AND THE WINNER IS…KEVIN SPACEY! – LA SESTA STAGIONE DI “HOUSE OF CARDS” FA GIÀ FLOP – ALDO GRASSO: “SENZA SPACEY L’INTERO IMPIANTO RISCHIA DI VACILLARE E LA SUA ASSENZA È IN REALTÀ L’UNICO MODO PER FARCI CREDERE CHE NON SIA CAMBIATO NULLA” – "SENZA SPACEY, OLTRE A PERDERE DI FORZA E SIGNIFICATO, LA SERIE GIÀ ORA PERDE SOLDI. PER LIBERARSI DELLA SUA ORMAI INGOMBRANTE PRESENZA, NETFLIX HA DOVUTO SGANCIARE BEN 39 MILIONI DI DOLLARI''
1 – «HOUSE OF CARDS», I TRUCCHI PER TENERE ANCORA IN VITA KEVIN SPACEY
Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
«Detesto "Signora". Suona come se gestissi un bordello e non una nazione», risponde Claire Underwood al giovane soldato impacciato e incerto su come rivolgersi al presidente. E, subito dopo, di fronte a un' altra recluta che dubita del suo piano strategico militare, si rivolge così: «Me lo avrebbe chiesto se fossi stata un uomo?».
La sesta e ultima stagione di House of Cards (Sky Atlantic) si apre nel segno di una donna alla guida degli Stati Uniti e tradisce una doppia impronta: la rivendicazione orgogliosa del primo presidente americano di sesso femminile, e quell' inestirpabile senso di subalternità di genere che spesso popola i luoghi del potere.
kevin spacey e robin wright in house of cards
L' ultimo atto del political drama più riuscito e apprezzato degli ultimi anni vive e prolifica sul mito dell' assenza: Kevin Spacey-Frank Underwood non c' è più, scopriamo che è morto nel letto accanto alla moglie, eppure incombe nei ricordi dei protagonisti, nelle vecchie e nuove trame della politica americana.
Tolto di mezzo Spacey per le vicende di molestie, la sesta stagione consacra la figura di Claire, nella sempre impeccabile interpretazione di Robin Wright; si carica sulle spalle non solo il governo degli Usa e il vuoto lasciato dal marito ma cerca di tenere viva e accesa l' intera serie, a rischio di sbandamento. Ed è proprio lei, la glaciale Claire, la più decisa a liberarsi del peso ingombrante del marito, a non voler apparire come una vedova illustre.
E quando si rivolge al pubblico, in quell' espediente narrativo shakespeariano, lo fa per smarcarsi dal fantasma del marito («Vi ricorda Francis?», «Io non farò come lui, io ho intenzione di dirvi la verità»). Ma l' unica verità, a ben vedere, è che senza Spacey l' intero impianto rischia seriamente di vacillare e la sua assenza percepita e così costantemente esibita è in realtà l' unico modo per tenerlo dentro la storia, per farci credere che non sia cambiato nulla.
2 – LA RIVINCITA DI KEVIN SPACEY
Gianluca Veneziani per “Libero Quotidiano”
«Quelli che sono al vertice della catena non possono avere nessuna pietà. Esiste una sola regola: o cacci o vieni cacciato», afferma perentorio Frank Underwood, protagonista della serie House of Cards in una delle sue frasi più celebri. A Kevin Spacey, che di quel Frank Underwood è stato il mirabile interprete, è toccata la sorte di essere cacciato dal ruolo, dalla serie e dal mondo di Hollywood per via della storiaccia delle presunte molestie sessuali a un adolescente 30 anni fa e poi ad altri collaboratori nel corso della sua carriera.
A Spacey, due volte Premio Oscar e con un Golden Globe all' attivo, hanno tolto perfino un Emmy Award, che avrebbe dovuto essergli consegnato per la serie di cui era protagonista, con una strana forma di punizione retroattiva. Ma poi Frank, alias Kevin, ha saputo prendersi la sua rivincita.
Da uomo abituato a stare nelle stanze del potere (cinematografico), da attore consapevole della propria grandezza artistica, ha preferito temporeggiare, si è messo sulla riva del fiume ad aspettare che passasse, simbolicamente, il cadavere del nemico. E alla fine il nemico, in questo caso la produzione di House of Cards, è passato.
COSTRETTI A CHIUDERE
Netflix è stata costretta a chiudere House of Cards senza il suo attore principale, avviando, piuttosto malinconicamente, la sesta e ultima stagione il 2 novembre - giorno non proprio fausto per iniziare un progetto - da noi in onda su Sky Atlantic. In tutti i modi si è cercato di sottolineare lo scarto rispetto alle serie precedenti: al posto di Frank Underwood, nel ruolo di presidente, è subentrata la di lui moglie Claire, qui interpretata da Robin Wright, che è anche la regista delle ultime due puntate della stagione.
