CHI HA DETTO CHE “SENZA L’EURO SAREBBE MEGLIO PER TUTTI”? MARINE LE PEN? GRILLO? NO, HANS WERNER SINN, PRESIDENTE IFO, ISTITUTO TEDESCO DI RICERCA CONGIUNTURALE

Sandro Iacometti per "Libero quotidiano"

Magari fosse possibile uscire dall'euro, tantiproblemi si risolverebbero più in fretta. A denunciare i rischi collegati alla gabbia della valuta unica questa voltanon è il solito euroscettico, ma Hans-Werner Sinn. Dietro il nome poco noto al di sotto delle Alpi si nasconde uno dei falchi più intransigenti dell'intellighentia tedesca.

Presidente dell'Istituto di ricerca congiunturale Ifo (praticamente il nostro Istat), Sinn è da sempre uno dei più strenui avversari di qualsiasi intervento sovranazionale a favore di chi resta indietro, sia esso concretizzato attraverso fondi di salvataggio o attraverso l'azione della Banca centrale europea. Non a caso l'economista è stato consigliere della Corte Costituzionale di Karlsruhe nella sentenza che ha dichiarato illegittimo (rinviando, però, il verdetto definitivo alla Corte di giustizia europea) lo scudo antispread ideato da Mario Draghi per arginare le tensioni sui titoli sovrani dei Paesi periferici.

Il giudizio di Sinn sugli spazi di manovra dell'Eurotower è chiaro. "La Bce", ha spiegato in un'intervista alla Stampa, "non può diventare un assicuratore di crediti e non può differenziare la politica monetaria per aree".

Ma in generale il presidente dell'Ifo vede come fumo negli occhi qualsiasi operazione che possa in qualche modo essere ricondotta nella categoria degli aiuti ai Paesi più deboli. La tesi del professore, senza troppi fronzoli, è che chi è in difficoltà deve cavarsela da solo, anche a costo di sprofondare. Come l'Italia, ad esempio, che secondo Sinn, «è tra i grandi sconfitti dell'euro" e ha la possibilità "di prosperare nella moneta unica solo se accetta un decennio di stagnazione". Resta, però, il problema dei danni collaterali.

E qui, in coerenza con la sua idea di abbandonare ciascuno al proprio destino, l'economista non si nasconde dietro un dito. "Ritengo giusto e necessario", ha argomentato, "che alcuni Paesi deflazionino: consente di ripristinare la competitività necessaria per la sopravvivenza dell'euro". Ma,ha aggiunto, "se fosse possibile uscire dall'euro, tutto sarebbe più semplice. Solo nell'eurozona ci si trova dinanzi a problemi talmente intricati da essere quasi irrisolvibili".

L'annuncio di Sinn, considerato che proviene da Berlino, è clamoroso. Uscire dall'euro non solo si dovrebbe, ma in alcuni casi sarebbe addirittura preferibile. Non è la prima volta che il professore lascia trapelare il suo desiderio di rompere la gabbia per lasciare fuori chi resta azzoppato.

Durante il convegno "Fuehrungstreffen Wirtschaft 2013" organizzato a Berlino qualche mese fa dal quotidiano "Sueddeutsche Zeitung" aveva affrontato il tema spiegando che la possibilità di un'uscita, forzata o voluta, "è sempre concreta per Francia,Grecia e Italia". L'alternativa, aveva detto, sarebbe un piano di salvataggio che, con un ammontare di crediti in percentuale del pil pari a quelli concessi alla Grecia, "ci costerebbe qualcosa come 4.500 miliardi".

Ipotesi catastrofica e agghiacciante, che in pochi, però, a Berlino sembrano tenere nella dovuta considerazione. L'attenzione della Cancelliera Angela Merkel resta infatti puntata sugli straordinari dividendi portati alla Germania dalle difficoltà dei Paesi periferici. A partire da quelli legati all'export tedesco, che da quando è entrata in vigore la moneta unica-a differenza degli anni precedenti in cui la competizione con gli altri Stati del Vecchio continente era più serrata ed equilibrata - non perde più un colpo.

Il dato diffuso ieri dall'Eurostat non fa che confermare un trend già consolidato da tempo.La bilancia commerciale dell'area euro ha registrato un attivo di 13,6 miliardi, in aumento rispetto ai 9,8 miliardi di un anno fa. A fare la parte del leone, inutile dirlo, la Germania. L'ultimo dato disponibile Eurostat è quello di gennaio, in cui Berlino ha registrato un surplus di 15,3 miliardi. Ma l'ufficio di statistica tedesca ha già rilevato anche ildato di febbraio, con un attivo balzato a 16,3 miliardi.

Una cifra perfettamente in linea con i 16,8 miliardi registrati nel febbraio 2013. Il che fa pensare che anche nel 2014 la Germania possa replicare il risultato record dello scorso anno,con un surplus delle partite correnti che si è attestato alla quota monstre di 206miliardi. Intermini percentuali, il 7,5% del pil, ben al di sopra di quel 6% considerato da Bruxelles la soglia massima per l'equilibrio dell'intera Unione.

 

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