“LIMONOV” LETTO DA LIMONOV – ‘’CARRÈRE HA SPIEGATO LIMONOV AI BORGHESI” - “UN FASCISTA”, “UN GENIO ASSOLUTO”, “UN PERFETTO STRONZO”? BELLISSIME TUTTE E TRE, MA ASSIEME. SEPARATE NON VALE” – “IL CINISMO È IL LIVELLO ESTREMO DEL REALISMO” - “BISOGNA IMPOSTARE LA PROPRIA VITA SULLA OSTILITÀ DI TUTTI QUELLI CHE CI CIRCONDANO” - “SIAMO UN PARTITO DI DURI CONTRO UNO STATO POLIZIESCO. NIENTE A CHE VEDERE CON L’OPPOSIZIONE BORGHESE CHE VA IN PIAZZA DI TANTO IN TANTO”…

Nicola Lombardozzi per "la Repubblica"

Qual è il colmo per un romanziere? Diventare famoso come eroe di un romanzo scritto da un altro. Eduard Limonov vive questa situazione diviso tra vanità e orgoglio ferito: «Chiedete a lui. È Carrère che ha fatto un libro su di me. Sulla mia vita, sul mio talento. Io su di lui cosa avrei potuto scrivere?».

E la parte del personaggio che si ribella all'autore gli riesce benissimo. Seduto a una scrivania di finto mogano, in una casa umida al terzo piano di una costruita negli anni Sessanta per i funzionari di partito di seconda fascia, fa di tutto per smentire le tesi della biografia più letta del momento: di Emmanuel Carrère appunto.

Se siamo venuti a cercare l'intellettuale maledetto, cinico e ribelle, allora abbiamo sbagliato. Indossa un giubbotto da sci per via del riscaldamento insufficiente e con l'aria preoccupata mi invita a pulire bene le scarpe dalla neve per non bagnare il logoro parquet riverniciato a mano color rosso sangue.

Limonov mette in evidenza tutte le lentezze e gli acciacchi dei settant'anni che compirà sabato prossimo. E continuerà per tutta l'intervista ad alternare due gesti: fissarsi timidamente le punta delle dita come uno studente impreparato, e lisciarsi il pizzetto alla Trotzky con l'autocompiacimento di chi si sente «un personaggio unico». Ma via via il personaggio di Carrère torna fuori da solo con un'unica piccola concessione a un sogno un po' infantile: «Mi piacerebbe che facessero un film su di me. Tarantino
sarebbe l'ideale».

I suoi romanzi sono universalmente apprezzati, ma deve ammettere che lei non è mai stato così famoso come oggi.
«Sono contento per Carrère, starà facendo un sacco di soldi. Ha costruito un mito e lo ringrazio. Ma mi raccomando: non è tutto vero, il mito non deve essere mai autentico».

Che fa, rinnega le parti più scabrose? Per esempio quella in cui sodomizza sua moglie sulla colonna sonora di un discorso di Solgenitsin? Oppure quando si fa possedere da un ragazzo di colore a Central Park?
«Carrère ha saccheggiato i miei libri. Ha riportato cose che avevo scritto io in prima persona, ma sotto pseudonimo. Io mi chiamo Savenko. Limonov è un nome d'arte e di battaglia».

Dunque sono tutte invenzioni?
«Ripeto: sono i miei libri. Ci sono cose che ho fatto, cose che avrei solo voluto fare e cose che forse non avrei fatto mai. Ma non vi dirò mai quali. Limonov è come l'Henry Chinasky
di Bukowski».

Ecco tre giudizi tratti dalle innumerevoli critiche a Limonov: "Un fascista", "Un genio assoluto", "Un perfetto stronzo". Quale le sembra più corretta?
«Bellissime tutte e tre, ma assieme. Separate non vale».

Dal teppismo giovanile alla fuga in America fino alla formazione del partito nazionalbolscevico. Il suo personaggio è roso dall'ambizione del successo. Lo ha raggiunto, infine?
«Il successo che cercavo non era quello del denaro o dei premi letterari. Volevo una vita di questo genere. L'ho avuta. E non è ancora finita».

