TUTTO IL MONDA È PAESE: “LO ZIO MINISTRO, RICCARDO MISASI MI HA AIUTATO” - "RADICAL CHIC? LA PAROLA MI FA ORRORE. PER LE MIE CENE A NEW YORK PARLEREI DI CENACOLO..."
Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera - Roma”
Antonio Monda, 52 anni, è nato a Velletri «per caso», è cresciuto a Roma, si è trasferito dal 1994 a New York. Una strana macedonia, saggista, organizzatore culturale, professore, romanziere. È il nuovo direttore artistico del Festival del cinema di Roma. Una delle speranze è di riflettere il glamour internazionale, di respirare l’aria di Manhattan all’ombra del Cupolone (se possibile senza provincialismo).
Come sono andate le cose?
«Una nomina del tutto inaspettata, mi è stata chiesta dal sindaco Marino la disponibilità ai primi di gennaio, ho valutato un po’ prima di accettare, ho una vita strutturata, una famiglia, tre figli, la cattedra di regìa alla New York University.
In America mi trasferii senza una lira, facevo il portiere e l’amministratore di condominio a uno stabile di proprietà di un amico, vivevo sullo stipendio di mia moglie che lavorava all’Ice. Così ho vissuto cinque anni. Nel frattempo cominciò la mia carriera universitaria. Parlo del cinema italiano, di come in USA si possa fare arte tenendo conto del profitto, lo sapevano bene John Ford, Alfred Hitchcock e Billy Wilder».
Lei da una parte ha una solida famiglia borghese alle spalle, lo zio ministro democristiano (Riccardo Misasi), dall’altra puliva i pavimenti e si rimboccava le maniche.
«Papà morì che avevo 15 anni. Un avvocato con la passione per il cinema. Eravamo quattro figli. Passammo da una condizione di benessere, a una situazione di estrema difficoltà. Mio zio ci ha aiutato, di fatto ci ha adottato. Quando ho scelto l’America, ho capito che nulla ti è regalato, bisogna conquistarsi tutto. Ero convinto di andare lì e sfondare a Hollywood con un film d’arte, Taibele e il suo demone , follia totale. Ci rinunciai dopo due anni di tentativi.
antonio monda paolo sorrentino
Quella porta chiusa me ne spalancò altre. Grazie a Gillo Pontecorvo allora presidente di Cinecittà, che conosceva mio padre, andai per musei, dal MoMa al Guggenheim, a proporre mostre di cinema. Questa cosa mi ha cambiato la vita. Incontri, retrospettive, negli anni ideai con Daniele Azzolini il festival globale e itinerante Le conversazioni. Mi sono formato nel cinema degli Anni 70, Coppola, Friedkin, Scorsese, Lukas, Bogdanovich».
Si parla delle cene nella sua casa a New York, rigorosamente in dodici a tavola, un salotto intellettuale, non vorrà chiamarlo «radical chic»...
«Un termine insopportabile, mi fa orrore. Ai salotti sono refrattario, se non fosse presuntuoso parlerei di cenacolo. In realtà sono pranzi domenicali che nascono da una tradizione di famiglia. All’inizio per un fatto di malinconia invitavo italiani, ma si finiva col parlare di calcio e politica. Mi piace scambiare idee. Ci sono premi Nobel e premi Oscar, e amici che non vinceranno mai nulla di tutto ciò. Le persone più disparate, non si viene a fare affari».
Philiph Roth, Paul Auster, Wes Anderson, Al Pacino, Meryl Streep. Come ha convinto Meryl Streep a venire a cena a casa sua?
paolo sorrentino antonio monda
«È banale, siamo entrambi amici di Wes Anderson. Nel suo film Le avventure acquatiche di Steve Zissou faccio me stesso, intervistando Bill Murray come direttore di un festival: ora lo sono diventato per davvero.
C’è un supplemento ironico nel dvd del film: per una inesistente tv italiana faccio domande sceme e mi rispondono in modo intelligente, oppure le faccio pretenziose e loro non capiscono nulla. Alcuni recensori hanno preso la cosa sul serio: com’è possibile filmare una cosa di così basso livello?» .
carlo verdone paolo sorrentino antonio monda annalena benini
Oggi presenta il suo romanzo «Ota Benga».
«Fa parte del progetto di dieci romanzi su New York nel ‘900, dove mescolo personaggi inventati e storici. Ognuno ha un tema forte. Qui c’è il tema del razzismo. Un pigmeo finito in una gabbia dello zoo del Bronx, con un orangotango e uno scimpanzé, per motivi scientifici, secondo una distorta visione del darwinismo. Dietro questa vicenda c’è l’ideologia di Madison Grant, un ambientalista razzista, che scrisse un best seller sulla scomparsa dei veri bianchi ariani».
Torniamo al festival. Con che stato d’animo comincia, rivincita?
«No, con gioia. Tra i primi a complimentarsi, Sorrentino, Benigni, Tornatore e Salvatores. Ma non mi hanno telefonato solo premi Oscar».
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