cetto laqualunque

UN PAESE CETTOQUALUNQUISTA - IL PERSONAGGIO INVENTATO DA ANTONIO ALBANESE DOVEVA SFOTTERE I SOVRANISTI E INVECE NE E’ DIVENTATO L’IDOLO - PANARARI: “RAPPRESENTA UNO SPECCHIO DI UNA CERTA ANTROPOLOGIA NAZIONALE, E L'ESPRESSIONE TRIONFANTE DI UNA SOTTOCULTURA CHE RIVENDICA CON ORGOGLIO LE PROPRIE MALEFATTE, E SI STUPISCE SE QUALCUNO LE SI OPPONE IN NOME DELLA LEGALITÀ..."

Massimiliano Panarari per “la Stampa”

 

ANTONIO ALBANESE IN CETTO C E

E se ci volesse un re per risolvere i problemi dell'ex-Ilva? Un sovrano sovranista, un monarca del «Prima gli italiani» (e, certo, non un imprenditore globale-maharajà indiano). Al centro dell'ultimo film di Antonio Albanese - Cetto c'è, senzadubbiamente -, terzo capitolo della trilogia del «cettolaqualunquismo», si colloca la trovata di un golpe monarchico. Un cialtronesco - sebbene meticolosamente studiato - tentativo di restaurazione di una monarchia assolutista a cui il quasi latitante Cetto La Qualunque aderisce «assolutissimamente» (per farsi gli affaracci propri).

 

In poco meno di un decennio (a partire da Qualunquemente nel 2011), seppure con esiti disuguali (e a volte meno felici delle potenzialità), la serie di film su Cetto ha inventato e imposto al pubblico una grottesca maschera della commedia dell'arte di questa nazione divenuta ormai post-tutto (ma mai davvero «normale»). E ha saputo riproporre i vari mutamenti del clima d'opinione di questi anni.

ANTONIO ALBANESE IN CETTO C E

 

Così, la pellicola ora nelle sale ridicolizza il tentativo del figlio Melo di emanciparsi dal padre facendo il sindaco del paese a colpi di app, smart solutions, piste ciclabili, tanto verde pubblico, servizi per i cittadini e tornelli e badge per gli infastiditi dipendenti comunali. Ma a costituire il modello vincente - ahinoi - è appunto sempre il papà, prototipo del peggio della premodernità italiana che ha saputo traghettarsi nella postmodernità, sfruttandone le opportunità.

 

E, così, il cettolaqualunquismo rappresenta uno specchio (neanche troppo deformato) di una certa antropologia nazionale, e l'espressione trionfante di una sottocultura che rivendica con orgoglio le proprie malefatte, e si stupisce (fin quasi a indignarsi «sinceramente», come Cetto) se qualcuno le si oppone in nome della legalità.

cetto laqualunque antonio albanese

 

Il personaggio sembra un'incarnazione del pensiero del filosofo Ernesto Laclau. In maniera totalmente inconsapevole, va da sé, dal momento che lui ha business ben più importanti della «cultura» a cui badare (come quelli delle sue pizzerie-lavatrici in Germania); e, poi, quando sente quella parola mette mano - letteralmente - alla pistola. Per Laclau l'essenza del politico consiste nella costruzione di un popolo; e, di fatto, finisce per coincidere con il populismo.

 

La politica, dunque, per banalizzare un po' (ma non troppo), è sempre un affare di capi, boss e comandanti. Ed ecco allora, che Cetto identifica, per molti versi, la politica di questi nostri tempi. E, già autoproclamatosi nelle puntate precedenti della saga come un «leader di sinistra, centro, destra, di sopra e di sotto», in questo terzo atto viene irretito dall' offerta di diventare monarca (non da operetta, ma brutale come un capoclan).

antonio albanese nella parte di cetto laqualunque

 

Perché, dice Albanese nel film, gira e rigira, di fronte al «conclamato fallimento della democrazia» gli italiani invocano sempre «l' uomo forte». Che adesso si presenta con un mix di neoborbonismo e social sui quali riproporre, via Internet, il referendum tra monarchia e Repubblica. Un aspirante re neoborbonico emblematico del fatto che l' Italia volge troppo sovente lo sguardo al passato; e, oltre a non fare le rivoluzioni - il che, peraltro, non è necessariamente un male -, si ritrova sempre più immersa nella dimensione della retrotopia, come l'aveva chiamata Zygmunt Bauman.

 

Mai un progetto sul futuro e, per contro, il perenne rimpianto di un passato idealizzato e impossibile da riproporre. Mai un rischio e, invece, sempre il bisogno di rassicurazione. Non per nulla, il sovranismo e il populismo sono anch' essi, sotto più di un profilo, retrotopie, e si risolvono in una nostalgia regressiva (e aggressiva) di una perduta età dell'oro che, in verità, non c' è mai stata. «Dai, dai, conta su. Ah, beh, sì, beh. Ho visto un re». O un Uomo Forte.

Ultimi Dagoreport

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…

bergoglio papa francesco salma

DAGOREPORT - QUANDO È MORTO DAVVERO PAPA FRANCESCO? ALL’ALBA DI LUNEDÌ, COME DA VERSIONE UFFICIALE, O NEL POMERIGGIO DI DOMENICA? - NELLA FOTO DELLA SALMA, SI NOTA SUL VOLTO UNA MACCHIA SCURA CHE POTREBBE ESSERE UNA RACCOLTA DI SANGUE IPOSTATICA, COME ACCADE NELLE PERSONE MORTE GIÀ DA ALCUNE ORE - I VERTICI DELLA CHIESA POTREBBERO AVER DECISO DI “POSTICIPARE” LA DATA DELLA MORTE DEL SANTO PADRE, PER EVITARE DI CONNOTARE LA PASQUA, CHE CELEBRA IL PASSAGGIO DA MORTE A VITA DI GESÙ, CON UN EVENTO LUTTUOSO - UN PICCOLO SLITTAMENTO TEMPORALE CHE NULLA TOGLIE ALLA FORZA DEL MAGISTERO DI FRANCESCO, TERMINATO COME LUI VOLEVA: RIABBRACCIANDO NEL GIORNO DELLA RESURREZIONE PASQUALE IL SUO GREGGE IN PIAZZA SAN PIETRO. A QUEL PUNTO, LA MISSIONE DEL “PASTORE VENUTO DALLA FINE DEL MONDO” ERA GIUNTA AL TERMINE...