LETTERA DI GIAMPIERO MUGHINI - HA SBAGLIATO LA BIGNARDI A DOMANDARE AL GRILLINO DEL PADRE FASCISTA (LO ERANO TANTISSIMI DEGLI ITALIANI VIVI E ADULTI NEGLI ANNI TRENTA) - HA SBAGLIATO IL GRILLINO A RIMPROVERARE ALLA BIGNARDI DI AVERE SPOSATO “IL FIGLIO DI UN ASSASSINO”, OSSIA IL FIGLIO DI ADRIANO SOFRI

LETTERA DI GIAMPIERO MUGHINI A DAGOSPIA

Caro Dago, nel quartiere di Marte dove vivo arrivano comunque i giornali italiani e li leggo. La televisione no, quella la guardo pochissimo. Non so dunque esattamente se sia vero quello di cui si è lamentato vivamente un esponente del Movimento 5Stelle, e cioè che una conduttrice televisiva di nome Daria Bignardi si sia accanita contro un altro esponente grillino a chiedergli insistentemente (e maliziosamente) del come e perché suo padre fosse stato fascista. Non so dunque come sia andata esattamente.

Di certo per uno di noi nato negli anni dell'immediato dopoguerra non era un'eccezione l'avere un padre che fosse stato (o magari fosse ancora) fascista. Lo erano tantissimi degli italiani vivi e adulti negli anni Trenta. Mio padre lo era stato, sposò mia madre abbigliato di una camicia nera. In nessun modo quella identità politica di papà condizionò il mio destino, anzi: mi dava qualche soldo di che produrre una rivista di estrema sinistra alla quale ho dedicato non poco tempo della mia giovinezza.

Facessi il padrone di casa di una trasmissione televisiva, a un eventuale mio ospite chiederei semmai che libro ha letto ieri, qual è l'ultimo film che ha visto, che tipo di ragazza guarda più frequentemente per strada, se a cena preferisce il vino o il vino bianco e quale. Venisse mio ospite uno che di mestiere fa politica gli chiederei che cosa è accaduto a Budapest nel 1956, se a uccidere Moro siano stati dei terroristi italiani o invece dei sicari di un qualche servizio segreto.

Chissà che cosa avrebbe risposto il grillino ospite della Bignardi, e ammesso che di Moro e della Budapest del 1956 sapesse qualcosa. Il che, a guardarli in faccia, appare improbabile. Mi direte che non è dalla faccia che si giudica qualcuno. Sì e no. Il mio professore di Letteratura italiana al'Università ci faceva portare un programma lungo così, libri e libri da leggere e studiare. Epperò mi diceva: "Caro Giampiero, è tutto tempo perso. Basta guardarlo in faccia un candidato". I grillini penso che basti guardarli in faccia.

Dei fascisti? Non usiamo termini reboanti, che alludono a tragedie reali e rilevanti dell'Europa tra le due guerre. Paragonare i Mussolini, i Bottai, i Grandi a quei poveracci che in un italiano stentato dicono che tutti gli italiani che non sono loro sono dei ladri e dei corrotti e vanno "mandati a casa"? Impossibile. Persino il termine "squadrista" è fuori posto, perché anche quello allude a una tragedia reale degli anni Venti (non solo in Italia) ed è impossibile da riferire alle odierne tragicommedie del web e del consistente zoccolo di analfabeti che lo frequenta.

Non vantiamo l'Italia scarna e miserella dei nostri tempi per quello che non è. Le battute e i post sulla Boldrini? Trivio, il fascismo non c'entra né del resto c'è mai entrato nulla con tutto quanto è accaduto in Italia dopo il 25 aprile 1945.

Trivio, analfabeti, grotteschi comprimari di un'Italia allo sbando e che pur tuttavia suscitano l'assenso di oltre il 20 per cento di chi va a votare. Grotteschi analfabeti, ivi compreso questo figuro che rimprovera alla Bignardi di avere sposato "il figlio di un assassino", ossia il figlio di Adriano Sofri.

Siccome parlo di argomenti che conosco meglio di tanti, di sicuro Adriano non è stato un assassino. Può non aver detto di no a un'azione organizzata e eseguita da altri di Lotta continua. I termini vanno scelti e soppesati. Sempre. In politica, in amore, nella vita in generale. Altro che un qualche cialtrone che oggi si vanta di fare della "Resistenza", né più né meno che fossimo nel 1944-1945. Cialtrone, non fascista. Cialtronissimo anzi, il che è peggio.
Giampiero Mughini

 

 

 

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