IL CINEMA DEI GIUSTI - “LA COMUNE” È UN FILM DANESE DEDICATO AI BEI TEMPI DEI COLLETTIVI - E’ IL MONDO UTOPISTICO DEGLI ANNI ’70 DOVE IL MARITO DICE “CARA HO UN’ALTRA” E LEI RISPONDE “PORTALA QUI DA NOI, C’È TANTO SPAZIO”
Marco Giusti per Dagospia
“Cara ho un’altra”, dice il marito, dotto professore di architettura, a letto a sua moglie. Dice pure che non pensa di andarsene di casa. E lei? E’ un po’ triste, ma l’ha presa bene. “Portala qui da noi, c’è tanto spazio”.
Roba da pazzi. In nessun film italiano, ovvio, potrebbe esserci un dialogo di questo tipo. Nessuna donna non solo ti permetterebbe di portarti l’amante a casa, ma nemmeno di uscire vivo da quel letto. Ma non siamo in un film con Marco Giallini e Anna Foglietta, diciamo, ma in un film danese, anzi, in un film danese di Thomas Vinteberg dedicato ai bei tempi dei collettivi e delle comuni.
La comune, appunto, in danese Kollektiv, presentato da poco a Berlino dove è stata premiato con l’Orso d’Argento la bravissima Trine Dyrholm, eroina di tanti film sia di Vinteberg che di Susanne Bier, che interpreta Anna, la moglie tradita. Che poi, insomma, ci rimane proprio male del tradimento del marito, anche se cerca di fare la persona superiore. Dice Vintemberg che questa è un po’ la sua storia, ragazzino cresciuto in una comune fino ai 19 anni.
E nel film, in realtà, il mondo utopistico della comune anni ’70 del nord è visto con grande naturalezza e con grande affetto per tutti. Perché sono persone assolutamente tradizionali, professori, giornalisti, Anna è una conduttrice televisiva di tg, ma c’è anche un arabo, che però credono in quello che stanno facendo, nel desiderio di vivere assieme pacificamente. Vintemberg racconta tutto questo con un occhio che è al tempo stesso distaccato, l’occhio crudele da cinema-verità di Festen, diciamo, ma anche con un certo trasporto per i suoi personaggi.
Che si agitano quasi inutilmente alla ricerca di una loro impossibile felicità. E’ la moglie, Anna, a voler metter in piedi una comune perché il marito, Ulrich Thomsen, bravissimo, viene anche lui da Festen, ha comprato una casa troppo grande per loro, una villa nei quartieri alti di Copenhagen (sì, scordateve le topaie da comune sfigata italiana anni’70). E lei si annoia a vivere solo lui, lei e la figlia.
Così nella comune arriva un primo amico senza soldi, poi due amici che hanno un bambino malato, talmente malato che dice lui stesso che morirà presto, poi un arabo squattrinato, Fares Fares (ricordate Jalla Jalla?). Poi l’amante del marito, la bella Helene Reingaard Neumann, che è anche la donna di Vintemberg.
Le passioni, l’amore, le gelosie, i turbamenti tra le persone porteranno il gruppetto di amici a scontrarsi, a far delle scelte antipatiche e sofferte, ma quello che conta, sembra dirci il regista, è proprio l’idea di volerci provare a vivere insieme, a sperimentare una vita di gruppo fuori dalla famiglia borghese. Accettando assieme il calore di questo esperimento e le dinamiche negative. Film molto sottile e piuttosto bello. In sala dal 31 marzo.