Il primo caso di una Presidentessa (o Presidenta?) americana, peraltro vedova, visto che nella serie Frank Underwood viene fatto morire. Nonché una Prima Donna che si circonda di uno staff di sole donne, attraverso una tipica forma di sessismo al contrario. Eccola là l' onda lunga dell' effetto #MeToo... C' è poco da fare tuttavia perché, senza Spacey, oltre a perdere di forza e significato, la serie già ora perde soldi.
Per liberarsi dell' ormai ingombrante presenza del mattatore Underwood, Netflix ha dovuto sganciare ben 39 milioni di dollari. Non poco per una serie che costa ogni anno circa 60 milioni di euro. E se è vero, come fa notare Il Sole 24 ore, che in sei anni Netflix ha fatto crescere i suoi abbonati da 33 a 130 milioni, è altrettanto vero che l' interruzione di House of Cards potrebbe avere un contraccolpo negativo di immagine sulla società leader dell' on demand, che proprio grazie a questa serie è diventata un colosso, passando da semplice distributore a produttore.
PIÙ DI 80 FILM
Ma la vendetta di Spacey si consuma fredda, o meglio al caldo, anche perché nel frattempo lui dal buen retiro dove si è rifugiato dopo lo scandalo (che siano i Caraibi o la California non è dato sapersi), può godersi la bella vita, i tanti soldi guadagnati in 32 anni di carriera con più di 80 film all' attivo (parliamo di un patrimonio personale intorno ai 100 milioni) e bearsi di qualche recente operazione immobiliare azzeccata, come la vendita di una villa a Los Angeles acquistata a 2 milioni e rivenduta a sei volte tanto.
All' alba dei 60 anni Spacey ha perso carriera e reputazione, ma ha dalla sua il tempo e la momentanea invisibilità: pazienterà in attesa che le acque si calmino e inizierà presto a sentire chi invoca il suo nome, chi lo rimpiange, chi chiede il suo ritorno. Frank Underwood è morto ma Spacey, dal suo esilio dorato, potrebbe risorgere.
3 – L' OMBRA DI SPACEY SU HOUSE OF CARDS 6
Antonio Dipollina per “la Repubblica”
«Ora è il mio turno» proclamava Claire Underwood chiudendo la stagione 5 di House of Cards. E l' intrigo, della fiction, si annunciava già niente male. Ma la realtà è superiore, come sempre. Il marito Frank, presidente, destinato ad assistere all' ascesa alla Casa Bianca della consorte si è ritrovato in realtà fuori gioco del tutto: la storia è nota, Kevin Spacey, monumentale nella parte fino a quel momento, estromesso di colpo dalla produzione in piena esplosione del caso Weinstein, per le accuse di molestie da parte di un attor giovane.
KEVIN SPACEY SI DIFENDE DALLE ACCUSE SU INSTAGRAM DI ANTHONY RAPP
Morale, a quel punto la prospettiva di andare a casa è sembrata inadeguata a tutti; Netflix, che produce, e gli autori hanno annunciato la "sesta e ultima" stagione per non chiudere tutto in quel modo deprimente. Ed eccola, la sesta.
Da ieri in contemporanea mondiale - da noi su Sky Atlantic o, con tutti gli otto episodi sullo streaming di Sky - la presidente degli Usa è davvero Claire, ovvero la magnifica Robin Wright: ma il marito non è fuori dai giochi come da intrigo precedente, bensì è morto, da subito, e di una morte che a quel punto è stata trasformata in elemento di thriller, uno dei tanti della serie.
KEVIN SPACEY IN BILLIONAIRE BOYS CLUB
La verità più avanti, ma a questo punto è quasi secondario. Primario sarebbe invece capire se l' epopea, da una stagione soltanto, della prima presidente donna alla Casa Bianca regga il confronto con le palpitanti stagioni precedenti. C' è un avvio in cui Claire si ritrova subito a conoscere le delizie degli haters dei social - la stampa si limita a definirla una calamità, su Twitter e compagnia digitante le augurano cose indicibili.
Ma il tema viene abbandonato presto, conta di più mettere ordine nei notevoli personaggi di contorno delle stagioni precedenti: e inoltre ne entrano due nuovi in primo piano - fratello e sorella lobbysti che si prendono il ruolo di nemici principali.
Va da sé che il viluppo di trama che prevede l' elemento femminile in primo piano si fa preponderante («Mi direbbe la stessa cosa se io fossi un uomo?», frase non granché ma che Claire pronuncia quasi subito in un confronto acceso).
E insomma, magari non si poteva fare meglio o era una via obbligata. Ma già quell' annunciare che tutto quanto sarà l' epilogo e poi tanti saluti, non suonava benissimo.
E soprattutto a ogni snodo di trama o di micidiale conflitto in corso, del nuovo corso, lo spettatore affezionato si ritrova a chiedersi come sarebbe potuto essere se, da una porta laterale tra marmi e stucchi, fosse entrato all' improvviso l' ex presidente. E non certo perché lui è un maschio, ma perché è, anzi era, Frank Underwood.
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