1. METTIAMOCI DENTRO TUTTO. MA PROPRIO TUTTO NEL MEGLIO/PEGGIO DEL CINEMA 2013 2. LA SUPERLESBICATA IN “LA VIE D’ADÉLE” CI LIBERA DI DECINE DI FILM LESBO CON LE BAFFONE TRISTI E ANTIPATICHE. E’ BELLISSIMO “VENERE IN PELLICCIA” DI POLANSKI, SUL RIBALTAMENTO FRA I RUOLI DI MASCHIO E FEMMINA. ERANO DAVVERO ANNI CHE WOODY ALLEN NON SFORNAVA UN FILM COSÌ RIUSCITO COME “BLUE JASMINE” E NON OFFRIVA A UN’ATTRICE UN RUOLO FORTE COME QUELLO DATO A CATE BLANCHETT, GIÀ PRONTA PER L’OSCAR 2. LA PRIMA PARTE DI “LA MAFIA UCCIDE SOLO D’ESTATE”, DAVVERO NOTEVOLE FILM D’ESORDIO DI PIF, UNA DELLE SORPRESE DELL’ANNO. IL ‘’SACRO GRA’’ RACCONTATO DA GIANFRANCO ROSI COME FOSSE ABITATO DA DECINE DI MARIO BREGA TRIONFATORE A VENEZIA 3. NON ABBIAMO ANCORA SMALTITO LA CAMMINATA NEL CAFONAL ROMANO DI JEP GAMBARDELLA IN “LA GRANDE BELLEZZA” DI PAOLO SORRENTINO. E’ UN FILM CHE RAPPRESENTA LE TERRIBILE PAGINE CULTURALI DI “REPUBBLICA” NON LA CULTURA, LA STORIA E LA BELLEZZA DI UNA CITTÀ PUR MALATA E DEPRESSA E STRACAFONAL COME ROMA

Marco Giusti per Dagospia

Mettiamoci dentro tutto. Ma proprio tutto. Ormai non c'è nemmeno più da dividere tra meglio e peggio, alto e peggio, dribblare con l'ottica stracult. Conta solo l'effetto dirompente. Così possiamo unire la desolazione di Smaug chiuso nella grotta piena d'oro dei nani, uno dei migliori pezzi di cinema dell'anno, e quella di Silvio il giorno della sua decadenza di fronte a una folle di vecchi che sfiatavano veleno, una delle peggiori pagine televisive dell'anno. Con la speranza che stavolta non torni più.

O l'arrivo di Beppe Grillo a Piazza San Giovanni al grido di "Arrendetevi! Siete circondati!" e i 51 milioni di Checco Zalone con la geniale battuta sui comunisti che ribalta vent'anni di propaganda forzitaliota: "Papà ma se un giorno ti decissi che sono... omosessuale"-"Avevo paura mi dicessi comunista!". Alla faccia di Brunetta che lo assolda tra i forzisti della prim'ora.

Per non parlare della superlesbicata di Adéle Exarkopoulos e Léa Seydoux in "La vie d'Adéle" di Abdellatif Kekiche che trionfa a Cannes davanti ai critici vecchi e barbuti e ci libera di decine e decine di film lesbo con le baffone tristi e antipatiche e delle grandi superfrociate viste ancora a Cannes: la coppia Michael Douglas-Matt Damon nel fondamentale "Dietro i candelabri" di Steven Soderbergh, meglio di Paolo Limiti e Floradora, che ci raccontano la vita e gli amori di Liberace, la comunità gaia di provincia che prende il sole con le palle all'aria nel favoloso "Lo sconosciuto del lago" di Alain Guiraudie, il film più libero dell'anno, con tanto di pipparolo con l'oggetto sempre in mano tipo Pongo dentro a un paio di oscene mutande.

