MUCCINATE DI FUOCO: “NON RIESCO A FINIRE "FAVOLACCE" DALLA NOIA. SARÒ POCO INTELLIGENTE O CINEFILO PER NON COMPRENDERLO?” – GABRIELE MUCCINO, QUASI IGNORATO DAI DAVID DI DONATELLO, VS IL FILM DEI FRATELLI D’INNOCENZO CANDIDATO A 13 STATUETTE – "IN ITALIA IL SUCCESSO VIENE PUNITO E PERSEGUITO, E IO STO ANCORA PAGANDO QUELLO AVUTO IN AMERICA. I TITOLI SU CUI OGNI ANNO SI CANALIZZANO I VOTI SONO SEMPRE QUELLI CHE NESSUNO HA VISTO. C' È SNOBISMO VERSO CHI FA IL CINEMA POPOLARE" - PROTESTANO ANCHE PUPI AVATI E VERONESI
Fulvia Caprara per "la Stampa"
gabriele muccino foto di bacco
Sulle candidature ai prossimi David di Donatello soffia il vento delle polemiche, protestano a voce alta Giovanni Veronesi e Gabriele Muccino, altri preferiscono non esprimersi, si invocano mutamenti nel regolamento del premio più importante del cinema italiano. Chiamata in causa, Piera Detassis, presidente dell' Accademia Premi David di Donatello, è obbligata a ribattere: «Mi spiace e capisco la delusione, ma a votare ai David sono tutti professionisti di cinema molto selezionati».
E a Muccino, quasi ignorato per il suo Gli anni più belli, Detassis ricorda le due nomination ottenute per la prova di Micaela Ramazzotti e per la canzone di Claudio Baglioni: «Muccino non si deve lamentare - aggiunge - perché, oltre che in quelle due cinquine, il film è presente nella rosa del David Giovani, destinato al miglior film e votato da una giuria di ragazzi di scuole superiori e università».
Ma le precisazioni non calmano le acque. Fuori gara con il suo Tutto per 1 - 1 per tutti, Veronesi prima lancia un tweet («E anche quest' anno il mio film non ha preso nemmeno la candidatura per i costumi e la scenografia. ahahahahahah che scempio!») e poi propone soluzioni concrete per cambiare i meccanismi di voto ricordando che «da qualche tempo una vittoria ai David è importante anche ai fini economici, perché produce un punteggio alto, utile per ricevere i finanziamenti ministeriali». Non dev' essere affatto contento Pupi Avati, anche lui nella lista dei grandi esclusi. Di Lei mi parla ancora è però in lizza il protagonista Renato Pozzetto e, allora, forse, in un gesto di rispetto e gentilezza nei suoi confronti, Avati preferisce non esternare.
Muccino, invece, parla, e ha molto da dire: «Per Ricordati di me ho avuto 13 candidature e non ho vinto un premio, da allora non ho toccato palla, è stata l' ultima volta, non ho avuto un David nemmeno per La ricerca della felicità. Tra me e i premi c' è una muraglia talmente forzata che è impossibile non farci caso. Che cosa si pensa? Che io stia zitto tutta la vita?».
La verità, prosegue Muccino, è che «i titoli su cui ogni anno si canalizzano i voti sono sempre quelli che nessuno ha visto, i film dei grandi maestri come Amelio e Bellocchio che vanno in cinquina di default». Le ragioni, secondo l' autore dell' Ultimo bacio, sono tante: «C' è disinteresse nei confronti del pubblico, c' è snobismo verso chi fa il cinema popolare e, in tal modo, lo tiene in vita, ma così il cinema finisce per morire».
Più che nel sistema di votazione, Muccino vede responsabilità «negli esseri umani, in certe dinamiche di comportamento per cui non si vota uno che ha fatto cose che altri registi non hanno fatto mai. Non ho mai frequentato salotti, non so se nella giuria dei David ci siano lobby e non ho idea di come possano funzionare. So però che da noi il successo viene punito e perseguito, e che io sto ancora pagando quello avuto in America».
L' idea di Giovanni Veronesi è che sia necessario intervenire sul regolamento di votazione: «Non credo al complotto, ma mi preoccupa la superficialità e la leggerezza, penso che ognuno dovrebbe votare la propria categoria, i produttori il miglior film e il miglior produttore, i registi la regia, la sceneggiatura e il film, gli scenografi la scenografia e via così».
E poi ci vorrebbe maggiore attenzione: «Se c' è un film che piace, si concentrano tutte le scelte su quell' unico titolo. Questo è molto ingiusto nei confronti dei professionisti che hanno fatto un film magari piaciuto meno, in cui però loro hanno lavorato in modo eccellente. I votanti ai David sono oltre 1700 ma, guardando le nomination, sembra che abbia votato una sola persona».
Nessun astio personale, sottolinea Veronesi, né un attacco a Piera Detassis: «Potrebbe essere proprio lei a varare la riforma, chiedendo aiuto e collaborazione agli autori e ai produttori. Detassis ha già fatto una bella scrematura nella platea dei votanti e gliene siamo grati, ma non basta». Per se stesso nessun rimpianto: «Il mio è un altro tipo di cinema, i David non mi hanno mai riguardato, me ne hanno dato uno per sbaglio, l' ho messo in soffitta. Però faccio questo mestiere da 35 anni, ho visto Gianluigi Rondi giovane, insomma, bisogna che ascoltino me e quelli come me».
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