STRONCATURE CHE NON LO ERANO – NEL 1967 IL CRITICO MUSICALE DEL “NEW YORK TIMES” RICHARD GOLDSTEIN STRONCÒ “SGT. PEPPER” DEI BEATLES, PER POI AMMETTERE IN SEGUITO CHE IL SUO IMPIANTO NON FUNZIONAVAVA BENE - GLIELO HANNO FATTO RIASCOLTARE CON UNO STEREO FUNZIONANTE E HA AMMESSO L’ERRORE, MA NON SI È PENTITO: “ERO TERRORIZZATO DALLA LORO SVOLTA. NON MI INTERESSAVA L’ASPETTO PROFETICO DELL’ALBUM, ERO COLPITO DAL FATTO CHE AVESSERO…”
sgt. pepper's lonely hearts club band
Michele Primi per “la Lettura - Corriere della Sera”
Nel 2017 in un'intervista con il «Washington Post», parlando delle critiche ricevute per i suoi primi dischi da solista, Paul McCartney disse: «Che dovevo fare? Anche il critico del "New York Times" odiava Sgt. Pepper' s Lonely Hearts Club Band ma ce ne siamo fatti una ragione».
Non accade spesso che i musicisti rock (fedeli all'idea, sintetizzata magistralmente da Frank Zappa, che «il giornalismo rock è fatto da gente che non sa scrivere, che intervista gente che non sa parlare per gente che non sa leggere») citino una critica, figuriamoci se negativa.
McCartney dopo mezzo secolo ricordava bene la più celebre stroncatura nella storia del rock, firmata da Richard Goldstein sul «New York Times» del 18 giugno 1967. Sgt.Pepper' s Lonely Hearts Club Band è uscito da poche settimane. I Beatles ci hanno lavorato per cinque mesi curando ogni dettaglio di un progetto che li conferma come le menti creative più avanzate della loro generazione.
È l'album che legittima la transizione del rock nell'arte, numero 1 nella classifica dei 500 migliori album per «Rolling Stone», passa 27 settimane al numero 1 in America e 15 al numero 1 nel Regno Unito, rappresenta la fantasia musicale degli anni Sessanta al potere e un punto di svolta della cultura pop.
Per dirla con le parole del produttore George Martin: «I Beatles misero il mondo di fronte a uno specchio. E il mondo potè guardarsi nella sua versione caleidoscopica e rutilante del 1967». Eppure a Goldstein il disco non piace. «Il suono è un miscuglio di dissonanze e opulenza», scrive, e «l'atmosfera è pacata, persino nostalgica ma come avviene per la copertina il risultato è confuso, pretenzioso e disordinato.
melanie coe ragazza di she s leaving home
Come un figlio atteso troppo a lungo Sgt. Pepper' s è viziato». Nel 1967 Goldstein ha 22 anni, conosce bene la scena rock (ha intervistato Brian Wilson e Janis Joplin e recensito per primo l'album di debutto dei Doors) e al «New York Times» sembra la scelta giusta.
Nato nel Bronx, Goldstein condivide le origini working class dei Beatles e crede nella forza rivoluzionaria del rock' n'roll, ma quando mette il vinile sul giradischi sente qualcosa che non capisce: «Per la prima volta i Beatles ci hanno dato un album di effetti speciali ma in definitiva fraudolento», «l'ossessione per la produzione e una composizione sorprendentemente scadente permea tutto l'album.
Non c'è niente di bello perché non c'è niente di vero, niente per cui restare in attesa», scrive citando il testo di Strawberry Fields Forever . L'amarezza per quello che considera un tradimento è alla fine: «Abbiamo bisogno dei Beatles non come compositori reclusi ma come compagni, e anche loro hanno bisogno di noi. Sostituendo il pubblico con lo studio hanno smesso di essere artisti popolari, per questo l'album è un monologo».
Per lui è un disco conservatore fatto da un band di narcisisti. Goldstein diventa famoso. Poi nel 2015, nel libro Another Little Piece of My Heart , rivela: il mio stereo era difettoso. La cassa sinistra non funzionava bene e siccome i Beatles registravano separando i canali si è perso molte cose che tutt' oggi rendono Sgt.Pepper' s un capolavoro innovativo.
beatles ritorno dalla grecia 1967
Oggi Richard Goldstein ha 76 anni, insegna cultura pop all'Hunter College di New York ed è stato direttore del «Village Voice» ma non scrive più di musica. Il «Washington Post» gli ha fatto riascoltare Sgt. Pepper' s con un impianto stereo perfettamente bilanciato. Goldstein ha ammesso che l'esperienza di ascolto è diversa ma non è pentito della sua recensione: «Ero terrorizzato dalla svolta dei Beatles. Non mi interessava l'aspetto profetico dell'album, ero colpito dal fatto che avessero infranto le regole. Volevo scuoterli e spingerli di nuovo verso il rock».
i beatles ai tempi di sgt pepper sgt peppers lonely hearts club band coversgt pepper beyond poster
sgt pepper shotsgt pepper in messicoSGT PEPPER'SSGT PEPPER'Sbeatles a coloribeatles ritorno dalla grecia
i beatles sgt pepper's i beatles. sgt pepper'sbeatles e martin agli abbey road