1. AL MERLO DELLA “REPUBBLICA” STA SULLE PALLE BEPPE GRILLO. PECCATO CHE PER ESPRIMERE QUESTA SUA LEGITTIMA RIFLESSIONE, TIRI IN BALLO I GOLIARDICI NOMIGNOLI GRILLESCHI, METTENDO IN MEZZO ANCHE DAGOSPIA, COME “IL RE DEI NOMI STORPIATI” 2. SAREBBE GIOCO FACILE RICORDARE AL MERLO CHE IL MAGAZINE DI FAMIGLIA, L’”ESPRESSO”, TITOLÒ “CICCIOBELLO” UNA COPERTINA SULL’EX SINDACO DI ROMA, FRANCESCO RUTELLI. E CHE SU QUEL SETTIMANALE, DIRETTO A LUNGO DA EUGENIO SCALFARI, IL SATIRO DELLA CRITICA TELEVISIVA, IL GENIALE SERGIO SAVIANE, S’INVENTÒ NOMIGNOLI (E STORPIATURE DI NOMI) A IOSA PER SBEFFEGGIARE LO ZOO DEI MEZZIBUSTI DELLA RAI 3. E TRAVAGLIO AGGIUNGE: “MICHELE SERRA SUL SETTIMANALE ‘’CUORE’’ CONIÒ “BOTTINO CRAXI”, “CRAXITUSTRA”, “NANO RIDENS” E POLITICI CON “LA FACCIA COME IL CULO”. FORTEBRACCIO, SAVIANE, BENIGNI E SERRA: TUTTI FASCISTONI A LORO INSAPUTA? OPPURE, PIÙ SEMPLICEMENTE, MERLO È DI CATTIVO UMORE O HA MANGIATO PESANTE?”

1- DAGOREPORT
Al Merlo sta sulle palle Beppe Grillo.
Possiamo rassicurarlo, è in buona compagnia.
Peccato che per esprimere questa sua riflessione accidiosa, occupi un'intera pagina della "Repubblica" del lunedì finendo per renderci meno antipatico e arrogante l'arruffapopoli del Movimento 5 Stelle.
Già, bastavano poche righe per dire che Grillo è un rompicoglioni invasato e impertinente, senza tediare il consumatore della carta stampata.

Così, nella sua ira tempestosa contro l'ex comico genovese, che farebbe la sua sporca figura in una antologia barocca del tardo seicento, Merlo non solo ci porta a simpatizzare con Grillo ma si complica pure la vita scivolando su citazioni del suo amatissimo Lando Buzzanca o, all'insaputa stavolta dei lettori, dell'illustre pensatore Isaiah Berlin ("il legno sorto dell'umanità").

E pattina sul ghiaccio insidioso della querelle non soltanto al momento di affrontare i riferimenti culturali.
Nel fare le inutili bucce (polemiche) a Grillo, al Merlo della "Repubblica" non chiedete al Merlo della "Repubblica" di confrontarsi con le pagine del suo quotidiano, diretto dall'eccellente Ezio Mauro. Oppure tenere conto della storia della produzione editoriale del gruppo guidato da Carlo Caracciolo e dall'ing. Caro De Benedetti.
"Minchiate", risponderebbe Merlo facendo spallucce.

Lui i giornali, inclusa "la Repubblica", non li legge perché troppo occupato a rimirarsi l'Io infallibile.
Dunque, sarebbe gioco facile ricordare al Merlo che il magazine di famiglia, l'"Espresso", titolò "Cicciobello" una copertina sull'ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli. E che su quel settimanale, diretto a lungo dal "fondatore" Eugenio Scalfari, il satiro della critica televisiva, il geniale Sergio Saviane, s'inventò nomignoli (e storpiature di nomi) a iosa per sbeffeggiare lo zoo dei mezzibusti della Rai.

"Minchiate", ovviamente, per il Merlo della "Repubblica".
A suo giudizio, ovviamente inappellabile, "sciancare" i nomi degli avversari fa parte soltanto di una tecnica antica della destra fascista.
Peccato per il Merlo della "Repubblica", che tra i primi a usare l'arma sferzante del nomignolo nella contesa politica fu Dante. 

