IL MONDO SCINTILLANTE DI FRANCO CORDELLI – RACCOLTA IN DUE VOLUMI L’OPERA DELLO SCRITTORE: LA PASSIONE DEL COLLEZIONISTA E LA RICERCA DI UNA LETTERATURA CHE NON SIA FATTA SOLO DI “BELLE STORIE” – ISOLATO E CONTROCORRENTE, INDENNE DA MODE E OBBEDIENZE DI GRUPPO, HA SEMPRE RITENUTO LA LETTERATURA UNA FORMA DELL'INTELLIGENZA DEL MONDO - A PORDENONE IL CRITICO VINCE IL PREMIO CAVALLINI 2019...
Massimo Raffaeli per il Venerdì - la Repubblica
UN VETUSTO luogo comune assimila il romanzo all' arte narrativa (o meglio affabulatoria) come si trattasse di sinonimi: come se, in altri termini, scrivere un romanzo e raccontare una storia (o meglio una "bella" storia, cioè una storia meritevole di essere raccontata) fossero esattamente la stessa cosa. E non per caso è in voga da decenni, non soltanto in Italia, la produzione di genere fondata su procedure così convenzionali da essere immediatamente riconoscibili e appaganti come è d' obbligo per la letteratura di intrattenimento.
Se un secolo fa Walter Benjamin aveva scritto che il romanzo è sempre una combinazione di «pensato» e di «escogitato», oggi il primo elemento è rimosso, respinto o confinato nella saggistica più o meno accademica, mentre il secondo, per l' appunto la strategia affabulatoria, domina il senso comune alla pari di una metafisica.
Nulla è più remoto di tutto questo dalla parabola artistica di Franco Cordelli, il cui ciclo romanzesco si inaugura già nel 1973 con Procida (che colpì Pier Paolo Pasolini quasi avviasse un passaggio di fase o fosse una premonizione) e, indenne da mode e obbedienze di gruppo, procede nei decenni per altri sette titoli fino al recente Una sostanza sottile (Einaudi 2016), culmine di una maturità artistica che ormai coincide con le tracce elementari dell' esistenza o con la sua necessaria spoliazione.
Cordelli ha sempre ritenuto la letteratura una forma della intelligenza del mondo e la forma-romanzo come lo spazio scenico di una realtà astratta e però costretta ad incarnarsi in personaggi e situazioni, insomma qualcosa che non somiglia a uno specchio, come nella celeberrima immagine che ne diede Stendhal, ma piuttosto a un acceleratore di particelle.
Per Cordelli l' arte del romanzo è eminentemente sintattica, costruttiva, e sua gemella è l' architettura, dunque la capacità di edificare nello spazio-tempo; mentre antipode ne è la musica con la sua liquidità sfuggente e seduttrice quale oggi si profila all' orizzonte tra i produttori di storie del Postmodernismo: «quel ripristino, molto poco ironico» ha scritto «di una narrativa libera da pregiudizi, quel trastullo da persone colte che fu lo scialo delle citazioni, quella disinvoltura della cosiddetta trama [...] il segnale di una conseguita opulenza».
Cordelli non ha mai formulato una poetica esplicita ma ha sempre riflettuto, quasi fosse la sua colonna di stilita, sull' arte del romanzo tracciandone il diagramma pluridecennale, fittissimo di recensioni e interventi critici. Una cui scelta, relativa all' ultimo quindicennio, si contiene in due corposi e bellissimi volumi editi da Theoria che hanno titoli opposti e complementari; perché il primo, Un mondo antico (a cura di Domenico Pinto, pp. 504, euro 20), rinvia all' Otto-Novecento e pertanto all' età eroica del romanzo ormai perfettamente storicizzata; mentre l' altro, Il mondo scintillante (a cura di Enzo Sallustro, pp. 502, euro 20) si misura con i tracciati ancora in fieri, talora invasivi e sgargianti, del nostro presente.
Subito colpisce che nei titoli venga ribadita la parola mondo sia perché l' opera stessa di Cordelli è, come amano dire gli anglosassoni, un' Opera/Mondo, un universo ampio e perfettamente autosufficiente, sia perché agli occhi dello scrittore romano la forma-romanzo è necessariamente inclusiva e universalistica se è vero che, prendendo l' immagine a prestito da Nabokov, Cordelli volle intitolare La democrazia magica (1996) un libro di suoi saggi. Qui, negli attuali volumi, testimonia ancora una volta la capienza dello sguardo critico e del raggio di azione.
la passione del collezionista Cordelli ha l' occhio del comparatista (tradusse in gioventù tra l' altro autori angloamericani e Paludi di André Gide) ma nello stesso tempo vive la passione puntigliosa, cavillosa, del collezionista. Alle sue spalle si intravedono Beckett, Faulkner ma anche, fra non pochi altri, Flaiano, Pizzuto, Savinio, Volponi, Tomasi di Lampedusa (e al Gattopardo, alla sua ricezione, riserva alcune tra le pagine più appassionate), davanti a lui stanno le schiere dei contemporanei il cui lavoro continua a seguire e a compulsare spesso nel dissenso ma sempre con generosità intellettuale e fedeltà all' ideale modernista, cosmopolita, della Weltliteratur: specie ne Il mondo scintillante, i romanzi recensiti si contano a decine e a firma di autori non soltanto europei e americani ma anche asiatici, africani.
