HOLLYWOOD REVOLUTION - LE MAJOR VOGLIONO METTERE ONLINE I TITOLI POCHE SETTIMANE DOPO L’USCITA, ALCUNE IN CONTEMPORANEA, E VANNO ALLA GUERRA CON GLI ESERCENTI, CHE TEMONO LA FUGA DALLE SALE (GIÀ IN CORSO) - ‘VARIETY’: ORMAI I PRODUTTORI SONO DEI MICROBI DENTRO GROSSI GRUPPI CHE GUADAGNANO VENDENDO RETE E CONTENUTI
L’INCHIESTA DI COPERTINA DI ‘VARIETY’: UNIVERSAL È IN MANO A COMCAST, TIME WARNER POTREBBE ANDARE AD AT&T. LE MAJOR ORMAI SONO MINUSCOLE VOCI DI BILANCIO ALL’INTERNO DI GIGANTI DELLA COMUNICAZIONE, CHE INCASSANO MOLTO DI PIÙ OFFRENDO RETE E CONTENUTI CHE DAI FILM IN SALA (DA SEMPRE, PER RAGIONI DI BILANCIO, I PRODUTTORI CERCANO DI REGISTRARE MENO UTILI POSSIBILE)
FILM SUBITO IN STREAMING HOLLYWOOD SFIDA I CINEMA
Filippo Santelli per la Repubblica
Quel primo di ottobre i negozi di videocassette restarono aperti fino all' alba. Titanic era uscito nelle sale dieci mesi prima, a gennaio, ma gli italiani non vedevano l' ora di accaparrarsi la prima copia in Vhs.
Infilarla nel registratore per guardare o riguardare Leonardo di Caprio affondare tra i ghiacci. Nel 1998 eravamo disposti a aspettare: colossal del genere erano una rarità. Oggi, nell' epoca dei film e delle serie on demand, di Netflix e YouTube, tutto ovunque e subito, non funziona più. Ecco perché ora le "vecchie" major vogliono scardinare un pilastro decennale dell' industria cinematografica. Le "window", le finestre per cui un titolo viene distribuito per il consumo domestico, in streaming o Dvd, solo mesi dopo l' uscita al cinema. Attesa che vorrebbero tagliare a poche settimane.
al cinema col tablet hollywood sala cinematografica
Resta solo da piegare la resistenza delle sale, che finora si sono sempre messe di traverso. Ma stavolta le varie Warner Bros, 20th Century Fox e Universal, a sentire le indiscrezioni raccolte dal Wall Street Journal, fanno sul serio. L' ipotesi è ridurre la finestra di esclusiva per il grande schermo a meno di 45 giorni, dagli attuali 90. Il film sarebbe offerto on demand a un prezzo maggiorato, tra i 30 e i 50 dollari, riservando ai cinema parte dell' incasso.
La classica carota, ma c' è chi pensa di tirare dritto anche in mancanza di accordo. Con effetti dirompenti dagli Usa all' Italia, dove un' intesa non scritta tra distributori e sale garantisce una finestra di 105 giorni.
«Quello attuale è un sistema pensato per un' epoca senza Internet, per la preistoria», dice Andrea Occhipinti, distributore con la sua Lucky Red e dirigente di Anica. «Va cambiato, perché i modelli di consumo non sono più quelli di una volta ». Da qualche anno ormai il ciclo di vita (e d' affari) dei film è evoluto. Le vendite di Dvd contano sempre meno, sempre di più gli spettatori on demand e i passaggi sulle Pay Tv, che però in un turbinare di offerta di intrattenimento vanno il più possibile al traino della proiezione in sala. Dopo qualche mese un titolo è bello che dimenticato.
Senza contare che tempi più brevi riducono il rischio pirateria.
Ora però anche altre novità spingono in direzione del cambiamento, contribuendo ad ammorbidire l' ostilità dei cinema.
Il primo è l' aggressività dei nuovi campioni digitali, forti di contenuti originali. Netflix ha rilasciato i suoi primi film in contemporanea nelle sale e per gli abbonati, e così farà con gli annunciati blockbuster targati Martin Scorsese e Adam Sandler. Amazon, pluripremiata per il suo Manchester by the Sea, finora ha rispettato le finestre, ma per quanto? Nel frattempo i vari operatori del settore sono sempre più integrati in verticale. Il colosso della telefonia At&t ha comprato Time Warner.
Emittenti come Hbo e Sky investono in film e serie. La catena di cinema Uci (seconda in Italia per numero di schermi) è finita in pancia ai cinesi di Wanda, che hanno allungato i tentacoli su diversi studios di Hollywood.
Certo per chi di mestiere gestisce sale, dai multiplex ai piccoli schermi d' essai, la riduzione della finestra suona come una minaccia. L' Anec, l' associazione italiana degli esercenti, ha sempre detto che le "window" vanno rispettate.
Pochissimi film restano in cartellone cento giorni, ma gli appassionati potrebbero essere disincentivati dal pagare un biglietto per una pellicola che potranno acquistare poche settimane dopo dal tv di casa.
Basterà la spartizione dei ricavi a convincerli? Molto dipende da che percentuale intascherebbero (nelle ipotesi oscilla tra il 10 e il 20%), per quanto tempo e su quali titoli. Ogni pellicola è diversa dall' altra. Film come Star Wars vivono bene anche con le attuali finestre, reggono a lungo al botteghino e vendono ancora parecchi Dvd.
Non a caso la casa madre Disney è una delle più morbide nella trattativa. Altre come Universal invece vorrebbero strappare, tagliando la window a meno di venti giorni e abbassando anche il prezzo della fruizione domestica. A 20 dollari sarebbe concorrenza aperta con i cinema.
Le major non possono accordarsi tra loro, pena un intervento dell' Antitrust. Ma se dovessero muoversi insieme le sale si troverebbero di fronte a un ultimatum: perdere una bella fetta del loro catalogo oppure accettare il cambiamento.
Reinventarsi anche loro, magari, contrapponendo alla comodità del divano il fascino della sala buia. Gli italiani lo sentono ancora: nel 2016, complice il fenomeno Zalone, i biglietti venduti sono cresciuti del 6%, gli incassi quasi del 4%. La fortuna di un film, per ora, si fa ancora al botteghino.
fila per checco zalone al salone del libro