Carrère le fa dire: "Una vita di merda".
«Questo lo pensa lui che è un borghese. Io sono fiero di non essere finito come tanti miei coetanei persi nell'alcol in una periferia di fabbriche e discariche».

Vede che anche lei prova pietà, per i mediocri, per i falliti?
«No, la pietà non serve a nessuno. E io non la provo per nessuno. Nemmeno per me stesso. Odierei chi mostrasse di provare pietà per me».

Nel libro lei quasi esulta per la notizia che il bambino dei vicini sta per morire di cancro. È davvero tanto cinico?
«Ricordo bene, dissi che la morte non risparmia nemmeno i figli dei ricchi. Non è forse vero? Sono un cinico nel senso che il cinismo è il livello estremo del realismo».

C'è un'altra sua sparata che inquieta il lettore: "Bisogna impostare la propria vita sulla ostilità di tutti quelli che ci circondano".
«Verissimo. L'ho imparato già dai compagni di scuola. La lotta tra gli individui è naturale. Si cerca la supremazia su ogni cosa. Dalla merendina alla donna, al potere. Anche ora
sono odiato».

Da chi?
«Dai miei coetanei. Mi odiano perché ho vissuto così, perché ho fatto scelte che loro non hanno avuto il coraggio di fare. Perché scrivo bene. Io credo che come non esiste profeta in patria, non può esistere un profeta della propria generazione. I giovani mi ammirano, sperano di imitarmi. Ma quelli che hanno avuto lo stesso tempo a disposizione e lo hanno usato male sono lividi di invidia».

Neanche lei è stato tenero con i suoi contemporanei. Sembra che faccia apposta a scegliere come idoli personaggi negativi e denigrare miti universali. Cominciamo dai suoi colleghi. Il Nobel Iosif Brodskij?
«Poeta sopravvalutato, abile manager di se stesso»

Sergej Bulgakov?
«Ripugnante razzista sociale e nemico della classe operaia come dimostra Cuore di cane.
Reso famoso da un'operina piatta e senz'anima come Il Maestro e Margherita».

Evgenij Evtushenko?
«Mediocre poeta e uomo molto meschino. Ve lo assicuro».

Boris Akunin?
«Scrittore quello? Non scherziamo».

Aleksandr Solgenitsyn?
«Poveretto. Ha assistito con la fine dell'Urss alla fine di tutto quello che aveva scritto. Adesso la gente non legge più quella roba. Preferisce i miei libri che parlano di problemi universali, eterni, come il conflitto con se stessi, l'amore, l'odio».

È vero che disse no a Lawrence Ferlinghetti, il poeta-editore della beat generation che voleva pubblicare il suo primo romanzo, Io Edicka?
«Sì. Mi chiese di scopiazzare un finale da Taxi Driver. L'eroe, cioè io, avrebbe dovuto uccidere un personaggio famoso come De Niro nel film. Devo dire che è una di quelle cose che ogni tanto ho pensato di fare. Ma non mi andava di scriverla».

Passiamo ai politici. Ha detto che Gorbaciov andrebbe ghigliottinato. E poi è stato amico di un criminale di guerra come Karadzic. Conferma?
«Ghigliottina o fucilazione, scegliete voi. Gorbaciov meriterebbe di essere punito per quello che ha fatto lasciando sgretolare un impero e facendoci perdere la dignità. Quanto a Karadzic era un uomo mite e colto, sono fiero di essere stato suo amico. Un giorno sarete costretti a rivalutarlo».

Anche il boia Zeljko Arkan?
«Ho combattuto al suo fianco. Aveva un passato criminale ma era un guerriero che lottava per la sua patria».

Carrère teme che nella ex Jugoslavia lei abbia sparato sui civili.
«Mai. Gente in divisa ne ho vista cadere mentre sparavo. In guerra è così».

