’alaska’’ di claudio cupellini

LA FESTA DEI GIUSTI – CON ‘’ALASKA’’ DI CLAUDIO CUPELLINI SI AVVIA A CONCLUSIONE LA DECIMA EDIZIONE DELLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA. ERA QUELLO CHE CI ASPETTAVAMO E CHE FORSE VOLEVA IL PIDDÌ ROMANO: UNA FESTA DA AMICI DI “REPUBBLICA”

'Alaska'' di Claudio Cupellini ’Alaska’’ di Claudio Cupellini

Marco Giusti per Dagospia

 

Festa di Roma. Ci siamo. Col terzo film italiano nella sezione maggiore, Alaska di Claudio Cupellini, scritto assieme a Filippo Gravino e Guido Iuculano, interamente dominato da una pazza storia d’amore tra Elio Germano e la bellissima Astrid Bergés-Frisbey, già Sirena per I pirati dei Caraibi e presto Ginevra per una nuova versione de I cavalieri della Tavola Rotonda, si avvia a conclusione la decima edizione della Festa del Cinema di Roma. Era quello che ci aspettavamo e che forse voleva il piddì romano?

'Alaska'' di Claudio Cupellini ’Alaska’’ di Claudio Cupellini

 

Chissà? Antonio Monda, il direttore,  ha scelto generalmente dei buoni film, anche se quasi tutti provenienti da altri festival, a parte i titoli italiani che erano vere anteprime internazionali, ha chiamato gli amici americani e italiani per gli incontri col pubblico, ha un po’ peccato di ingenuità nella costruzione delle giornate e nella loro spettacolarizzazione, ha tolto il tappeto rosso, ha detto però anche dei giusti no ai soliti noti da festival‎ e a un bel po’ di zavorra. Questa era la sua missione? Se volevate un vero festival, allora si poteva lasciare Mullerone o affidare a Piera Detassis la direzione e non la presidenza.

dante ferretti  francesca lo schiavo  antonio monda  paola e walter mainettidante ferretti francesca lo schiavo antonio monda paola e walter mainetti

 

Ripeto, sono scelte. A parte le randellate del “Corriere”, ma questo era fortemente una festa da amici di “Repubblica”, la critica è stata piuttosto bendisposta rispetto all’era precedente. E, comunque, c’erano dei buoni film, da The Walk, Room, Carol, Truth, e c'erano anche buoni film italiani per una volta applauditi e non fischiati in sala.

 

'Alaska'' di Claudio Cupellini ’Alaska’’ di Claudio Cupellini

A Venezia, ricordo inoltre, non avremmo avuto un oggetto strano come Lo chiamavano Jeeg Robot in concorso. Certo, Monda non ha avuto né Suburra Spectre Crimson Peak, ma forse neanche Mullerone avrebbe potuto averli (no?). Questo dimostra anche quanto poco abbia prodotto come immagine nazionale e internazionale la rissa continua su questo festival.

 

'Alaska'' di Claudio Cupellini ’Alaska’’ di Claudio Cupellini

Ma parliamo di Alaska di Claudio Cupellini. Era da un bel po’ che non si vedeva una storia d'amour fou nei nostri film, di solito troppo al maschile. Qua la storia d’amore fra il cameriere italiano Fausto, Elio Germano, e la neo-modella francese, Astrid Bergés-Frisbey, scoppiata casualmente su un terrazzo di un grande hotel di lusso a Parigi, è la miccia che porterà avanti un fortissimo mélo che supererà ogni barriera.

 

Fausto finirà in galera per due anni dopo aver picchiato un ricco cliente dell’hotel che lo ha scoperto insieme a Astrid mentre stavano spaparanzati nella sua suite da 500 metri quadrati a 15 mila euro a notte (mica male). Ma Astrid lo andrà a prendere due anni dopo a La Santé e se lo porterà a Milano, dove è diventata un’affermata modella. E da lì partiranno altre situazioni e rovesci della fortuna per entrambi.

 

antonio mondaantonio monda

Quello che non potrà cambiare è il loro legame, al di là delle situazioni del tutto diverse che li vedranno divisi. Se la prima parte del film, un po’ alla Jacques Audiard, è più breve e compatta, tutta la storia in carcere assieme a un maghrebino, Roschy Zed, che ha ucciso un uomo che ha disonorato sua moglie è notevole,  la seconda a Milano ha troppi colpi di scena e personaggi che portano a ramificazioni che disperdono la tensione.

 

wes anderson donna tartt antonio mondawes anderson donna tartt antonio monda

C’è Sandro, Valerio binasco, un balordo che diventerà socio di Fausto quando apriranno un locale fighetto, l’Alaska, c’è una nuova fidanzata ricca di Fausto, Elena Radonicich, con padre miliardario, Pino Colizzi. C’è pure un notevole cammeo di Marco D’Amore, il Ciro di Gomorra e già coprotagonista di Toni Servillo nel precedente film di Cupellini, Una vita tranquilla, che si porta via la ragazza e fa ingelosire Fausto.

 

Per fortuna il mélo ci riporta sui binari della prima parte e il film, alla fine funziona, più o meno come funzionavano Una vita tranquilla e le belle puntate da Cupellini per Gomorra La serie. I due protagonisti, Germano e la Bergés-Frisbey sono bravissimi e nel film si respiro un’aria da film europeo che non può che farci piacere.

 

 2 di noi 2 di noi

Tra le novità italiane viste a Roma segnalo anche il curioso pilot scritto e diretto da Ivan Cotroneo per la Indigo, 2 di noi, che sviluppa un’idea piuttosto originale. Due personaggi, un uomo e una donna, che nascondono la loro vera natura e il loro carattere nella vita di relazione, interpretati proprio da due diversi attori sdoppiati, cioè Giulia Michelini/Carolina Crescentini e Stefano Fresi/Alessandro Roja, cercano di stabilire fra loro un contatto, diciamo una storia d’amore.

 2 di noi 2 di noi

 

Solo che non ce la faranno coi loro volti più finti, Crescentini-Roja, ma casualmente rivelandosi per come sono. Molto divertente, non so quali sviluppi seriali possa avere il pilot, ma l’idea è molto carina. Vi ricordo anche il serio documentario che ha dedicato Toni d’Angelo a uno storico cineclub romano, Filmstudio mon amour, dove negli anni’70 venne celebrato tanto cinema underground e dove si tenne a battesimo un esordio come Io sono un autarchico di Nanni Moretti.

 

donna tartt antonio monda wes andersondonna tartt antonio monda wes anderson

Toni D’Angelo, troppo giovane per aver vissuto l’epoca d’oro dei cineclub, ognuno con una propria identità, penso solo a Roma a L’Officina o a L’occhio, l’orecchio, la bocca, si adopera però per fornirci un quadro storico e appassionato della storia del Filmstudio intervistando chi lo gestì e chi lo frequentò. E’ solo una parte di una storia più grande, ma è già qualcosa in un’epoca che è sempre più lontana da quel tipo di passione per il cinema.

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