Segnaliamo anche l'arrivo di Papa Francesco assieme all'arrivo del gaissimo film di Pedro Almodovar, "Gli amanti passeggeri" con piloti e steward scatenati: "Voi coppie gay, come siete etero!" e il trionfo del pompino in volo. Grande commedia e grande metafora della Spagna in piena crisi dentro un'Europa ancora malata. Noi stiamo meglio? Ma quando mai?!

Mettiamoci anche le scorregge youtubbistiche di Frank Matano che trionfano nel film di Paolino Ruffini, "Fuga di cervelli", altra opera prima di successo e i mal di pancia dei giovani ricchi e annoiati come si vedono nel piuttosto imbarazzante "Nina" di Elisa Fuksas, con Ernesto Mahieux che fa il grafologo, trash purissimo.

Il film di Moccia, flop dell'anno si dice, non l'ho visto. Ma non è molto meglio "Amiche da morire" di Giorgia Farina, il film più appoggiato dell'anno. Trionfo di nomination ovunque. O il disastroso "Ci vuole un fisico bestiale" di Sophie Chiarello che doveva essere l'incoronazione da superstar della brava Angela Finocchiaro. Si salvano Elio come ex marito mollusco e una battuta: "Agli uomini si fa prima a dargliela che a spiegargliela".

Decisamente meglio allora "Viaggio sola" di Maria Sole Tognazzi con Margherita Buy, film di viaggio per quarantenni che preferiscono star da sole che trovarsi uno straccio di uomo inutile per metter su famiglia. Almeno è un film sincero. Renzo Martinelli, il regista del "Barbarossa" leghista con Bossi quasi attore inserito come una figurina Mio, si ritrova in mano un imbarazzante pamphlet anti-mussulmano come "11 settembre 1683" quando ormai la Lega che lo aveva protetto e difeso si è dissolta grazie a Belsito e alla Trota Family. Nessuno vedrà il suo film, che pure vanta momenti di culto. Come la battuta "Tra il mio cuore e la fede ho scelto la fede. E' questo che divide noi musulmani da voi occidentali".

Non scorderei neanche Jerzy Skolimowski attore che recita accanto a Matteo Branciamore dei Cesaroni. Di "Tutti contro tutti", non riuscito film d'esordio di Rolando Ravello, dove non si capisce come lo stesso Ravello possa essere sposato con la bellissima Kasia Smutmiak, salvo il nonno Bombolesco di Stefano Altieri e il parolacciume romanesco: "Attaccati al cornicione del cazzo", "Porcoddue".

Salvo tutta la prima parte di "La mafia uccide solo d'estate", davvero notevole film d'esordio di Pif, una delle sorprese dell'anno. La sua storia dell'Italia negli anni dei grandi omicidi di mafia è meglio di un articolo di Marco Travaglio. Lo stesso Travaglio fa Travaglio nel curioso, ma sbagliatissimo "Passione sinistra" di Marco Ponti, che tenta la chiave del film politico sul nuovo Pd romano piacione.

Non possiamo certo scordare il Sacro Gra raccontato da Gianfranco Rosi come fosse abitato da decine di Mario Brega che ha sfondato il Festival di Venezia battendo film forti come "Gravity" (lo so che non era in concorso) e "Philomena", mentre la nostra Elena Cotta, che dice una sola battuta in "Via Castellana Bandiera" di Emma Dante, ruba la scena e la Coppa Volpi alla buzzicona blasonata Judi Dench di "Philomena".

Vergogna o orgoglio nazionale? A me sta bene. La Dench ha già vinto tanto. Piuttosto, come vi era sembrato il film di Emma Dante? Non ve lo ricordate granché, vero? Beh, non era un capolavoro, anche se piaceva a Tatti Sanguineti, ma era certo più vivo e sanguigno di "L'intrepido" di Gianni Amelio. Ma di che parlava?