E sarebbe altrettanto da "minchioni" rammentare al Merlo della "Repubblica" che la vittima ultima della "gogna" per mezzo di storpiatura del nome, è stato Silvio Berlusconi. Ma di quella "pattumiera del risentimento" che per vent'anni ha scandito la vita politica italiana, il Brancati accidioso di largo Fochetti non ha sentito il puzzo.

Alla fine, l'intemerata del Merlo della "Repubblica" contro quel brutto, sporco e cattivo di Grillo rivela soltanto tutta l'invidia che oggi pervade i misirizzi della politica "dell'antipolitica" che oggi si sono visti scalzati dal comico genoano: da Pappagone-Di Pietro ai Gabibbo alle vongole del "Corriere della Sera", Stella&Rizzo. Tutti mutati d'incanto dal capocomico Beppe Grillo in clown perplessi e tristi sotto tenda del circo (politico).

Già, il "fattore G", che il conterraneo del Merlo della "Repubblica", Leonardo Sciascia, avrebbe liquidato con questa battuta: "...l'Italia è fatta di tanti personaggi simpatici cui bisognerebbe tagliare la testa".

2. MERLO, PARLANDO CON PARDON
Marco Travaglio per Il Fatto

C'era una volta un giornalista spiritoso e corrosivo, magari un po' barocco, ma sempre controcorrente, provocatorio, sorprendente, mai scontato, un talento satirico naturale. Si chiamava Francesco Merlo. Poi dev'essergli successo qualcosa, a parte il trasloco dal Corriere a Repubblica. E ha cambiato strumento di lavoro: al posto della penna intinta nel curaro, l'estintore che spruzza schiuma ignifuga.

È diventato un pompierino polveroso, un tutore del politicamente corretto, un monsignor Della Casa delle buone maniere, un linosotis del bon ton. Ieri ha scritto su Repubblica un'intera pagina col ditino alzato contro i terribili rischi che corre l'Italia a causa della "gogna" allestita da Grillo e dalla sua "setta".

I quali - horribile dictu - "storpiano i nomi". E giù una lista di nomignoli che dovrebbero indignare i lettori, mentre naturalmente li rallegrano: "Napolitano è Morfeo, Monti è Rigor Montis, la Fornero è Frignero, Veronesi è Cancronesi, Bersani è Gargamella, Formigoni è Forminchioni", per non parlare di "Fazio Strazio" e "Azzurro Caltagirone" (cioè Casini). Mancano Psiconano, Testa d'Asfalto, Pisapippa.

C'è invece, con notevole salto logico, un'antologia dei peggiori commenti tratti dal blog di Grillo. C'è chi insulta Lerner in quanto ebreo (orrore subito rimosso dallo staff di Grillo, ma questo non viene detto), chi ce l'ha con la grande finanza, con l'America, con Israele e chi addirittura "odia i treni" e preferisce le bici o vorrebbe "la banda larga" (la gravità eversiva di queste due ultime posizioni non sfuggirà ai più).

Il giochino è tanto facile quanto truffaldino: in ogni social network, non solo in quelli grillini, si trovano commenti volgari, eversivi, complottisti, razzisti, nazisti, stalinisti, antisemiti. Il web, proprio perché immediato e incontrollato, è anche questo: qualcuno l'ha paragonato alle pareti dei cessi pubblici. Ma che c'entrano con tutto ciò i soprannomi e le battutacce di Grillo?

Lo capiscono tutti che è un linguaggio figlio della pasquinata, della goliardia, della commedia dell'arte. Invece, per Monsignor Merlo, "il nome storpiato è una tecnica antica della destra italiana", ma anche di Fede e financo di Dagospia, che con la destra e la sinistra c'entra come i cavoli a merenda.

Dunque Grillo è un fascistone che "brucia simbolicamente il nemico", ma anche un brigatista rosso, visto che emette "comunicati con la numerazione progressiva, come le Br". Un emulo di Gheddafi. E persino un "erede del giornalismo berlusconiano: disprezzo, insulto, gogna, neppure una parola ispirata alla vera carità".

Però. È un vero peccato che non sia più fra noi Mario Melloni in arte Fortebraccio, comunista così (con due pugni alzati): quello che nei suoi corsivi quotidiani sulla seriosa Unità scorticava i "lorsignori" della Dc, del Psi, del Pli, ma soprattutto del Psdi con nomi più pittoreschi e scarnificanti, per non parlare di Ronchey ("l'Ingegnere" o "Sir Cavoretto"), Agnelli ("l'avvocato Basetta"), e l'eterno rivale Montanelli (fondatore del "Geniale").

