IL CINEMA DEI GIUSTI - AH, TORNANO I COATTI. QUELLI VERI. DE CORE. E È DIFFICILE ESSERE PIÙ COATTI E PIÙ DE CORE DI MIRKO FREZZA CHE INTERPRETA SE STESSO E LA LOTTA PER NON RICADERE NELLA VIOLENZA E NELLO SPACCIO NE DI “IL PIÙ GRANDE SOGNO” DI MICHELE VANNUCCI
Marco Giusti per Dagospia
Ah, tornano i coatti. Quelli veri. De core. E è difficile essere più coatti e più de core di Mirko Frezza, personaggione nella vita e ora attivo anche al cinema in piccoli ruoli, come l’amico barbuto di Rocco Schiavone in tv. Insomma, forte del successo di pubblico a Venezia nella sezione “Orizzonti”, arriva in sala Il più grande sogno, opera prima, di Michele Vannucci, 29 anni, interamente costruito sulla vera storia appunto di Mirko Frezza, coatto purissimo, che interpreta se stesso e la sua lotta per non ricadere, nella violenza da strada, nello spaccio e quindi rifinire in galera.
Mirko, 39 anni, grosso, leader della comunità malavitosa, da poco uscito di galera, proprio quando pensa di non avere un futuro, riesce a farsi eleggere come presidente di circoscrizione e a mettere in piedi una sorta di sua cittadella ideale per gli abitanti del quartiere.
Vannucci ha seguito per tre anni il suo protagonista e lo ha poi riportato in scena seguendo una sceneggiatura scritta assieme a Anita Otto, mischiandolo a veri attori, l’Alessandro Borghi di Suburra e Non essere cattivo che fa l’amico Boccione, ex-spacciatore redento, Vittorio Viviani che fa il padre malavitoso, le ragazze Milena Mancini, Ivana Lotito.
Mirko dovrà scegliere se continuare sulla buona strada, più difficile, più faticosa, proteggendo la sua famiglia, sua figlia, un’altra che deve nascere, la sua donna, o tornare alla vecchia strada per mantener fede al suo codice di duro. E quindi sparare e tornare in galera. Come spesso, se non sempre capita.
“La tua testa è fatta così”, gli dice il padre. L’ambientazione, come in molti recenti film italiani, è puro Jeeg, ma l’idea di cinema di Vannucci è del tutto diversa, visto che segue il suo protagonista Mirko quasi sempre di spalle, come in un film post-dardenniano, ma anche come se fossimo in una docu-fiction o in documentario alla Gianfranco Rosi.
Anche se a volte la bella musica di Teho Tehardo sottolinea troppo i sentimenti dei protagonisti, e la fotografia della Roma dei quartieri pecca di qualche estetismo, la forza di Mirko e degli attori impegnati nel film e l’assoluta sincerità del regista rendono questo Il più grande sogno qualcosa di più di un’opera prima riuscita. In sala da giovedì.