IL CINEMA DEI GIUSTI - "TRA LA MORALE E L'ESTETICA HO SCELTO L'ESTETICA. L'OCCIDENTE È DIVENTATO TROPPO BRUTTO...". VARREBBE LA PENA DI VEDERE “LA TALPA” SOLO PER SENTIRE LA BATTUTA FINALE DELL’AGENTE INGLESE DOPPIOGIOCHISTA CHE SPIEGA COSÌ IL SUO TRADIMENTO - IN ITALIA IL MASSIMO CHE POSSIAMO PRODURRE DI ANALOGO È STATO “ATTENTI A QUEI P2” DI PINGITORE CON PIPPO FRANCO COME GELLI - IL FILM, STREPITOSO, SOFFRÌ NON POCO A VENEZIA DI UNA CRITICA ITALIANA POCO ATTENTA E POCO ESPERTA IN SPY STORY…

La talpa di Thomas Alfredson.

Marco Giusti per Dagospia

"Tra la morale e l'estetica ho scelto l'estetica. L'Occidente è diventato troppo brutto...". Varrebbe la pena di vedere "La Talpa" (titolo originale "Tinker, Tailor, Soldier, Spy"), inglesisissima produzione tratta dalla celebre trilogia spionistica di John Le Carré, e dalla famosa serie tv (sette episodi) con Alec Giuinness nei panni di George Smiley, solo per sentire la battuta finale dell'agente inglese doppiogiochista (non possiamo dirvi chi è, ovvio) che spiega così il suo tradimento.

Un tradimento morale, ma non estetico... Bei tempi. In Italia il massimo che possiamo produrre di analogo è stato "Attenti a quei P2" di Pingitore con Pippo Franco come Gelli. D'altra parte con chi lo faresti un film con Balducci e Lavitola? Per questa nuova versione del classico di Le Carré, è stato chiamato un regista svedese di grande talento, il Thomas Alfredson di "Lasciami entrare", uno dei migliori horror degli ultimi anni.

Alfredson, grazie anche al lavoro del suo direttore della fotografia, Hoyte Van Hoytema, lo stesso di "Lasciami entrare", porta nel film una particolare costruzione dell'immagine, che già avevamo visto nella sua opera precedente, che rende complesse e elaborate anche le sequenze più semplici.

Curiosamente, sono quelle che funzionano di più come atmosfera d'epoca e come suspence. Perfino il pur strepitoso cast, quasi totalmente inglese, che vanta nomi come Gary Oldman, Colin Firth, John Hurt, finisce per essere assorbito da una messa in scena che riporta il clima dei primi anni '70 e il mondo delle spie di Le Carré con una sorta di maniacalità da laboratorio.

Visto in una proiezione mattutina veneziana, il film soffrì non poco di una critica italiana poco attenta e poco esperta in spy story. Ma la critica di tutto il mondo e, soprattutto, quella inglese, hanno esaltato il film, il regista e soprattutto il il grande Gary Oldman, da anni ridotto a caratterista pur strapagato nella saga di Harry Potter o in quella di Batman, che ritorna qui strepitoso protagonista cucendosi un George Smiley dimesso, triste, grigio non meno esaltante di quello di Alec Guiness.

Oldman, nei panni dell'agente che indaga sulla talpa della intelligence inglese riprendendo il lavoro del suo ex-capo, "Control", cioè John Hurt, ha il passo ideale per adagiarsi alla messa in scena complessa di Alfredson, alla scelta dei suoi colori autunnali, sul verde grigiastro.

Al centro di una storia difficile, che deve racchiudere in due ore le troppe pagine di Le Carré e i suoi tanti sviluppi narrativi, Oldman domina la scena dando luce, umanità e ironia a quel che seguiamo. Va detto però che tutto il cast è strepitoso, dal dandy Colin Firth al geniale John Hurt, ai nuovi arrivati Tom Hardy (il protagonista di "Warrior") e Mark Strong. Da non perdere.

 

LA TALPA LA TALPA DI ALFREDSON GARY OLDMAN NE LA TALPA GARY OLDMAN NE LA TALPA COLIN FIRTH NE LA TALPA

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