1. IL PARTITO RAI SI SGRETOLA SOTTO GLI ATTACCHI DI RENZI. MAURIZIO MANNONI (TG3) E MARCELLO MASI (TG2): “GLI ITALIANI NON CAPIREBBERO LO SCIOPERO”, DEFINITO “UMILIANTE” DAL PREMIER. E L’USIGRAI ABBASSA LA TESTA: “SIAMO PRONTI ALLE RIFORME” 2. IL DIRIGENTE RENZIANO DE SIERVO PREPARA UNA “LEOPOLDA RAI”, CON 100 MANAGER INTERNI E 100 ESTERNI PER DECIDERE IL FUTURO DELLA TV: RAI1 E RAI2 SENZA CANONE, RAI3 PUBBLICA 3. L’UNICO BASTIONE ANTI-PITTIBIMBO RIMANE FLORIS CHE STA PREPARANDO UNA PUNTATA SUI CONTI TRABALLANTI DEL GOVERNO. E IERI RENZI LO HA ATTACCATO ANCORA 4. QUANTO SI DIVERTONO I GIORNALI A METTERE IN FILA GLI SPRECHI DELLA “CASTA” RAI! “LA SEDE DI FIRENZE HA 132 DIPENDENTI PER 18MILA METRI QUADRI. QUELLA DI SASSARI SERVIVA SOLO A FAR FELICI COSSIGA E BERLINGUER. A SKY IL COSTO DEL LAVORO PESA PER IL 7% DEI RICAVI, A MEDIASET PER IL 13 E IN RAI PER IL 36%. CON COMPENSI MILIONARI AI BIG”. E I BIG CHE STANNO RINEGOZIANDO I CONTRATTI NON SANNO COME SCHIERARSI

1. LEOPOLDA RAI

LUIGI DE SIERVOLUIGI DE SIERVO

Fabio Martini per “La Stampa

Ai piani alti di viale Mazzini la chiamano già la “Leopolda Rai”. L’idea è venuta a Luigi De Siervo - da poche settimane leader dell’Adrai, il sindacato dei dirigenti Rai - e il progetto è quello di riunire entro l’estate cento manager interni e cento esterni, per iniziare a discutere sul futuro di un’azienda che da anni ha rinunciato a ragionare strategicamente sul proprio ruolo in un mondo della comunicazione in continua evoluzione.

LUIGI DE SIERVO jpegLUIGI DE SIERVO jpeg

Una convention destinata a cadere in un frangente senza precedenti: nei sessanta anni di storia della Rai, mai si era determinato un conflitto frontale tra il governo e la tv pubblica come quello in corso da alcuni giorni. De Siervo, 45 anni, fiorentino, non è un dirigente qualunque: è amico e unico interlocutore di Matteo Renzi in Rai e anche per questo il presidente del Consiglio potrebbe intervenire alla convention.

Ma l’eventuale partecipazione di Renzi ad un appuntamento, peraltro ancora da fissare, non dovrebbe segnare un’inversione di rotta nell’atteggiamento seguito fin qui da Palazzo Chigi nei confronti della Rai. Da quando è diventato presidente del Consiglio, Renzi si è imposto un profilo anglosassone, da separazione dei poteri, il che ha portato ad alcuni inediti malintesi. A fine febbraio, non appena Renzi ha assunto la guida del governo, il presidente della Rai Anna Maria Tarantola e il direttore generale Luigi Gubitosi si sono fatti vivi a Palazzo Chigi, prospettando un incontro.

renzi leopolda renzi leopolda

Renzi non si è rifatto vivo. In questo segnando una linea di discontinuità con Enrico Letta che, altrettanto attento a non interferire, incontrò formalmente i vertici dell’azienda. Nei primi cento giorni di governo, Matteo Renzi ha spiazzato il “partito Rai” con una politica di non-ingerenza: niente pressioni sui direttori di tg e di rete, né per favorire la rimozione dei riottosi, né per imporre una linea filo-renziana. Contando, evidentemente, in un auto- allineamento.

Un approccio culminato in quello che a viale Mazzini viene considerato un atto di ostilità: la sottrazione dei 150 milioni dal bilancio dell’anno in corso. Una richiesta contestata, fino alla indizione dello sciopero dell’11 giugno da parte dall’Usigrai, il sindacato dei giornalisti, che divenne (ma non lo è più) un “potere forte” durante la leadership di Beppe Giulietti che, con Biagio Agnes direttore generale, alla fine degli Anni Ottanta era diventato una sorta di consigliere di amministrazione aggiunto.

renzi leopolda renzi leopolda

Per il momento Matteo Renzi non ha un suo “piano” organico, né un’ora x nella quale prendere il potere o modificare la governance. Per ora circolano soltanto suggestioni. Sul breve, il sottosegretario Antonello Giacomelli, plenipotenziario alle Comunicazioni, ha fatto capire che ci saranno novità sul fronte del canone, con una lotta agli evasori e una rimodulazione del “quantum”, un approccio che potrebbe portare Renzi a sintetizzare il tutto così: pagherete tutti, ma pagherete meno.

Più difficile immaginare quale sia il disegno strategico. Il sedicesimo dei cento punti della Leopolda 2011 recitava così: «Oggi la Rai ha 15 canali, dei quali 8 hanno una valenza “pubblica”. Questi vanno finanziati attraverso il canone. Gli altri, inclusi Rai1 e Rai2, devono essere da subito finanziati esclusivamente con la pubblicità, con affollamenti pari a quelli delle reti private».