Piuttosto, segnaliamo che non abbiamo ancora smaltito la camminata nel cafonal romano di Jep Gambardella in "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino, che, pur amato/detestato/ammirato/odiato, ci ha fatto litigare allegramente per mesi e mesi, ancora oggi, e arriverà col suo carico di polemiche e di curziomaltesismi fino agli Oscar. Ammesso che "Repubblica" gli paghi la trasferta a Los Angeles, a Maltese.

Alla fine dobbiamo ammettere che la "grande ambizione" di Sorrentino ha comunque vinto sulle nostre critiche da vecchi cinefili, anche se personalmente rimango ben fermo sulle mie convinzioni. E' un film che rappresenta le terribile pagine culturali di "Repubblica" non la cultura, la storia e la bellezza di una città pur malata e depressa come Roma. Ma l'ambizione di Sorrentino va premiata, come il suo desiderio di confrontarsi con ogni tipo di grandezza, lasciando perdere le ovvietà del nostro cinema.

Certo, è più stracult per molti (cioè due o tre critici) la coppia gay sovrappeso che vuole un figlio nel fondamentale "La mia mamma suona il rock" di Massimo Ceccherini, che ha il miglior soggetto cinematografico dell'anno. Visto che tutti gli altri soggetti dei film italiani sono sequel o remake più o meno dichiarati di altri film. Sorrentino compreso. Ci sarebbe anzi da parlare di cosa ormai si intenda quando si legge nei titoli di un film "soggetto originale".

Tutti d'accordo però sul sedere di Claudia Gerini in "Tulpa" di Federico Zampaglione, che gigioneggiava già sui manifesti, capolavoro stracult della stagione, sano film sul malessere delle notti romane o di quello incredibile di Scarlett Johansson in "Under the Skin" di Jonathan Glazer, film ingiustamente fischiato a Venezia, ma fantascienza di grande intelligenza visiva. Scarlett che succhia i disgraziati in una specie di salamoia nera rimarrà nel nostro immaginario. Ma non possiamo scordare neppure la sua incredibile voce sexy in "her" di Spike Jonze, che le ha fatto vincere il premio come miglior attrice al Festival di Roma.

Riguardo al vincitore del festival, "Tir" di Alberto Fasulo, dimostra solo che si può far cinema anche con pochissimi mezzi e qualche idea in testa e che le cose migliori del nostro cinema vengono ancora dal doppio binario di commedia all'italiana e neorealismo. Non se ne esce.

Ci sono stati molti film americani terribili nel 2013, disastri come il fantascientifico "The Host" di Andrew Niccol, giustamente massacrato in patria, un pessimo "Gangster Squad" di Ruben Fleischer che spreca un cast pazzesco. Ma è stato anche l'anno del disastro della coppia Ryan Gosling-Nicolas Winding Refn, visto che il loro "Solo Dio perdona" a Cannes non è piaciuto a nessuno.

Invece ritengo un capolavoro "Pacific Rim" di Guillermo Del Toro, da vedere assolutamente in 3D, e aspetto il sequel, adoro "Le streghe di Salem" di Rob Zombie, il miglior horror dell'anno, così come "The Conjuring" di James Wan è il miglior film di fantasmi del 2013 e "Borgman" di Alex van Warmerdam il più conturbante noir nordico del 2013.

E' vero, "Il grande e potente Oz" di Sam Raimi non è del tutto riuscito e un genio come Raimi se lo poteva evitare, per non parlare del disastro di Mila Kunis come Strega dell'Est o di James Franco che spreca un notevole talento dietro a troppe imprese strampalate.

Non è il massimo come mago di Oz, ma è di certo meno riuscito come regista, anche se i suoi due film che abbiamo visto tra Cannes e Venezia, "As I Lay Dying" da William Faulkner e "Child of God" da Cormac McCarthy, proprio nella loro non riuscita, dimostrano ambizione e voglia di sperimentare come raramente si vede oggi al cinema.

