PENSIERI E PAROLE RADICALI – LA LEGGENDA DI LUCIO BATTISTI “FASCISTA”, PIU’ VOLTE SMENTITA DA MOGOL, VIENE SMONTATA DA UNA LETTERA DEL CANTANTE, DATATA 25 FEBBRAIO 1992 E INDIRIZZATA ALL'EDITORE MARCELLO BARAGHINI, ALLORA CANDIDATO NELLA LISTA DI PANNELLA – NEL TESTO PARLA DI “SCLEROTICI EQUILIBRI GENERALI DEL SISTEMA POLITICO”, “INTERESSE LOBBISTICO O MAFIOSO”– RIVOLTO A BARAGHINI: “MALEDETTO ROMPICOGLIONI, AVEVO DECISO DI NON ANDARE A VOTARE! ORA SONO COSTRETTO A DARTI IL MIO FOTTUTISSIMO VOTO…” - VIDEO
Estratto dell’articolo di Carlo Martinelli per “Domani”
L’amico Mogol lo ha ripetuto più volte: «Lucio Battisti di destra, fascista? Non fatemi ridere». Eppure la leggenda metropolitana è tornata, periodicamente, a farsi viva. C’era quella foto che lo ritraeva con il braccio teso: in realtà non stava facendo il saluto romano ma, sul palco, stava dando l’attacco ai violini per il suo I giardini di marzo.
Persino la copertina de Il mio canto libero, con quelle braccia sollevate, fu interpretata come una selva di saluti fascisti per non dire del verso di una sua canzone, «planando sopra un bosco di braccia tese». Poi, salta fuori che in un covo delle Brigate rosse c’erano i suoi dischi. […]
Spunta una lettera che Lucio Battisti, di suo pugno, scrisse il 25 febbraio 1992. La si trova in un libro freschissimo di stampa: Balla coi libri, (Iacobelli 2023, pp. 208, euro 18) nelle quali Marcello Baraghini, l’inventore dei mitici Millelire, il padre di Stampa Alternativa, si racconta a Daniela Piretti. Sono 50 anni di controcultura quelli di Baraghini: bambino, giovane, capellone, radicale, giornalista, politico, editore, libertario sempre.
In mezzo al libro, tra mille ricordi e mille battaglie, spunta Lucio Battisti. Che il ragazzo di Poggio Bustone, dove era nato il 5 marzo 1943, avesse professato una sola volta una chiara posizione politica, a favore dei radicali allora guidati da Marco Pannella, si sapeva.
Ma Daniela Piretti, nelle lunghe conversazioni avute con Marcello Baraghini per la stesura di Balla coi libri, incappa nella lettera di Lucio Battisti, «su un foglio ingiallito la firma», capace di ridisegnarne in parte la figura.
E lei stessa a stupirsi per questa dichiarazione di voto a favore proprio di Baraghini, che aveva accettato la proposta di essere nella “lista Pannella”, nei primi posti, a Roma, Bari e Milano (la cosa poi finì con una clamorosa rottura, ma questo poco importa).
Importa che la lettera di Battisti a Baraghini ci consegna un artista quasi barricadero, altro che reazionario, altro che fascista. E le sue parole, intrise di bellezza e lucidità, confermano semmai il suo essere fuori dal coro, per collocarsi però in una posizione sorprendente, alla luce di quel che si è raccontato (meglio, favoleggiato) per anni. […]
«Caro Marcello, hai chiesto di scriverti perché bisognerebbe votare per te e di manifestare pubblicamente tale motivazione», esordisce Battisti. «Presto fatto: votare per Marcello Baraghini non serve assolutamente a niente. Non serve a spostare una virgola negli sclerotici equilibri generali del sistema politico. Non serve ad avere la benché minima voce in capitolo nell’ammuffito dibattito interpartitico già preordinato.
Non serve a far leva su nessun interesse lobbistico o mafioso. Non serve a far confluire consenso sul mummifico schieramenti referendario e/o trasversalitico. Non serve a far tacere Cossiga. Non serve a sferzare la letargica sinistra italiana. Non serve alla politica. Non serve alla Patria. Non serve all’Europa. Come direbbe qualsiasi iscritto a qualunque schieramento politico italiano, votare Marcello Baraghini significa solo disperdere il voto». […]
Continua infatti il nostro, rivolto a Marcello Baraghini: «Ti posso enumerare da subito quale nefaste conseguenze potrebbe avere la raccolta di un numero di adesioni sufficienti a spedirti al parlamento».
Un elenco che comprende: «Uscire dalla semiclandestinità per rimarcare il tuo passato di militante della libertà (137 procedimenti giudiziari per reati d’opinione) non omologato e non irregimentato: inondare le vie e le pazze cittadine di concerti, spettacoli e mostre gratuite; sparire la cultura della notte (spazi, occasioni, incontri);
riaffermare la libertà di musica (per il rock nelle scuole, per le sale di registrazione gratuite, contro lo sciacallaggio e la pirateria); ripulire l’etere dalla mondezza consumistica e rincoglionente; stimolare vecchi e nuovi scrittori a tirare fuori dai cassetti i loro inediti, le loro testimonianze, la loro vita; fare un libro Millelire al giorno».
Poi, la chiusura. Che è anche annuncio di quel che sarebbe stato di lì a poco Lucio Battisti, sino alla morte, il 9 settembre 1998: clandestino a quella “mondezza”. Scriveva: «Lascia perdere, Marcello, siamo rimasti veramente in troppo pochi a voler vivere veramente simili libertà. Lasciami in pace al calduccio dei miei quarant’anni suonati, un po’ schifato e un po’ annoiato. Piantala di rompere le scatole alle nuove generazioni: non capirebbero!». Firmato: Lucio Battisti.
Che aggiunge un post scriptum: «Maledetto rompicoglioni avevo deciso di non andare a votare! Sono stato costretto a ragionare per scriverti questa lettera (e ragionare, di questi tempi, è pericoloso). Per non sentirmi un verme sono costretto a partecipare a queste fottutissime elezioni e darti il mio fottutissimo voto…». […]
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