delirante ne avrebbero fatto sicuramente un gran bel film.