Se n'è andato purtroppo anche Sergio Saviane, che sull'Espresso inventò non solo "mezzibusti" e le "frìtole", ma pure "Barbiellini Umidei", "Letta-Letta", "Topogigio Levi", "Al Capino Caracciolo", "Fenomeno Biagi" e "Benitocraxi". Per fortuna sono vivi Roberto Benigni, con le sue battute su B. basso e Ferrara grasso.

E Michele Serra, che sul settimanale Cuore coniò "Bottino Craxi", "Craxitustra", "Mario Seni", "Nano ridens" con "fratello scemo" al seguito e politici con "la faccia come il culo". Fortebraccio, Saviane, Benigni e Serra: tutti fascistoni (o brigatisti) a loro insaputa? Oppure, più semplicemente, Merlo è di cattivo umore o ha mangiato pesante?
Ps. Merlo non è un nome storpiato. Si chiama proprio così.

3. L'ARTICOLO DEL MERLO: INSULTI E NOMI STORPIATI LA GOGNA DI GRILLO
Francesco Merlo per "la Repubblica"

Napolitano è Morfeo, Monti è Rigor Montis, la Fornero è Frignero, Veronesi è Cancronesi, Bersani è Gargamella, Formigoni è Forminchioni. La setta ha un codice di riconoscimento che è fatto di nomi storpiati come Fabio Strazio, di soprannomi come Azzurro Caltagirone, di gogna per tutti: «Dopo che il M5S avrà vinto le elezioni, sono pronti un bel pigiama a righe e una palla al piede per tutti».

Ed è uno sfogatoio triste, la pattumiera del risentimento dove Gad Lerner diventa Gad Vermer e Gad Merder e «io non mi fiderei mai di uno con il naso adunco» e «lo spedirei a passeggiare per Gaza con la papalina da ebreo in testa». Ma Beppegrillo. it è anche la tribù antimoderna che odia i treni: «Le ferrovie sono confini per la natura, bisogna farne il meno possibile».

E non per tornare alla civiltà del cavallo ma alla bicicletta, sessanta milioni di biciclette «come i danesi» che sono trasfigurati in eroi del beppegrillismo, proprio come in passato le danesi furono le eroine di Lando Buzzanca: «In Danimarca i ministri girano in bicicletta, così come la gran parte della popolazione, indipendentemente dalle condizioni climatiche». La Danimarca per gli italiani è sempre stata l'altrove di tutte le corbellerie: è la nostra ‘Danimarca di fabbrica' canta il magico Paolo Poli. Ma il Manitù, l'Autostrada del Sole dell'Avvenire è la banda larga: «il nuovo rinascimento», «la democrazia diretta».

E si capisce la benevolenza degli ex colleghi di Grillo, di Mina e Celentano, dei comici e degli autori che gli scrissero i testi sin dai tempi di Fantastico e del viaggio di Craxi a Pechino: «Ma se in Cina sono tutti socialisti, a chi rubano?». Non si capisce invece come intellettuali e professionisti solitamente ragionevoli non ridano a crepapelle dinanzi alle profezie delfiche dell'ideologo Casaleggio, alla sua descrizione del nuovo ordine mondiale, chiamato Gaia, il governo planetario che sarà eletto dalla Rete il 14 agosto 2054, dopo la terza guerra mondiale e quando gli uomini sulla Terra saranno ridotti a un miliardo.

E' un messianesimo squinternato che Casaleggio illustra, ovviamente su Youtube, con un video raffazzonato che, tra tamburi, triangoli isosceli e materia cerebrale, annunzia «la fine delle religioni, delle ideologie, dei partiti ... e parodizza - credo inconsapevolmente - Campanella, il mito di Atlantide e Walt Disney.

Nel riassumere il cammino del mondo verso Gaia e la sua «Intelligenza Collettiva », Casaleggio insieme all'impero romano, al cristianesimo, alla rivoluzione francese mette il v-day del «famous italian comedian Beppe Grillo»: paranoie recitate nell'inglese del cretino cognitivo che rimandano all'ultimo romanzo di Umberto Eco, alle congiure, all'idea che si possa aggiustare il legno storto dell'umanità inseguendo cosmogonie, un po'come fece Licio Gelli che voleva anche lui nuove forme di democrazia ma senza truccare il web con sottigliezze ‘nerdy': solo in apparenza c'è il confronto, nei forum del portale del Movimento, tra i grillini e i loro capi che in realtà non dialogano ma controllano tutto ed emettono sentenze inappellabili.

