IL NECROLOGIO DEI GIUSTI – SE NE VA A 92 ANNI ENZO ROBUTTI, “PAZZO GENIALE”, COME SI AUTODEFINIVA LUI STESSO, “TALENTO UN PO’ FOLLE”, COME LO DEFINIVA IL SUO MAESTRO GASSMAN, GRANDE CARATTERISTA DEL NOSTRO CINEMA, BARBA ALLA CAVOUR, OCCHIALI, OCCHI SGRANATI, VOCE E MODI DA NEVROTICO PERSO, IN RUOLI COMICI MA ANCHE DRAMMATICI, BASTEREBBE RICORDARE IL SUO INCREDIBILE LICIO LUCCHESI NEL "PADRINO - PARTE 3" - UNO DEI PROBLEMI DELLA SUA VITA FU FELLINI. CHE ADORAVA. SEGUITAVA A PROMETTERGLI PARTI CHE POI NON GLI DAVA… – VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Se ne va a 92 anni, Enzo Robutti, “pazzo geniale”, come si autodefiniva lui stesso, “talento un po’ folle” come lo definiva il suo maestro Gassman, grande caratterista del nostro cinema, barba alla Cavour, occhiali, occhi sgranati, voce e modi da nevrotico perso, in ruoli comici in tanti film di Pasquale Festa Campanile, Salvatore Samperi, Marco Vicario, Giuliano Carnimeo, ma anche drammatici, basterebbe ricordare il suo ruolo incredibile di Licio Lucchesi nel “Padrino – Parte 3” di Francis Coppola, che viene strangolato alludendo a un celebre delitto di stato italiano.
Una follia che si vantava nella sua (chiamiamola) autobiografia di aver coltivato con “13 LSD che mi sono ciucciato in 30 anni, roba di prima, me la vendettero quelli del Living Theather che la usavano come il Parmigiano Reggiano a Sant’Ilario d’Enza”.
Inizia con un provino di Mercuzio per Vittorio Gassman nel 1958. Lo prenderà a teatro per “Irma la Dolce”, per Robutti “la prima vera commedia musicale andata in scena in Italia.
Altre la eguagliarono, nessuno la supererà: Gassman inferse un ritmo strawinskiano ad un primo tempo memorabile ed ombrature cecoviane al secondo”. Il tutto modulato dall’urlo del maestro, “Strette le chiappe!”. Quattro anni dopo recita un testo di Giorgio Celli, “Darwin alle scimmie”.
Attore di cabaret, vinse il Bullone d’Oro al Derby assegnato dal pubblico nel 1971 e rimane per sempre attaccato a quel tipo di comicità. Al cinema, con quella faccia buffa e spiritata da nevrotico appare già coi Taviani nel 1963 in “I fuorilegge del matrimonio”, nel 1967 in “Sequestro di persona” di Gianfranco Mingozzi.
Ma è più a suo agio a fianco del suo maestro Gassman in “Il profeta” di Dino Risi e con Giancarlone Cobelli, suo amico, regista del folle “Fermate il mondo… voglio scendere”. Fa di tutto, da “Pianeta Venere” di Elda Tattoli, terribile film femminista, a “Beati i ricchi” di Salvatore Samperi, pronto a ritrovare Gassman in “Senza famiglia nullatententi cercano affetto” che dirige lo stesso attore.
Nel 1973 lo incontra Pasquale Festa Campanile per “Rugantino” con Celentano protagonista, ma anche Vittorio Sindoni per La signora è stata violentata”.
Lo richiameranno sempre tutti. Bravissimo, divertente, disponibile a qualsiasi follia, sullo schermo è una risata sicura. Giuliano Carnimeo lo trascina nella commedia sexy con “La signora gioca bene a scopa?” dove incontra la divina Edwige Fenech. Gira cinque-sei film all’anno. Da “Sturmtruppen” di Samper a “Cuore di cane” di Lattuada col suo amico del cuore, Cochi, conosciuto al derby assieme a Renato.
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Pasquale Festa Campanile, Sindoni, Vicario lo chiamano per quasi tutti i loro film, fino a farne una maschera tipica della nuova commedia all’italiana.
Lo troviamo in decine di film di quegli anni, “Il ladrone”, “Il cappotto di Astrakan”, “I carabbinieri”, “ierino contro tutti” e “Pierino colpisce ancora”, “Gian Burrasca”, “Il petomane”.
Ogni tanto si permette un film drammatico, “Mamma Ebe” di Carlo Lizzani, “Bosco d’amore” di Alberto Bevilacqua, ma l’effetto non è tanto diverso da quando gira le commedie.
Lo intervistai a casa sua, fuori Roma, in mezzo alla campagna, già un po’ fuori dal giro. Rimase durante tutta l’intervista in canotta, mutande e infradito. Assolutamente favoloso. Mi sembrò l’ultimo di una specie.
Uno dei problemi della sua vita fu Fellini.Che adorava. Seguitava a promettergli parti che poi non gli dava. Ma è sua l’unica frase che pronuncia lo zio matto di Ciccio Ingrassia, “Voglio una donna!”. Solo un emiliano erotomane pazzo come Robutti avrebbe saputo dirla così. Fellini aveva capito la follia da erotomane di Robutti. Magari ne sapeva qualcosa anche lui. “Strette le chiappe” Robutti”!
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