Adesso sembra di vedere il Limonov leader del semiclandestino partito nazionalbolscevico. A proposito, perché un nome così contraddittorio?
«Marketing. Serve solo ad attirare l'attenzione e a risvegliare antiche energie. Siamo un partito di duri contro uno stato poliziesco. Niente a che vedere con l'opposizione borghese che va in piazza di tanto in tanto».

Ma ha ancora un senso avere nostalgia dell'Urss?
«Macché nostalgia! L'Urss per i russi è come la Roma imperiale per l'Occidente. Nessuno pensa a ricostruirla così com'era. Ma vogliamo che rimanga oggetto della nostra fierezza storica. Un'ispirazione da non perdere».

Per questo obiettivo ha smesso di scrivere romanzi?
«Non ne scrivo più dal 1990. E forse non ne ho scritti mai. In America i miei libri uscivano con la dicitura fictional biography. Il romanzo inteso come una storia del tutto inventata non ha più senso. Roba dell'Ottocento. È come l'opera lirica, la danza classica, la pittura figurativa. I capolavori passati restano. Ma fare opere nuove è ridicolo. Meglio i saggi. I verbali. Le storie vere, magari un po' "migliorate". Lo dico io, ma lo sanno bene gli editori. Il successo di Carrère ne è un esempio».

Successo di Carrère ma anche di Limonov. Non le pare?
«Diciamo che lui ha spiegato Limonov ai borghesi. Speriamo capiscano».

 

 

LIMONOV NELLA PIAZZA ROSSA LIMONOV CON TANJA A NEW YORK NEL LIMONOV A PROCESSO NEL LIMONOV ALLUSCITA DAL CARCERE LIMONOV AD UN CORTEO COPERTINA DEL LIBRO DI CARRERE SU LIMONOV jpegLIMONOV A PARIGI NEL ottantatre EDUARD LIMONOV NEL novantadue limonov eduard

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)

donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - LA DUCETTA IN VERSIONE COMBAT, DIMENTICATELA: LA GIORGIA CHE VOLERA' DOMANI A WASHINGTON E' UNA PREMIER IMPAURITA, INTENTA A PARARSI IL SEDERINO PIGOLANDO DI ''INSIDIE'' E "MOMENTI DIFFICILI" - IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E' TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI - PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO? DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E' DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE (ANCHE PERCHE' IL DAZISMO VA A SVUOTARE LE TASCHE ANCHE DEI SUOI ELETTORI) - L'INCONTRO CON TRUMP E' UN'INCOGNITA 1-2-X, DOVE PUO' SUCCEDERE TUTTO: PUO' TORNARE CON UN PUGNO DI MOSCHE IN MANO, OPPURE LEGNATA COME ZELENSKY O MAGARI  RICOPERTA DI BACI E LODI...

agostino scornajenchi stefano venier giovanbattista fazzolari snam

SNAM! SNAM! LA COMPETENZA NON SERVE - ALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ DI CDP, CHE SI OCCUPA DI STOCCAGGIO E RIGASSIFICAZIONE DEL GAS NATURALE, SARÀ UN MANAGER CHE HA SEMPRE RICOPERTO IL RUOLO DI DIRETTORE FINANZIARIO, AGOSTINO SCORNAJENCHI – MA DAL GAS ALLA FIAMMA, SI SA, IL PASSO È BREVE: A PROMUOVERE LA NOMINA È INTERVENUTO QUELLO ZOCCOLO DURO E PURO DI FRATELLI D’ITALIA, GIÀ MSI E AN, CHE FA RIFERIMENTO A FAZZOLARI. E A NULLA È VALSO IL NO DELLA LEGA - LA MANCATA RICONFERMA DI STEFANO VENIER, NOMINATO 3 ANNI FA DAL GOVERNO DRAGHI, È ARRIVATA PROPRIO NEL GIORNO IN CUI STANDARD & POOR HA PROMOSSO IL RATING DELLA SNAM…

