antonello piroso enzo tortora

“IL CASO TORTORA? NON UN ERRORE, MA UN ORRORE GIUDIZIARIO” - ANTONELLO PIROSO PORTA IN SCENA DOMANI AL TEATRO MODENA DI GENOVA IL MONOLOGO SUL CONDUTTORE DI "PORTOBELLO" A 40 ANNI DALL’ARRESTO – “LO ACCUSARONO DI ESSERE CAMORRISTA, TRAFFICANTE DI DROGA E COCAINOMANE. ENZO TORTORA NON ERA NIENTE DI TUTTO QUESTO. ERA CARDIOPATICO, NON BEVEVA E ED ERA VEGETARIANO. FU UN ESEMPIO DI MACELLERIA GIUDIZIARIA” – LA BORDATA CONTRO “IL GIORNALISMO ANTROPOFAGO” E LA MORTE DI TORTORA UN ANNO DOPO L’ASSOLUZIONE - VIDEO

Guglielmina Aureo per il “Secolo XIX”

piroso tortora

 

«Lo accusarono di essere camorrista, trafficante di droga e cocainomane. Non era camorrista, né trafficante di droga e nemmeno cocainomane: era cardiopatico, non beveva e ed era vegetariano».

 

Così Antonello Piroso, giornalista, riassume la storia di Enzo Tortora, la tragedia di un uomo perbene che ha scelto di raccontare a teatro nel monologo "L'Estraneo". Il titolo è presto spiegato: l'estraneità del celebre conduttore di "Portobello" dal castello di menzogne che ne spezzarono l'esistenza. L'appuntamento con la prima nazionale è per domani a Genova, alle 21, al Teatro Gustavo Modena di Sampierdarena.

 

Il monologo è prodotto da Baobab e promosso da Associazione Psyco con la collaborazione del Teatro Nazionale con il patrocinio della Regione Liguria e del Comune di Genova. L'ingresso è libero.Piroso, 62 anni, giornalista e autore (direttore del tg de La7 fino al 2010, conduttore per la stessa rete di "Niente di personale e "(ah)iPiroso", attualmente è a "Domenica Dribbling" su Raidue) ha già affrontato il caso Tortora e oggi torna a teatro a quarant'anni da quel terribile 17 giugno in cui l'ingiustizia ebbe inizio.

antonello piroso gaia tortora

 

Come ha concepito "L'Estraneo"?

«Un monologo in cui ricostruisco la vicenda giudiziaria di Enzo Tortora, come si è svolta e com'è finita, anzi come non è finita con la morte del protagonista visto che anche dopo si è continuato a infierire. Si tratta di una ricostruzione giornalistica, una riflessione in cui coinvolgo il pubblico. Ci saranno video e foto storiche».

 

Lei ha studiato a fondo il caso.

«È una storia che racconto da oltre vent'anni per passione civile e per motivi personali. Sono vicino alla famiglia Tortora. Gaia, una delle figlie di Enzo, è giornalista e fu assunta a La7 quando io ero direttore. Ha scritto recentemente "Testa alta, e avanti", edito da Mondadori. Ho conosciuto l'altra figlia Silvia (morta nel 2022) e l'ultima compagna di Tortora, la giornalista Francesca Scopelliti (oggi presidente della Fondazione Internazionale per la giustizia a lui intitolata, ndr) 

ANTONELLO PIROSO

 

 

(...)

Impossibile non essere critici con quella magistratura.

«Tengo a sottolineare che con questo monologo non voglio fare un processo alla magistratura ma un processo a quel processo. A come fu gestito da parte dei giudici istruttori a come si giunse alla condanna in primo grado a 10 anni e 50 milioni di multa. A come Tortora fu considerato camorrista, trafficante, cocainomane senza alcun riscontro logico. A come proseguì il processo. Un esempio di macelleria giudiziaria. A come nessuno dei magistrati inquirenti e giudicanti in primo grado pagò per quello scempio, facendo tutti brillanti carriere».

ANTONELLO PIROSO NEL 2005

 

Le accuse contro Tortora si basarono su dichiarazioni di pregiudicati legati al boss Raffaele Cutolo e alla Nuova Camorra.

«Pentiti o presunti tali produssero un cumulo di bugie che ridussero un uomo in ceppi. Mancarono i riscontri. Naturalmente i pentiti sono stati spesso utilissimi, come nella lotta al terrorismo, ma il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa non è che si bevesse le loro dichiarazioni come oro colato».

 

Il presentatore fu erroneamente coinvolto in una maxi-inchiesta che culminò in una retata con 856 arresti, tra cui il suo.

«Sì. Fu prelevato alle 4 del mattino del 17 giugno 1983 dall'hotel Plaza di Roma.

Con lo sguardo stralunato viene portato in caserma, quando gli comunicano l'ordine di cattura si sente male, come succede agli innocenti. Dopo sette ore viene portato a Regina Coeli. Per motivi mai chiariti i carabinieri non lo fanno salire in auto davanti all'ingresso della caserma per portarlo in carcere, ma lo fanno sfilare con le manette ai polsi davanti a un plotone di esecuzione mediatico. Un'orrenda passerella, un rituale di degradazione».

enzo tortora raffaele della valle

 

Dopo sette anni tra carcere e arresti domiciliari l'assoluzione arriva il 15 settembre 1986, con sentenza confermata dalla Cassazione nel 1987. Tortora che era stato anche eurodeputato per il Partito Radicale fa in tempo a tornare alla guida del popolarissimo programma Rai, "Portobello", il 20 febbraio del 1987 dove pronunciare la storica frase "Dunque dove eravamo rimasti?", prima di morire il 18 maggio 1988.

 

ENZO TORTORA CON LE FIGLIE GAIA E SILVIA

 Un anno dall'assoluzione. Una tempistica che non può non turbare.

«Morì di tumore. Si è discusso molto di psicosomatica. Non sappiamo se la terribile vicenda, la demolizione della sua immagine e della sua reputazione grazie anche a un giornalismo antropofago, abbia causato il tracollo del sistema immunitario che lo portarono alla malattia e alla morte. Giorgio Bocca che fu un convinto assertore dell'innocenza di Tortora, e che fu il primo a cui il presentatore concesse un'intervista una volta assolto, disse "È una verità banale fin dalla notte dei tempi: si può morire di crepacuore"». E oggi? «Talvolta mi dicono "ti occupi di una vicenda datata e conclusa, e che ha coinvolto un privilegiato". Appunto, rispondo io: purtroppo è capitato pure dopo, e figuriamoci cosa può succedere a una persona qualsiasi».

Enzo Tortoraenzo tortora raffaele della valle coverbettino craxi enzo tortora e pippo baudotortora portobelloalberto sordi franca valeri enzo tortora 1963GAIA TORTORA - TESTA ALTA, E AVANTI ANTONELLO PIROSO E IL BIGLIETTINO PASSATO DA LATORRE A BOCCHINO

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