Neppure le espulsioni sono state discusse con Grillo che non parla con nessuno, solo con le tv che vuole spegnere. Lo stesso dibattito tra militanti sparisce subito dal web. E la linea politica è fissata con i comunicati che il "famous comedian" mette in rete con la numerazione progressiva, come le Br. Ci sono i luoghi comuni di tutti gli estremila
di destra e di sinistra, degli ultimi 40 anni e un programma che prevede, alla voce Economia, perle come questa: «Disincentivi alle aziende che generano un danno sociale (es. distributori di acqua in bottiglia) ». Negli slogan rituali gli esodati sono «le pantere grigie», i partiti «zombie», i tecnici «vampiri», gli evasori fiscali «asini volanti», il Parlamento «una larva vuota», gi esattori di Equitalia «i piranha», le agenzie di rating «le parche della mitologia greca».

Giuliano Santoro nel suo bel libro Un Grillo qualunque (Castelvecchi), ricorda che il nome storpiato è una tecnica antica della destra italiana che «chiamava per esempio il padre costituente Piero Calamandrei ‘Caccamandrei' e l'azionista Luigi Salvatorelli era ‘Servitorelli'». Ed Emilio Fede durante il G8 di Genova nel 2010 «chiamava Luca Casarini e Vittorio Agnoletto Casarotto e Agnolini».

Aggiungo che il re dei nomi storpiati è Dagospia al cui linguaggio il grillismo deve moltissimo: la Santadeché, Luca di Monteprezzemolo, Pierfurby, Aledanno, Sergio Marpionne, Colao Meravigliao... Dino Risi raccontò alla giornalista del Corriere Angela Frenda che sul set del film "Scemo di guerra" Grillo rimase affascinato da Coluche, il comico francese che nel 1980 annunziò la candidatura alla presidenza della repubblica con lo slogan «tutti insieme a dargli in culo con Coluche».

I sondaggi gli assegnavano il 16 per cento ed era appoggiato da alcuni intellettuali di sinistra, tra cui Pierre Bourdieu, Alain Touraine e Gilles Deleuze. Disse Risi di Grillo: «Ha intuito che dire cose da bar è un'attività redditizia. Ed è più attore oggi che fa politica di quanto tentava di fare l'attore». Altro che ex comico.

Nessuna persona alfabetizzata pensa che davvero la Rete sia «la democrazia diretta che sostituirà quella rappresentativa». La democrazia è ancora «la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre». E tuttavia i grillini si appassionano all'idea che i candidati alle politiche «saranno scelti dai cittadini con il voto della Rete che è più democratico del televoto a Sanremo».

E però prima bisogna iscriversi al Movimento riempiendo un modulo che si scarica dal portale. E solo in ottobre Beppe Grillo ha comunicato che per votare non basta essere iscritti ma bisogna essere certificati, il che significa avere mandato per posta «entro il 30 settembre» allo stesso Grillo la fotocopia di un documento di identità valido. Sembra il famoso comma 22, quello che solo i pazzi possono andare in licenza, ma se vuoi andare in licenza vuol dire che non sei pazzo.

Quanti sono gli iscritti certificati che potranno votare i candidati? Grillo e Casaleggio ne custodiscono gli elenchi. Peggio dei "signori delle tessere" della Dc. Scrivono alcuni militanti nel forum del Piemonte: «Qui rischiamo uno sputtanamento planetario». D'altra parte per proporsi come candidati al Parlamento innanzitutto bisogna già essersi stati candidati in una lista «certificata da Beppe». I potenziali parlamentari hanno ricevuto una mail e, come ha fatto sapere lo staff (da chi è composto e dove lavora?), avevano tempo sino a ieri per decidere.