veneto luca zaia matteo salvini giorgia meloni elly schlein giuseppe conte

DAGOREPORT – SCAZZO DOPO SCAZZO, IL BIG BANG PER IL CENTRODESTRA SARÀ IN AUTUNNO, CON LE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA, TOSCANA, PUGLIA E MARCHE – SE ZAIA E LA SUA LIGA VENETA SI PRESENTASSERO DA SOLI, SPACCHETTEREBBERO IL VOTO DI DESTRA RENDENDO LA REGIONE CONTENDIBILE: BASTEREBBE SOLO CHE PD E M5S SMETTESSERO DI FARE GLI EGO-STRONZI E CONVERGESSERO SU UN CANDIDATO “CIVICO” (COME DAMIANO TOMMASI A VERONA NEL 2022) – LA PROPOSTA DI MELONI AL "TRUCE" MATTEO: FDI È DISPOSTA A LASCIARE IL VENETO ALLA LEGA, MA A QUEL PUNTO LA REGIONE LOMBARDIA TOCCA A NOI (A FORZA ITALIA, IL SINDACO DI MILANO) - SE SALVINI SI IMPUNTA? S'ATTACCA! E FRATELLI D'ITALIA SI PRENDE TUTTO (MA LE CONSEGUENZE SULLA MAGGIORANZA POTREBBERO ESSERE FATALI PER IL PRIMO GOVERNO MELONI…)

donald trump dazi tadazi

DAGOREPORT – LO STOP DI TRE MESI AI DAZI NON SALVERA' IL CULONE DI TRUMP: PER I MERCATI FINANZIARI L’INSTABILITÀ ECONOMICA È PEGGIO DELLA PESTE, E DONALD HA ORMAI ADDOSSO IL MARCHIO DELL’AGENTE DEL CAOS – I FONDI ISTITUZIONALI EUROPEI ABBANDONANO GLI INVESTIMENTI IN SOCIETA' AMERICANE, IL DOLLARO SCENDE, IL RENDIMENTO DEI BOND USA SI IMPENNA, LE AZIENDE CHE PRODUCONO TRA CINA E VIETNAM RISCHIANO DI SALTARE (TRUMP HA SALVATO APPLE MA NON NIKE) - PER QUESTO IL CALIGOLA COL CIUFFO HA RINCULATO SUI DAZI (CINA ESCLUSA) - MA LO STOP DI TRE MESI NON È SERVITO A TRANQUILLIZZARE I POTERI FORTI GLOBALI, CON IL DRAGONE DI XI JINPING CHE RISPONDE DURO ALLE TARIFFE USA A COLPI DI "DUMPING": ABBASSANDO IL COSTO DEI PRODOTTI CHE NON ESPORTA PIU' IN USA (COMPRESO L'EXPORT DELLE RISORSE DELLE TERRE RARE, STRATEGICO PER LE MULTINAZIONALI HI-TECH) – SONDAGGI IN PICCHIATA PER TRUMP: IL 60% DEGLI AMERICANI POSSIEDE AZIONI TRAMITE I FONDI PENSIONE...

gianfranco zinzilli silvia calandrelli giampaolo rossi rai

FLASH - GRANDE INCAZZATURA NEL CENTRODESTRA, IN PARTICOLARE TRA I FRATELLINI D’ITALIA: TRA OGGI E DOMANI IN RAI DEVONO DECIDERE IL PRESIDENTE DI RAI PUBBLICITÀ E L’AD ROSSI VUOLE NOMINARE SILVIA CALANDRELLI, IN QUOTA PD, COME PRESIDENTE  DELLA CASSAFORTE PUBBLICITARIA DELLA RAI (IL FILOSOFO DI COLLE OPPIO LE AVEVA PROPOSTO LA DIREZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ, MA LEI HA RIFIUTATO) - LA LEGA VORREBBE PIAZZARE GIANFRANCO ZINZILLI, ATTUALMENTE VICE DIRETTORE VICARIO DELLA DIREZIONE OFFERTA ESTERO RAI ITALIA...