Cordelli non è uno scrittore prestato alla critica, non tende ad attrarre gli autori di cui parla nell' area di una sua personale poetica usandoli come pretesti, ma esercita semmai la funzione della critica e perciò l' atto del "distinguere" per valutare e giudicare. La sua domanda, implicita e ogni volta inderogabile, chiede conto al romanzo trattato di quale sia l' apporto alla conoscenza della realtà, interna o esterna all' individuo. Per lui, e tutta la sua opera ne è concreta dimostrazione, la forma-romanzo o è uno strumento cognitivo oppure è solamente un' ambigua decorazione, una totale mistificazione.
In proposito, Domenico Pinto (germanista e intenditore di Opere/Mondo, sua la splendida versione della Trilogia di Arno Schmidt) parla della capacità di costante ri-posizionamento nella realtà, di «messa a fuoco e verifica della conoscenza» in vista di un «realismo profondo» dove i fatti, i sentimenti e i pensieri siano infine una cosa sola. Ciò spiega perché Cordelli abbia vissuto in isolamento, controcorrente, la propria vicenda di romanziere e spiega anche il fatto che per la prima edizione di La democrazia magica abbia scelto di mettere in copertina una foto lì per lì spiazzante, dove ci viene incontro, da un biancoenero seppiato, l' immagine di un giovane che cammina solitario dentro un' aria di gelo e di neve. Quel giovane serissimo, così magro da sembrare spettrale, è un consanguineo di Cordelli, il grande romanziere tedesco Uwe Johnson (1934-1984), autore dell' Opera/Mondo intitolata I giorni e gli anni, e quella foto non può che essere una allegoria.
A FRANCO CORDELLI IL PREMIO CAVALLINI
Ida Bozzi per il Corriere della Sera
Per aver «sperimentato e forzato i confini dei generi, tra finzione e non, poesia e prosa, memorialistica e saggistica, sempre ai limiti del romanzesco, con una voce che sa indagare anche quando inventa, e sa affabulare anche quando spiega»: con questa motivazione lo scrittore e critico Franco Cordelli, dal 1993 collaboratore del «Corriere della Sera», ha vinto il Premio Cavallini 2019 per la sezione Saggistica. Gli verrà conferito oggi a Pordenone.
Nelle altre sezioni, Laura Pariani ha vinto il premio per la Narrativa, Erminia Dell' Oro il Premio speciale e Pupi Avati il riconoscimento alla carriera.
Istituito da Vittorio Sgarbi nel 1996 e giunto alla XXIII edizione (promosso con il patrocinio di Regione Friuli, Comuni di Pordenone e Barcis) il premio «dal 2017 non è più solo Premio Bruno Cavallini - spiega Vittorio Sgarbi -, ma Premio Cavallini, per includere lo zio Bruno, la zia Romana e mia madre Rina - tre spiriti artistici, ciascuno a suo modo».
I quattro premi di quest' anno, pur spaziando in discipline differenti, hanno in comune la cifra della narrazione, illustra Elisabetta Sgarbi: «Il premio si è consolidato, ed è cresciuta la parte legata alla letteratura: abbiamo premiato due donne speciali, Erminia Dell' Oro che con il suo libro sugli italiani in Eritrea ci ha mostrato quel suo mondo, e Laura Pariani, per la sua scrittura e il suo impegno a tutto tondo. E poi Franco Cordelli che è uno scrittore saggista, con una penna che incrocia la poesia e la prosa, e Pupi Avati, che si è rivelato anche scrittore, il cui cinema è racconto, forma narrativa».
C' è un saggio del 1998, scritto proprio da Cordelli, La democrazia magica , che illustra l' evoluzione della letteratura nella direzione individuata nelle motivazioni del premio: l' intreccio tra generi e stili diversi (prosa, memoir, saggio, poesia) che connota la sua opera. «Scrivevo in quel saggio - commenta Cordelli - che narratore e romanziere sono figure superate, mentre quella che rimane è la figura dello scrittore , con quelle caratteristiche, quell' intreccio .
Ecco, nella motivazione del premio ho trovato un' eccellente sintesi di quel che ho iniziato a pensare dopo 50 anni che scrivevo romanzi. Essere scrittori è proprio quello».
D' altronde, autore di romanzi come Procida (1973, Rizzoli 2006), ma anche di titoli tra racconto, memoir e saggio come L' Italia di mattina (Perrone, 2014), Cordelli intende la scrittura come sperimentazione. «Non ho mai pensato alla narrazione se non nella forma sperimentale. Anche scrivere un saggio o un articolo può essere utile alla bisogna».
La cerimonia del premio, con i vincitori e con Vittorio ed Elisabetta Sgarbi, sarà oggi al Convento di San Francesco a Pordenone, alle 17.30.