TSIPRAS CONTRO IL ‘’WATERBOARDING FISCALE’’ DEI TEDESCHI - “VOGLIAMO TRASFORMARE IL DEBITO VERSO LA TROIKA, DI 280 MILIARDI, IN UN MAXI-BOND A SCADENZA ILLIMITATA. SE BERLINO SI OPPONE, NON CI STAREMO”
1 - NON CI SARANNO STRAPPI - SYRIZA PRONTA A NEGOZIARE E LA UE TENDE LA MANO
Ettore Livini per “la Repubblica”
La Germania minaccia («l’uscita della Grecia dall’euro è gestibile»), Alexis Tsipras risponde. Senza retromarce sul suo programma - «l’austerità deve finire e il nostro debito deve essere tagliato», ha ribadito ieri - ma moderando i toni in vista di una trattativa con la Troika che, in caso di vittoria elettorale, si preannuncia al calor bianco: «Syriza negozierà una soluzione ragionevole e realistica con i suoi creditori nel quadro degli accordi con la Ue ha spiegato - E in quest’ambito lavorerà a un’intesa che dovrà rivedere i termini del pagamento degli interessi e lavorare per il rilancio dell’economia».
Nessuna mossa unilaterale, insomma, nessuno strappo come il temutissimo stop al pagamento degli interessi. Anzi. Il partito si impegnerà «a mantenere l’equilibrio di bilancio» anche se punterà a ottenere “la possibilità di scorporare gli investimenti pubblici per qualche anno dal calcolo del deficit».
Le parole concilianti del leader ellenico non saranno certo dispiaciute a Bruxelles dove le forzature tedesche delle ultime ore sono state accolte con un po’ di sorpresa. Tanto che già oggi la Ue potrebbe prendere garbatamente le distanze dai falchi di Berlino ribadendo la sua totale fiducia nel voto dei greci e la volontà (ovvia) di rispettare l’esito delle urne. Più difficile invece che arrivino sostegni diretti da parte della Bce dopo che ieri il leader di Syriza ha tirato per la giacchetta Eurotower chiedendo che i titoli di stato ellenici non siano esclusi da un eventuale piano di quantitative easing della banca centrale.
loredana de petris alexis tsipras
La prudenza di Tsipras – che nelle scorse settimane ha incontrato due volte Mario Draghi – si spiega probabilmente con la cautela necessaria per gestire un iter post-elettorale dove i tempi saranno strettissimi e gli errori (visti anche i numerosi falchi in agguato) non sono ammessi. In caso di vittoria al voto del 25 gennaio, infatti, la sinistra avrà davanti a sé un percorso ad ostacoli: prima dovrà trovare un partner con cui governare, impresa forse un po’ più facile dopo le prime aperture dei socialisti del Pasok e di George Papandreou che ha appena lanciato il suo nuovo partito (Movimento socialisti democratici).
Poi, a stretto giro di posta, dovrà eleggere il presidente della Repubblica. Due operazioni che nella migliore delle ipotesi richiederanno almeno una quindicina di giorni. A quel punto potranno partire i negoziati con la Troika con sulla testa la spada di Damocle della data-ultimatum (28 febbraio) in cui in teoria finirà il sostegno di Bce, Fmi e Ue ad Atene. Tsipras insomma non avrà troppo tempo per muri contro muri negoziali e dovrà presentarsi a metà del prossimo mese al tavolo dei negoziati con una proposta di mediazione già concreta. Anche per evitare che lo stallo porti in automatico Atene al default.
I creditori e i tedeschi non sono però in queste ore l’unico problema con cui deve fare i conti Syriza. Anzi: ad agitare le acque più della Merkel è la variabile Papandreou e della sua nuova formazione nata dal divorzio (al veleno) con i socialisti. I sondaggi danno la sinistra di Alexis Tsipras ancora in vantaggio sul centrodestra di Nea Demokratia.
