OCCHIO BELLOCCHIO, DENTE PER DENTE - GLI INTOCCABILI “RADICAL CHOC”, DA VECCHIONI A BELLOCCHIO, CIANCIANO DI LIBERTÀ E DEMOCRAZIA MA SE NE METTI A NUDO LE MAGAGNE S’INCAZZANO COME LE IENE E NON RISPONDONO ALLE DOMANDE - ALLA CASA DEL CINEMA A ROMA, IL REGISTA “CON I PUGNI IN TASCA” CON LA SMORFIA DI DISGUSTO, METTE ALL’INDICE DAGOSPIA CHE HA RACCONTATO DEL SUO FILM PRESO A SCHIAFFI DAI GIURATI E AL BOX OFFICE - PROSSIMO FILM: “LE PUGNETTE IN TASCA”…
Francesco Persili per Dagospia
Eccone un altro. Dopo il gran rifiuto di Roberto Vecchioni, anche il regista Marco Bellocchio, un'altra anima bella dei sinistrati, si rifiuta di parlare con Dagospia: «Non ho fiducia in voi...» Pugni in tasca, scomunica in bella vista. Ormai si può parlare di una (de) generazione di Intoccabili "radical choc" che in pubblico discettano di libertà e democrazia, e poi, in privato si abbandonano a vizi e vezzi da "maestri unici" del Verbo scansando testate (e domande) scomode.
E pensare che durante il dialogo con Marco Travaglio intorno al tema «Follia e Potere» andato in scena alla Casa del Cinema di Villa Borghese, Bellocchio aveva concionato a lungo sulle contraddizioni della politica. Davvero curioso, il regista engagè, tutto impegno civile, rigore morale, coerenza di principi e laicità (che è prima di tutto un metodo: di confronto, apertura, ricerca e dubbio), non accetta di mettere in discussione le proprie idee.
Altro che Discutiamo, discutiamo, episodio finale del sessantottardo Amore e rabbia, nel compagno Bellocchio sembra prevalere il dogmatismo della sua militanza maoista. Da Servire il popolo a "servire il due di picche" a Dagospia, con tanti saluti al rottamatore cinematografico delle consuetudini borghesi pre-Sessantotto.
Il regista che fu rivoluzionario aveva già mostrato in merito alle polemiche sul film "La bella addormentata" non premiato al festival del cinema di Venezia una certa vocazione all'autoreferenzialità dichiarando come non possano essere gli americani e gli inglesi a dirci cosa possiamo raccontare con il nostro cinema. Loro no, il pubblico che ha disertato in massa le sale, potrebbe aiutare, invece, aiutare a capire un po' di più.
L'atteggiamento di chi indurisce la mascella e bofonchia di non accettare lezioni di cinema assomiglia troppo agli alti lai della gauche novecentesca portata a giustificare le proprie sconfitte con l'invocazione auto-consolatoria dei complotti etero-diretti e la presunzione di essere comunque seduti - che Brecht li perdoni - dalla parte della ragione, e non certo del torto, ché lì si sta scomodi, e soprattutto, non ci sono politici e giornali amici a farti il coro.
Con il nasino arricciato e la smorfia di disgusto, Bellocchio mette all'indice Dagospia che ha raccontato del suo film preso a schiaffi dai giurati e al box office ma, del resto, è sempre cosa buona e giusta coltivare la pratica del dubbio.
Così lo ascolti accusare ex cathedra la classe politica «di non avere alcun progetto se non quello di conservare se stessa» e, qualche minuto dopo, opporre un niet a chi vuole sapere, ad esempio, se il discorso sui potenti che non mollano il potere valga anche per il cinema italiano con registi che fanno valere il nome e la rendita di posizione (maturata magari con film di mezzo secolo fa) per accedere ai finanziamenti a detrimento di giovani emergenti che magari hanno linguaggi nuovi e storie di qualità .
E pensare che c'era il pensiero (critico), l'apocalittico Bellocchio chiude l'incontro dicendo di «temere che si possa prefigurare una catastrofe, come è avvenuto nell'agonia di certe tirannidi» ma, intanto, la vera catastrofe culturale è registrare, ancora una volta, come un venerato maestro dell'intellighenzia sinistrata si elevi a re-censore delle testate che meritano fiducia abbandonandosi agli schematismi vetero-maoisti di chi si sente arbitro in terra del bene e del male.
Non corre questo rischio, invece, Travaglio che da giornalista tiene il potere a distanza di sicurezza e continua a raccontare «solo ciò che vede». E, dunque, Renzi è diventato l'antiMarchionne? «Non ci sono parole. Marchionne ha tanti difetti ma non si è mai nascosto e non ha mai nascosto le sue idee. E' stupefacente come sia Renzi che Bersani, dopo averlo idolatrato, se ne siano accorti solo ora. Forse lo avevano scambiato per un altro. E Renzi ha 37 anni, figuriamoci quando avrà la stessa età di Bersani...»
Marcolino (sempre in piedi) non risparmia la scuola degli "insaputisti" che fanno le cose senza accorgersene e definisce «terrificante» l'innamoramento nei confronti dei tecnici. L'alternativa è Grillo? «Non sarebbe nemmeno il peggiore ma è l'unico che siamo sicuri di non avere. Beppe Grillo non si candida, nuota».
Un nuoto di protesta. O di rivoluzione?
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