Nessuno saprà chi sono i prescelti finché i loro nomi non verranno messi al voto sul web dove faranno la loro campagna negli spazi che Grillo e Casaleggio concederanno: «Erano zucche e ne ho fatto parlamentari» disse Berlusconi con molta più sincerità. Come si vede la democrazia diretta è di nuovo una turlupinatura. Questa Rete di Grillo somiglia alla Demo-Karasy che Gheddafi venne a spiegare nella Roma di Berlusconi, il cavallo dei furbi dalle pessime azioni: perfidia del rais Grillo e l'ingenuità del militante grillino.

E tuttavia quando non ci sono le espulsioni e le epurazioni - per violazioni a uno Statuto che è chiamato, senza ironia, "Non Statuto" - il blog è noioso, con l'ossessione della terza guerra mondiale: «... a manovrare tutto sono ebrei americani e governo Israeliano», e «bomba o non bomba, arriveremo a Teheran ». Vengono richiamati in servizio i vecchi fantasmi, la k di Amerika e l'imperialismo anglosassone che resero più leggera la complicità intellettuale di tanti ragazzi con gli eroi dell'anticapitalismo, da Castro a Mao...

E poi il crollo, la crisi economica pilotata dai Bilderberg: «Banche e partiti sono gemelli siamesi ». Animalismo, ecologia, No Tav, «basta con l'Europa», «basta con l'euro», «basta con gli immigrati »: «un clandestino è per sempre», «vanno cacciati per il loro bene», «l'Italia usi i cacciabombardieri acquistati dagli Stati Uniti da La Russa e lanci i tunisini con il paracadute e un permesso di soggiorno valido su Parigi».

Pacifismo e atomica all'Iran, ecologismo e odio verso Israele, pansessualismo e antipartitocrazia, c'è un pezzo di Pannella storpiato e tutto il radicalismo immaginabile, ma sempre prepolitico: cattivo umore e irresponsabilità. E c'è l'eredità del giornalismo berlusconiano senza più mascherature: disprezzo, insulto, gogna, neppure una parola è ispirata alla vera carità. Non sembra un mondo giovanile ma un verminaio di vecchi verghiani che usano il turpiloquio come viagra.

Anche il sondaggio qui cessa di essere la sfera di cristallo berlusconiana e diventa sentenza che scimmiotta i tribunali popolari. Chi è stato il peggior presidente della Repubblica? Napolitano. Aboliremo le Regioni? Sì. E i senatori a vita? Sì. E poiché bisogna bruciare simbolicamente il nemico si precisa l'età di ciascun senatore: vanno aboliti perché sono vecchi, «basta con i rimbambiti ». E ogni volta che si spegne la tv si accende un rogo: « I giornalisti sono o indipendenti (pochi, eroici e spesso emarginati) o schiavi (tantissimi, sfruttati e pagati 5/10/20 euro a pezzo) o Grandi Trombettieri del Sistema, nominati in posizioni di comando dai partiti».

Da questa premessa si arriva a un programma che sembra sovietico ma è soltanto mattoide: «Nessun quotidiano e nessun canale tv con copertura nazionale possono essere posseduti a maggioranza da un soggetto privato, l'azionariato deve essere diffuso con proprietà massima del 10 per cento».

Se la politica fosse appena normale dovremmo preoccuparci solo per loro, per la salute di Grillo e Casaleggio, che sognano l'Italia come una sottoumanità, la presa del potere delle creature di Hieronymus Bosch. Ho contato 17.300 basta! 9940 culo, 9090 cazzo, 8130 merda, 7610 computer, 4720 consumatori. E 4350 nazismo o nazisti, 2710 Hitler. La prima cosa che mi hanno insegnato i miei maestri informatici è la legge di Godwin: in ogni dibattito sulla rete è inevitabile che compaiano le parole Hitler e nazismo. Ma quando arrivano vuol dire che tutto è già degenerato, peggio che finito.

 

 

 

francesco merlo BEPPE GRILLO NUOTA NELLO STRETTO DI MESSINA FRANCESCO MERLOsaviane cavANTONIO DI PIETRO DURANTE UN COMIZIO jpegANTONIO DI PIETRO ITALIA DEI VALORI jpegmarco travaglio GIORGIO NAPOLITANO E MARIO MONTIELSA FORNERO IN LACRIME ROBERTO D'AGOSTINOemilio fede MICHELE SERRAMario Melloni GAD LERNER E SIGNORA PAOLO POLI Mina e Adriano Celentano cover grillo qualunque dino risi Coluche Grillo

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