“JEP GAMBARDELLA UN PO' MI ASSOMIGLIA” – DUDU’ LA CAPRIA, SCOMPARSO IERI A 99 ANNI, E QUEL LEGAME CON PAOLO SORRENTINO CHE LO RITENEVA “UN FARO” – INSIEME AL REGISTA HANNO LAVORATO ALLA SCENEGGIATURA DI ‘FERITO A MORTE’ CHE POI NON ANDÒ IN PORTO – GLI STRALI CONTRO LA “NAPOLETANERIA", QUELL'ESTRO DEL PARTENOPEO CHE FINISCE PER COINCIDERE CON IL CITTADINO SERVILE O CON L'INTELLETTUALE MANDARINO SEMPRE PRONTO A DIRE SÌ – LA SCRITTURA COME ATTO AMOROSO: “NON SONO UNO SGOBBONE LETTERARIO MA UNO CHE…” - IL RITRATTONE BY MIRELLA SERRI
Mirella Serri per “la Stampa”
“Ma io a cento anni non ci voglio arrivare», mi aveva confessato un po' di tempo fa Raffaele La Capria, per gli amici Dudù, in un momento di abbandono e di profonda malinconia.
Si è spento a 99 anni - prima del 3 ottobre, quando avrebbe tagliato il traguardo del secolo - uno dei maggiori scrittori italiani, grandissimo cantore di Napoli ma non della «napoletaneria», il limite, a suo parere, dell'amata città natale.
Appena entravi nel suo appartamento romano, all'ultimo piano di uno storico palazzo di Piazza Grazioli, la cui contiguità con quella che è stata per anni la residenza di Silvio Berlusconi lo aveva parecchio infastidito, in bella vista c'erano i due volumi dove era raccolta una scelta della sua opera omnia, i Meridiani Mondadori (a cura di Silvio Perrella).
Vincitore del premio Strega nel 1961 con Ferito a morte, il suo romanzo più famoso, narratore e saggista prolifico, incoronato dal Viareggio, dal Campiello e da tanti altri riconoscimenti, La Capria era stato anche sceneggiatore per Francesco Rosi -Le mani sulla città e Uomini contro -, per Luigi Comencini e per Lina Wertmüller.
Tutto l'insieme dei suoi scritti - da La neve del Vesuvio a Colapesce, e della sua saggistica, da Il sentimento della letteratura a Lo stile dell'anatra e a La bellezza di Roma - rappresenta un'importante summa del suo impegno civile.
Scrittore engagé, raffinato e spesso dissimulato nelle sue battaglie, ha segnato più di una generazione e ha favorito la nascita di una scuola di grandi artisti che va da Paolo Sorrentino a Toni Servillo a Mario Martone, per arrivare a scrittori come Valeria Parrella, Emanuele Trevi, Sandro Veronesi, Edoardo Albinati, Domenico Starnone e Paolo Di Paolo. Già, proprio così.
La sua narrativa, malgrado le affermazioni dello stesso La Capria, che si considerava un narratore volutamente ai margini in quanto non tutti i suoi libri avevano incontrato il favore del grande pubblico, utilizza in maniera straordinaria le tecniche narrative provenienti dall'avanguardia letteraria (flusso di coscienza, monologo interiore, polifonia, tempo della memoria) che si intrecciano con la descrizione di Napoli in chiave critica e anticonformista.
Gli ambienti dei suoi racconti, ma anche della sua saggistica, sono l'isola di Capri, la costiera amalfitana, il golfo di Posillipo su cui affaccia palazzo Donn'Anna, grandioso scenario di Ferito a morte dove La Capria aveva trascorso la sua infanzia. Anche il racconto d'esordio, Un giorno d'impazienza, dedicato al fallimento di tante speranze e attese resistenziali, ebbe come fulcro la sua città e le famiglie borghesi.
paolo sorrentino foto di bacco (3)
Dudù, nel 1942, era partito con il Battaglione Allievi Ufficiali per Brindisi e poi aveva cominciato a collaborare con Radio Napoli, cenacolo per la propaganda creato dagli Alleati intorno a cui si riunirono Antonio Ghirelli, Luigi Compagnone e Rosi, i quali si ritroveranno anche nella bella rivista Sud di Pasquale Prunas. La Capria manterrà per tutta la vita i legami della gioventù, come quello con Giorgio Napolitano, futuro presidente della Repubblica.
Dopo essersi laureato in giurisprudenza nel 1947 e aver soggiornato in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, nel 1950 La Capria si trasferì a Roma. Qui conobbe la bellissima attrice Ilaria Occhini (scomparsa nel 2019, era nipote di Giovanni Papini). Nella capitale, il narratore coltivò nuove amicizie, da Italo Calvino a Goffredo Parise ad Alberto Arbasino e Giosetta Fioroni.
Abbigliato sempre in modo molto curato - d'estate, per esempio, panama, giacca e pantaloni bianchi -, era assai lontano dallo stereotipo del gentiluomo napoletano sfaccendato. «Non sono lo sgobbone letterario che costruisce il proprio monumentino giorno e notte, come Pasolini o Calvino. Io scrivo per esprimere le mie idee e i miei sentimenti, non per erigere l'altare a Raffaele La Capria», precisò per sottolineare la sua tempra di lavoratore.
paolo sorrentino foto di bacco (1)
Giornalista, collaboratore di riviste e quotidiani, da Il Mondo al Corriere della Sera, fu sempre teso nello sforzo «di far diventare poetico il senso comune». E si ritenne giustamente un paladino del ruolo dello scrittore pronto a svelare le menzogne e a denunciare le "false partenze" (come da titolo di un suo libro), i legami ideologici che a volte impediscono di scorgere la verità. Per questo fu anche un acceso polemista.
Così ecco Dudù scagliarsi, in numerosi scritti, contro la «napoletaneria», contro quell'estro così accattivante del partenopeo che finisce per coincidere con il cittadino servile o con l'intellettuale mandarino e sempre pronto a dire sì. A questo contrappose la nobile arte della «napoletanità» praticata da Eduardo De Filippo o da Totò. Eccolo poi partecipare ad accesi dibattiti contro gli imitatori dell'Ulisse di Joyce, di cui lui stesso si dichiarava debitore nella sperimentazione linguistica ma che trovava anche «indigesto e prolisso». La Capria opponeva al manierismo una concezione della letteratura «come memoria di ciò che gli uomini da oggi e fino a Omero e prima di Omero hanno sentito, sognato, immaginato».
ilaria occhini raffaele la capria
Eccolo, infine, al fianco di Sorrentino, per dar vita con il regista alla sceneggiatura di Ferito a morte che poi non andò in porto. Quando era uscita La grande bellezza del premio Oscar, La Capria si era ritrovato nel protagonista: «Non c'è dubbio, Jep Gambardella un po' mi assomiglia».
Lo scrittore, ha dichiarato Sorrentino, è stato per lui «un faro», utilizzando un'immagine marina che tanto sarebbe piaciuta a La Capria. Ne La vita salvata (un dialogo con Giovanna Stanzione), Dudù parlava della scrittura come di un atto amoroso, «l'ultimo che mi sia rimasto», in cui oggi si riconoscono tutti gli artisti che vedono in lui un maestro o un faro.
mirella serrijep gambardellala capria 26 luglio 1961 - Ilaria Occhini con Raffaele La Capria vincitore del Premio Strega al Ninfeo di Valle Giuliala capriaraffaele la capriala capria coverLA CAPRIA RAFFAELE LA CAPRIALA CAPRIAjep gambardella