
“HANNO RUBATO LA SALMA DEL DUCE” – UN LIBRO SVELA ATTRAVERSO LE CRONACHE DELL’EPOCA LE VICENDE E GLI SPOSTAMENTI DEL CADAVERE DI BENITO MUSSOLINI - LA LEGGENDA DELLE “ERRABONDE SPOGLIE” DEL DUCE PARTE DA MILANO IL 24 APRILE DEL 1946 E FINISCE UNDICI ANNI DOPO A PREDAPPIO, IL BORGO NATIO DOVE LA SALMA DI BENITO MUSSOLINI SARÀ INFINE TUMULATA - INDRO MONTANELLI LA DEFINI' "UNA VERGOGNOSA CACCIA AL TESORO" TRA FRATI, POLIZIOTTI, SPIE, POLITICI E UNA VEDOVA, DONNA RACHELE, CHE…
Andrea Senesi per il “Corriere della Sera” - Estratti
BENITO MUSSOLINI CLARETTA PETACCI
«Hanno rubato la salma del Duce». È la mattina del 24 aprile 1946 ed è la vigilia del primo anniversario della Liberazione. «A Milano comincia a circolare con sempre maggiore insistenza una voce che sembra uscita da un libro di fantascienza. E naturalmente, come tutte le notizie che si portano appresso l’alone dell’incredibilità, viaggia a velocità ipersonica, arricchendosi di particolari, spesso inventati, durante i passaggi di bocca in bocca».
La leggenda delle «errabonde spoglie» del capo del fascismo parte da qui e finisce undici anni dopo a Predappio, il borgo natio dove la salma di Benito Mussolini sarà infine tumulata nel piccolo camposanto cittadino. Il «salmone», secondo la vox populi.
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Ugo Savoia, una vita tra i giornali, caporedattore e capocronista anche al «Corriere» e ora saggista, riscrive con animo da cronista questa lunga e travagliata vicenda ne Il corpo di Mussolini. Odissea di un cadavere , edito da Neri Pozza, in libreria da domani. Una storia di frati, di poliziotti, di politici. E di una vedova, Donna Rachele, che per dodici anni reclamerà al governo italiano le spoglie del marito.
Una trama quasi tutta lombarda, prima dell’ultimo e naturale epilogo in terra di Romagna, a Predappio appunto.
La cronaca si mischia però alla Storia. Si tratta in fondo di «seppellire il passato per guardare al futuro», ma il governo della neonata democrazia, guidato da Alcide De Gasperi, non può permettere che il sepolcro si trasformi in tempio di «fanatica venerazione» proprio mentre si avvicina il referendum del 2 giugno e la scelta tra monarchia e repubblica.
I tre protagonisti del trafugamento del corpo di Mussolini, militanti del neonato Partito democratico fascista (sic), trovano la complicità di padre Enrico Zucca, superiore del convento dei frati cappuccini di piazza Sant’Angelo, a Brera, nel cuore di Milano, e di padre Alberto Parini, fratello dell’ex podestà delle città.
Quello di Mussolini è però «un cadavere in movimento», ci dice Savoia. Come disposto dal cardinale Ildefonso Schuster e col beneplacito dello stesso De Gasperi quel che resta del corpo del Duce viaggia infatti prima tra Milano e Madesimo, poi dalla Valtellina di nuovo a Milano, quindi verso la Certosa di Pavia e poi ancora una tappa a Milano. Infine l’approdo nella piccola cappella del convento di Cerro Maggiore, dove la bara di zinco resterà nascosta in un armadio fino al 1957, all’insaputa di molti degli stessi frati.
(…) Dalle pagine dei giornali si continua però a favoleggiare intorno al cadavere del capo del fascismo attraverso piste più o meno verosimili. «Una vergognosa caccia al tesoro», secondo Indro Montanelli. Il racconto di Savoia si sviluppa attraverso le cronache dell’epoca. Un racconto asciutto e puntuale. Con la venatura gotica-horror del capitolo che descrive il primo dei tanti «traslochi» della serie, il trafugamento della salma dal Musocco. «Accesi la torcia dirigendone il fascio luminoso nel fondo della bara: apparve subito, riconoscibilissima, la testa di Mussolini. Fummo colti da improvvisa e irrefrenabile commozione. In lontananza si udì il latrare dei cani…», si legge nel memoir di Leccisi che Savoia trascrive.
Poi il macabro e grottesco tour della bara. Coi protagonisti del racconto che prendono forma, i frati, appunto, ma anche il superpoliziotto dell’epoca, Vincenzo Agnesina. E un politico, Adone Zoli, premier democristiano semidimenticato dai libri di storia, partigiano cattolico e quindi di provati sentimenti antifascisti, che riuscirà (col sostegno del parlamentare Leccisi) a chiudere l’odissea delle «spoglie errabonde». Originario anche lui di Predappio, riporterà «a casa» la salma del Duce parcheggiata da undici anni nel convento di Cerro Maggiore.
Rachele e Benito Mussolini con i figli Edda - Bruno - Vittorio e Romano
Il reportage romagnolo è affidato alla penna dell’inviato del «Corriere» Mario Cervi. «Rachele Mussolini si avvicinò lacrimando alla bara, la si udì pronunciare alcune frasi in cui il sollievo e il risentimento erano ancora intrecciati. Allorché venne scoperchiata la cassa, Rachele osò appena gettarvi uno sguardo , poi si ritrasse all’esterno, le fu offerta una sedia, vi crollò sopra».
Quel giorno prenderà il via la stagione del «marketing della nostalgia», i tour di fascisti vecchi e nuovi nel cimitero di paese tra folklore e revanchismo. «Non abbiamo avuto paura di lui da vivo, non ne avremo neanche da morto», il commento del sindaco (comunista) di Predappio alla notizia del ritorno del corpo dell’ingombrante concittadino. Eppure questo libro ci dice il contrario: per oltre un decennio, tra trafugamenti, fughe notturne, poliziotti, cardinali e servizi segreti, il cadavere di Mussolini è stato sepolto nel mistero. Una storia custodita nel segreto dei conventi e dal silenzio dei frati.
rachele e benito mussolini
rachele e benito mussolini - 1
benito mussolini con la moglie rachele e la figlia edda ciano