Il distacco però si è un po’ assottigliato e gli osservatori politici ellenici sono convinti che l’ingresso in campo del figlio del fondatore del Pasok possa spostare in maniera decisiva gli equilibri. Rubando un po’ di preferenze ai socialisti - che non a caso ha preso malissimo l’addio del loro ex leader - ma anche un pugno di voti (si pensa tra l’1 e il 2%) a Syriza. Gli esperti di flussi elettorali hanno rivelato ieri che più del 6% dei greci sta considerando di mettere la croce sulla nuova formazione di Papandreou, un cognome che in Grecia esercita ancora un forte fascino. Se queste previsioni si avverassero, il risultato del voto del 25 gennaio (al netto della possibile rimonta di Samaras) potrebbe all’improvviso tornare in discussione.
2 - IL GURU ECONOMICO DI TSIPRAS: BASTA INGERENZE E PIÙ TEMPO SUL DEBITO
Eugenio Occorsio per “la Repubblica”
«Fiscal waterboarding», lo chiama Yanis Varoufakis. Come la peggiore delle torture della Cia in versione finanziaria. «Sono cinque anni che l’Europa su ispirazione tedesca ce lo infligge. Strangolare un popolo per costringerlo al rigore oltre i limiti mentre la gente è senza lavoro e vive con pensioni da fame, si muore di malattie scomparse cinquant’anni fa, con le privatizzazioni forzate sono state consegnate l’area di Hellenikon o la lotteria nazionale a dei lestofanti. Dove dobbiamo andare a finire?» Varoufakis, classe 1961, docente alla Texas University di Austin e già preside di Economia ad Atene, è l’eminenza grigia di Syriza, l’autore del progetto che fa tremare l’Europa. Per il partito sarà anche candidato.
Non chiedete più di uscire dall’euro, ma intanto la Merkel vi invita a rispettare i patti. Qual è la vostra risposta?
«Che è un’ingerenza inaccettabile in una campagna elettorale democratica. L’euro è stato concepito male, e per la Grecia, come per l’Italia, era meglio non aderirvi. Non ha retto all’impatto della crisi finanziaria del 2008, ma ormai non si può tornare indietro. È come un vascello lanciato verso l’America che a metà dell’oceano comincia ad imbarcare acqua. E’ inutile stare a disquisire sugli errori degli ingegneri che l’hanno costruito, bisogna stringere i denti e arrivare in porto».
Qual è la vostra proposta?
«Di trasformare il debito verso la Troika, salito da 240 a 280 miliardi per il comporsi degli interessi (che più volte rinegoziati sono scesi al 2% di media ma prima arrivavano a più del 5), in un maxi-bond a scadenza illimitata: cominceremo la restituzione quando le condizioni lo permetteranno e si sarà innescata in Grecia una crescita almeno del 3-3,5%».
Non è troppo?
«Non le abbiamo inventate noi cifre del genere: la Troika quando ci concesse i prestiti di 110 miliardi nel maggio 2010 e 130 nella primavera 2012, diceva che sarebbero bastati per garantirci uno sviluppo del 4,5% l’anno. Che razza di errore, perfino l’Fmi l’ha riconosciuto. La Grecia ha perso talmente tanto che non è irrealistico un rimbalzo, ma da dove esce la crescita se ogni euro disponibile va a ridare i prestiti? Da questi fondi dipende la nostra sopravvivenza. E’ la nostra linea rossa, non arretreremo».
Niente più haircut dopo quelli del 30% nel 2011 e di un altro 40 nel 2012?
«Il debito verso la Troika, in un Paese che ha 250 miliardi di Pil, è l’81% del debito pubblico. Il resto, dovuto a creditori privati, non si tocca. Le ricordo che al momento delle ristrutturazioni le banche avevano già ceduto i loro titoli alla Bce, esente dall’haircut, che non ci ha rimesso un euro. Vi incapparono fondi pensione e investitori privati. Ora è il momento che le banche e la Bce ci restituiscano il favore. Se Francoforte e soprattutto Berlino continueranno ad opporsi, noi non ci staremo. Qualsiasi siano le minacce».
Come avviare una crescita così vigorosa?
«Puntiamo sul quantitative easing, e la Bce non si azzardi ad escluderci, e anche su una forma speciale di Qe: l’acquisto di bond della Banca europea degli investimenti. La Bei cominci a fare quello per cui è nata, cioè finanziare investimenti nei Paesi europei, Grecia ovviamente compresa».