UN JEB AL MENTO DI HILLARY - OGGI L’EX GOVERNATORE DELLA FLORIDA ANNUNCIA LA SUA CANDIDATURA ALLE PRIMARIE DEI REPUBBLICANI, NEL SUO LOGO ASSENTE IL COGNOME BUSH: “LA MIA STORIA E’ DIVERSA DA QUELLA DI MIO FRATELLO GEORGE”
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
Dopo Hillary, Jeb. La corsa delle dinastie politiche americane alla Casa Bianca si completerà oggi, con il terzo Bush che si opporrà formalmente alla seconda Clinton, annunciando la propria candidatura da Miami. È curioso però che il cognome sia assente dal suo logo, così come manca da quello della ex segretaria di Stato.
I campioni delle dinastie che hanno dominato la politica americana negli ultimi vent’anni, insomma, sfuggono alla loro stessa eredità, perché è troppo pesante per entrambi. Jeb lo ha ammesso apertamente, anticipando quello che dirà al paese dalla Florida: «Mi distinguerò - ha detto alla Cnn - dal gruppo dei candidati repubblicani. Offrirò alternative, rispetto al sentiero dove ci troviamo oggi».
E, soprattutto, sarà il padrone di se stesso: «Amo mio fratello George, ma la storia della mia vita è diversa dalla sua». La pesante eredità del presidente che aveva gestito la risposta agli attentati dell’11 settembre 2001 viene considerata la principale difficoltà per Jeb, ma gli analisti più attenti pensano che la realtà sia un’altra.
Il problema di essere il fratello di George si porrà soprattutto a livello nazionale, se e quando il terzo Bush verrà incoronato dai repubblicani come loro candidato alla Casa Bianca. Prima, però, ci sarà un lavoro ancora più difficile da completare, ossia convincere la base ad incoronarlo. Molti osservatori neutrali pensano che Jeb sia il migliore, fra gli almeno 26 repubblicani che hanno deciso o stanno pensando di inseguire il sogno presidenziale.
I suoi nemici
È preparato, moderato, attento, nonostante le gaffe che hanno segnato l’avvio informale della sua campagna. Il problema sono alcune posizioni che ha preso, e sottoscritto in un libro, ad esempio sulla necessità di riformare le leggi sull’immigrazione, o l’adesione ai programmi nazionali per l’istruzione scolastica tipo il «common core», che sottraggono autonomia agli stati.
Questi sono anatemi per la base repubblicana, e la destra del partito che si riconosce nel Tea Party non ha mai considerato Jeb come un suo uomo. Dovrà convincerla, senza però alienarsi gli elettori di centro, che poi a novembre decideranno chi andrà alla Casa Bianca.