Meglio nel ruolo di se stesso nel demenziale "This Is The End" diretto da Seth Rogen e Evan Goldberg, uno dei film più stracult dell'anno che da noi è stato del tutto trascurato e che nessun produttore ti farebbe fare. Scordavo "The Bling Ring" di Sofia Coppola, cronaca vera del delirio delle giovinette fashion-addicted in quel di Los Angeles.

Ma dall'America ci sono arrivati molti film belli e originali, come "Re delle terre selvagge" di Benh Zeitlin, visto a Cannes nel 2012, "Noi siamo infinito" di Stephen Chobsky, un film generazionale importante, il kolossal zombesco "World War Z" di Marc Forster con Brad Pitt, un perfetto e difficile "Effetti collaterali" di Steven Soderbergh con Jude Law e Rooney Mara, "Blue Jasmine" di Woody Allen, e erano davvero anni che Allen non sfornava un film così riuscito e non offriva a una attrice un ruolo così forte come quello che ha dato a Cate Blanchett, già pronta per l'Oscar.

Senza scordare i grandi film americani del 2013 che in Italia si vedranno solo a inizio 2014. Da "Inside Llewyn Davis", capolavoro dei Coen dedicato alla scena musicale americana di inizio anni '60 con Oscar Isaac che canta come Dave Van Ronk e il gatto Ulisse che ruba la scena a tutti, a "The Wolf of Wall Street" di Martin Scorsese, pronto a sbancare tutto alla notte degli Oscar. O il bellissimo "American Hustle" di David O.Russell con Christian Bale ingrassato di venti chili e le incredibile Jennifer Lawrence e Amy Adams.

Lo sappiamo bene che Jennifer Lawrence è l'attrice dell'anno dopo "Hunger Games", ma non sapevamo quanto potesse essere brava in un ruolo totalmente diverso. Chissà invece quando vedremo da noi, e se mai uscirà, il film più dandy del 2013, "Only Lovers Left Alive" di Jim Jarmusch con Tilda Swinton e Tom Hiddleston vampiri rockettari anni 70, belli e decadenti, che guardano gli esseri umani con sguardo languido e snob in una Detroit in disfacimento.

E' bellissimo anche "Venere in pelliccia" dell'ottantenne Roman Polanski con Emmanuelle Seigneur e Mathieu Almaric, incredibile duetto sui giochi di coppia e sul ribaltamento fra i ruoli di maschio e femmina. Un cinema così intelligente e lontano. Ma posso rimanere colpito anche dalla regia innovativa di Jon M. Chu di "G.I. Joe. La vendetta", capolavoro del trash che ho provato in tutti i modi a difendere in mezzo a un gruppo di fini intellettuali scappati dopo un quarto d'ora.

Che si vedano "Il passato", che si vedano "Il tocco del peccato", ottimi film, certo, ma di nessuna invenzione registica. Ho tempo ancora per segnalare "Salvo" del duo Grassadonia e Piazza, che ha vinto alla Semaine de la Critique dimostrando che possiamo ancora produrre del cinema da festival e spianando la strada a "Sacro Gra" e a "Tir" per un qualche rinnovamento italiano.

Trovo bellissima Marina Vacht in "Jeune et jolie" di François Ozon ma il film non è granché. Mi ha irritato un bel po' "Buongiorno Presidente" di Riccardo Milani ma mi era molto piaciuto "Pazze di me" di Fausto Brizzi con un Francesco Mandelli eccezionale. Purtroppo era piaciuto, temo, solo a me, e poi il ritorno di Loretta Goggi al cinema non è stato segnalato da nessuno come un evento. Anzi.

Dei film di Natale mi è piaciuto parecchio "Colpi di fortuna" di Neri Parenti, bel ritorno al cinepanettone scorreggione dei tempi andati. E infatti sta funzionando. Comunque, un anno che ci libera (almeno per un po') di Berlusconi e di Dudù e lo svirilizza a fianco di Dudù e di Francesca Pascale non può certo considerarsi del tutto negativo.

 

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