
DRONE WARS - LA NUOVA PASSIONE ULTRA-NERD SONO LE GARE DI DRONI: LE "PISTE" SONO PRATERIE, FORESTE, EDIFICI ABBANDONATI - "UNO SPORT ESTREMO PER PERSONE AVANTI CON L'ETA, CHE NON VOGLIONO RISCHIARE DI FARSI MALE", DICONO. MA GUARDARLI IN DIRETTA FA VENIRE LA NAUSEA (VIDEO)
VIDEO - UNA GARA DI DRONI NEI BOSCHI
Erik Olsen per “The New York Times”
Traduzione di Anna Bissanti per “la Repubblica”
La notte inoltrata, quando il centro commerciale è ormai vuoto, sei piloti si ritrovano nel parcheggio sotterraneo per esercitarsi a far volare i loro droni. Di rado la definizione di “underground” per uno sport emergente è stata più calzante. Tutti giovani, i sei piloti hanno lavori stabili, ma dicono che quella per le gare sta diventando una passione divorante.
Le corse dei droni sono uno sport ancora agli albori, ma che sta prendendo sempre più piede. «È il futuro», dice Charles Zablan, direttore operativo dell’International Drone Racing Association, un’associazione nata ad aprile a Los Angeles che conta già 500 iscritti. «Potrebbe diventare un fenomeno di massa come X Games o il motocross». Per ora, spiega, «siamo ancora nella fase sperimentale »: si stanno mettendo a punto i regolamenti, il pubblico scarseggia, nessuno ha le idee chiare sul futuro. Le corse si tengono in aperta campagna, ma è probabile che le cose cambieranno, visto che i piloti amano le sfide: foreste, edifici abbandonati e perfino siti patrimonio dell’umanità.
A questo sport per decollare serve denaro, che negli ultimi mesi ha iniziato a scorrere a fiumi. Ad agosto la Drone Racing League ha annunciato un investimento di un milione di dollari da parte di Stephen M. Rossi, proprietario dei Miami Dolphins. Il primo evento di richiamo è fissato per inizio 2016. A luglio alla California State Fair si sono svolti i campionati statunitensi organizzati dalla Rotor-Sport, con un montepremi di 25mila dollari. L’anno prossimo i mondiali si terranno alle Hawaii, con in palio 100mila dollari.
I piloti fanno volare i droni grazie a un telecomando con due joystick per controllare altitudine, direzione e velocità. Indossano occhiali che trasmettono in diretta i filmati provenienti da una telecamera montata sulla parte anteriore del drone. A dare impulso allo sport è proprio questa tecnologia ( first person view, Fpv), che consente di sentirsi “a bordo”; un’esperienza che a detta di molti ricorda da vicino la Corsa degli Sgusci di “Star Wars: Episodio I”. I droni sono fatti di materiali leggeri ma resistenti, come la fibra di carbonio, e sono poco più che semplici piattaforme per ospitare i motori, una batteria, un circuito elettronico e 4/6 propulsori.
«Pochi anni fa questa tecnologia era così costosa che solo un cineasta professionista poteva permettersela», dice Zablan. Oggi, bastano mille dollari per comprare un kit completo di occhiali Fpv. I droni da competizione sono più piccoli dei cugini quadrirotori come il Dji Phantom, il drone commerciale più venduto al mondo, che pesa un chilo e mezzo e arriva pronto per essere pilotato; sono poco sopra il mezzo chilo e vanno essere assemblati usando componenti acquistabili online o nei negozi di hobbistica.
A detta degli esperti, il 2015 sarà l’anno della svolta. Uno studio della Consumer Electronics Association ha previsto che quest’anno il mercato Usa incasserà 105 milioni di dollari, il 50% in più rispetto al 2014.
Ogni drone trasmette filmati a una frequenza che può essere vista da più apparecchi, ma chi li ha visionati senza i pollici sul telecomando ha sperimentato disorientamento e persino nausea. Le immagini sono sgranate e spesso distorte dall’interferenza delle onde radio. Il che ci riporta a un aspetto rilevante per il successo di pubblico delle gare: i droni da corsa sfrecciano a 112 chilometri l’ora, per cui seguirli senza occhiali Fpv «è un po’ come guardare due colibrì in giardino», dice il pilota Keith Robertson. Ecco perché il futuro forse sarà online, più che nelle gare dal vivo. «Instagram e You-Tube sono stati i due fattori che hanno accelerato al massimo la diffusione di questo sport», spiega Zablan.
Molti concorrenti hanno record acrobatici vinti usando una telecamera in più, e i momenti migliori del video possono essere trasformati in filmati da pubblicare sul web. Scot Refsland, direttore corse di RotorSports, spiega che la sua società sta mettendo a punto un sistema per girare filmati ad alta definizione: «Per molti, i piloti sono ancora un gruppetto di nerd. Invece vogliamo che tutti li conoscano ».
Alcuni video online di Carlos Puertolas, un pilota che si fa chiamare Charpu, hanno superato il milione di visualizzazioni. In uno dei più popolari, il drone di Puertolas vola in un ospedale abbandonato, passando in fessure così strette da sembrare impraticabili. Puertolas confida di essere approdato a questo sport dopo anni di gare con roller e skateboard: «È uno sport estremo per persone avanti con l’età, che non vogliono rischiare di farsi male».
C’è addirittura chi è convinto che questo sport potrebbe presto diventare una materia scolastica facoltativa. Agli occhi del pubblico, i droni hanno ancora una pessima reputazione (ha scatenato reazioni violente la notizia di quelli sorpresi a volare vicino ad abitazioni private o in zone colpite da incendi), ma c’è chi pensa che il problema sarà presto superato: «La gente li attacca come tutte le novità », sostiene Howarth, un pilota. «Ma quando la nostra passione si diffonderà, smetteranno di chiamare la polizia ogni volta che ne avvistano uno».