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LA RUGA TI FA SEXY - L’ATTRICE HELEN MIRREN, NEO TESTIMONIAL DELL’ORÉAL, SEGNA LA RIVINCITA DELLE SETTANTENNI CHE NON VOGLIONO CEDERE A BOTOX E CHIRURGIA - LA RICETTA PER LA SEDUZIONE È LA STESSA DI UN BUON WHISKY: L’INVECCHIAMENTO

Ritanna Armeni per "il Foglio"

 

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E’una soddisfazione, per noi signore agées, apprendere che l’Oréal, gigante mondiale della cosmetica, ha scelto l’attrice britannica Helen Mirren come testimonial della sua nuova linea. Una quasi settantenne che, per di più, ha dichiarato di non aver mai fatto ricorso a chirurgia estetica e botox, e di andare dal parrucchiere solo una volta all’anno.

 

E’ davvero consolante vedere che si può anche non essere buttate via e rottamate, solo per gli anni in più che ci portiamo addosso, e che anche a settant’anni si può essere simbolo di una bellezza che ha l’onore dei mega manifesti e degli spot pubblicitari.

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Helen Mirren ha fatto un piccolo miracolo. Le femministe arrabbiate, che concionano un giorno sì e l’altro pure “contro l’uso del corpo delle donne”, di fronte alla scelta di un volto segnato e intelligente, hanno taciuto. L’uso del corpo di una signora anziana e raffinata in effetti appare gesto ammissibile e gentile, estraneo a ogni rozza rapacità maschile.

 

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Il mondo – anche quello delle multinazionali, della pubblicità, della competizione commerciale – si è mostrato, grazie al volto di Helen Mirren, più aperto e più mite. La considerazione che pure non si può evitare e deriva da un vecchio vizio politico: a chi volete che si rivolga l’Oréal? Le donne di una certa età in occidente sono sempre più numerose e qualche soldo in più nel portafoglio, rispetto alle più giovani, ce l’hanno: era fatale che scoccasse l’ora della testimonial attempata – ecco, anche questa considerazione vera e banale, per il momento la mettiamo da parte.

 

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Meglio pensare positivo: la vecchiaia femminile non è più così brutta, le multinazionali della cosmesi hanno mostrato capacità di innovazione e larghezza di vedute, le donne possono essere ritenute belle non solo perché “carne fresca”, gli uomini possono essere immaginati non solo come insaziabili fagocitatori della gioventù, ma anche come ammiratori di grazie non ostentate, di qualità dello spirito e dell’intelligenza.

 

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Evviva, la seduzione vince sulla gioventù. E dire che solo qualche anno fa la Lancôme aveva licenziato Isabella Rossellini dopo quindici anni di servizio perché ne aveva quarantadue: troppi, per essere una testimonial di bellezza. Chissà, viene da pensare: se cambia l’immagine della bellezza femminile anche nel mondo dei sentimenti potrebbero esserci dei cambiamenti.

 

La loro rappresentazione potrebbe essere più complessa, più originale e libera di quanto non appaia quando sono raccontati da aitanti giovanotti e da giovani, troppo chiaramente ammiccanti, fanciulle. Se Colette avesse scritto oggi – in un mondo non con una, ma con tante Helen Mirren – uno dei suoi romanzi più famosi, “Chéri”, forse ne avrebbe modificato la fine.

 

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La donna matura, che si accorge di amare un uomo più giovane di lei, non si sarebbe resa amaramente conto (come avviene a Léa) che il suo corpo invecchiato non avrebbe più potuto essere destinatario d’amore. Non avrebbe rinunciato alla passione, non avrebbe visto sul viso dell’uomo, dopo la rottura, quell’espressione di sollievo che tanto la amareggiò e la offese.

 

E chissà cosa sarebbero state la vita e le opere di Balzac se avesse potuto amare alla luce del sole Louise-Antoinette-Laure Hinner, la matura amica della madre che lo sostenne, lo spinse a scrivere e che lo amò, ricambiata, fino alla fine. E se gli uomini – la fantasia continua – non si riconoscessero solo (non lo dicono, ma questa è per molti la propensione erotica) nei desideri e nelle pulsioni di Humbert Humbert verso l’adolescente Lolita, straordinariamente raccontati da Nabokov.

 

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Se quindi, sempre gli uomini, si riconoscessero anche in un libro che, non a caso, molto faticò a essere pubblicato, e che poi ha avuto lettori e onori, per essere di nuovo dimenticato. Stiamo parlando di “Elogio delle donne mature” (scritto nel 1966, uscito solo nel 2001 e in Italia lo ha pubblicato Marsilio) dell’ungherese, poi naturalizzato canadese, Stephen Vizinczey. E’ il racconto dell’educazione sentimentale di un ragazzo, András, irresistibilmente attratto dalle amiche coetanee della madre, da una contessa quarantenne, dalla vicina di casa tradita dal marito e da altre donne mature che costruiscono il suo “romanzo di formazione”.

 

Sono loro che lo arricchiscono, che lo rendono l’uomo capace di apprezzare i sentimenti, la bellezza e la vita. La ricetta per la felicità sessuale, dice senza remore Vizinczey, è la stessa di un buon whisky: l’invecchiamento. Per qualche minuto, di fronte alla foto di Helen Mirren con il collo segnato dalle rughe e lo sguardo altero e perspicace, ci è stato consentito sognare e dimenticare quanto è difficile invecchiare per le donne e per gli uomini (e forse per le donne meno che per gli uomini).

 

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La mia, quella delle donne che si avviano ai settant’anni, è la prima generazione per cui quel passaggio si rivela davvero molto complicato. Per le nostre mamme e le nostre nonne la vecchiaia era solo l’ultima e inevitabile tappa della vita. Erano preparate. Ogni fase dell’esistenza era scandita da piccoli e grandi cambiamenti del corpo, dell’estetica e della cosmesi, da regole non scritte ma seriamente praticate che hanno anche cercato di trasmetterci.

 

Ci hanno detto con garbo e fermezza che con il tempo la proverbiale “bellezza dell’asino” (quella di qualsiasi giovinezza) a un certo punto sarebbe scomparsa, che il nostro patrimonio estetico avrebbe subìto una riduzione. La vecchiaia andava preparata, per averne meno paura. Eravamo ragazze e sapevamo già che dopo i quarant’anni non dovevamo più avere i capelli lunghi, perché fanno correre il rischio di assomigliare a una megera (ma proprio questa settimana, il magazine del Monde, nel suo speciale “beauté” sui nuovi cosmetici, ha messo in copertina una donna ultrasettantenne, capelli lunghi e bianchi e eyeliner bicolore).

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Sempre dalle madri ci arrivava il consiglio di rinunciare, arrivate a cinquant’anni, al rossetto troppo acceso, che avrebbe messo in risalto le rughe attorno alla bocca. E men che mai sarebbe stato opportuno indossare colori sgargianti, o cedere alla tentazione delle braccia scoperte, neanche nelle estati più torride, per evitare di mostrare carni meno che toniche. Regole e piccoli trucchi innocenti che non nascondevano ma sottolineavano i passaggi d’età: dalla giovinezza alla maturità, dalla maturità alla vecchiaia. Un giorno, un’anziana signora mi ha consigliato addirittura di non mettere più gioielli. “Dopo una certa età invecchiano – mi ha detto – meglio la bigiotteria”.

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