ANNA MARIA TARANTOLA DAVANTI AL CAVALLO DI VIALE MAZZINI ANNA MARIA TARANTOLA DAVANTI AL CAVALLO DI VIALE MAZZINI

Insomma una Rai3 senza pubblicità e in prospettiva unica rete pubblica. E quanto alla nuova governance del servizio pubblico si auspicava: «Dev’essere riformulata sul modello Bbc. L’obiettivo è tenere i partiti politici fuori dalla gestione». Certo, il modello-Bbc è da anni la formula magica sbandierata dai partiti per continuare le lottizzazioni e i tanti affari con le società “amiche” e per questo sarà interessante misurare la differenza tra il Renzi della Leopolda “vera” e quello che lui stesso dirà alla “Leopolda Rai”.

 

viale mazziniviale mazzini

2. DOPO BERLUSCONI, TSIPRAS E GRILLO FLORIS FINISCE NEL MIRINO DI MATTEO - E IL CONDUTTORE PREPARA UNA PUNTATA SUI CONTI DEL GOVERNO

Maria Corbi per “La Stampa

Quando li vedi insieme, uno di fronte all’altro, uno che fa domande e l’altro pure, è impossibile non pensare ai due compagni di classe secchioni che ognuno di noi ha avuto. Matteo Renzi e Giovanni Floris, stessa generazione, stessa aria perbene, stessa voglia di primeggiare e, adesso, di litigare. Floris di lotta, e poco di governo, questa volta con lo strapotere renziano, ma anche prima quando si rifiutava di fare da centralinista con Berlusconi che scambiava Ballarò per un call center di lamentele.

LUIGI GUBITOSI IN VERSIONE BLUES BROTHER ALLA FESTA DI DESIREE COLAPIETRO FOTO DA IL MESSAGGERO LUIGI GUBITOSI IN VERSIONE BLUES BROTHER ALLA FESTA DI DESIREE COLAPIETRO FOTO DA IL MESSAGGERO

Adesso Renzi non usa la cornetta e va direttamente in studio. Ma anche lui spesso non gradisce essere interrogato. L’ultima volta le domande sui tagli alla Rai hanno scatenato un botta e risposta acido come lo yogurt. Sorrideva Matteo, sorrideva Giovanni, ma i sottotitoli erano chiari. E adesso dalla tribuna del Festival dell’Economia di Trento Renzi rincara la dose, se qualcuno non avesse capito ancora che i tagli da 150 milioni di euro la Rai dovrà farli. Sciopero o non sciopero.

Il premier ha sottolineato come in Rai anziché riflettere sulle proposte dell’azionista, cioè di palazzo Chigi, «si stia scegliendo un’altra strada, con conduttori che fanno domande assumendo le parti dell’azienda». «Lo trovo molto singolare», dice. «Ho visto gli effetti perversi della politica sulla Rai, per questo ho detto che non ci avrei mai messo bocca».

Gubitosi Andreatta foto Olycom Gubitosi Andreatta foto Olycom

Ogni riferimento non è casuale. Il conduttore che ha fatto qualche domanda di troppo è lui, Giovanni Floris. E la domanda che non è piaciuta a Renzi è quella fatta da Floris durante il Ballarò pre elezioni europee sui vantaggi che potrebbe avere Mediaset dopo i tagli alla Rai.

«La tv pubblica non è dei conduttori tv o dell’Usigrai» twittò stizzito Matteo appena uscito dal salotto di Floris. L’Usigrai rispose subito - «nemmeno sua» - e Floris no. Perchè non è nel suo stile il confronto immediato, meglio ricondurre tutto nello studio di Ballarò. Meglio pensarci bene. Prepararsi bene, visto che dall’altra parte c’è un primo della classe come lui. E dicono che in preparazione ci siano delle puntate belle piene su Renzi, il suo governo e la sua spending review. Nessun passo indietro dopo i tweet-pizzini del premier.

Andrea Vianello Luigi Gubitosi Angelo Teodoli Giancarlo LeoneAndrea Vianello Luigi Gubitosi Angelo Teodoli Giancarlo Leone

E nemmeno di fronte alle dichiarazioni -pizzini al festival dell’Economia di Trento. Tanti nemici tanto onore. E Floris ne ha parecchi. Dallo storico, Silvio Berlusconi, a Renzi passando anche per il leader greco Tsipras e i suoi seguaci italiani.

Dopo la puntata di Ballarò, il 6 maggio, è sempre un tweet postato dall’account ufficiale della lista a manifestare il disappunto: «La chiamano par condicio. Il trattamento riservato da #Ballarò a Alexis Tsipras è vergognoso». I grillini del M5S lo hanno ritratto in un fotomontaggio come lustrascarpe dei potenti e Grillo lo ha minacciato: «Manderemo noi la troupe a casa da lui e gli chiederemo quanto spende». Renato Brunetta gli ha fatto le pulci contando quanti ospiti di destra e sinistra aveva fatto accomodare sulle sue poltroncine. La risposta di Giovanni Floris? Sempre la stessa. Alè.

 

SCAZZO RENZI FLORIS SCAZZO RENZI FLORIS

3. GRATTACIELI, DOPPIE SEDI UN TG DA 4 MILIONI DI EURO ECCO I CONTI DELLA PERIFERIA

Matteo Pucciarelli per “la Repubblica

Il caso più chiacchierato riguarda proprio la Firenze di Matteo Renzi. La sede regionale a due passi dal Lungarno e con gradevole vista sui colli toscani la volle Ettore Bernabei, fiorentino, democristiano e potentissimo gran capo di mamma Rai dal 1960 al ‘74. Non si badò troppo a spese, di mezzo c’era stato anche la grande alluvione e la città si meritava un riconoscimento: 18mila metri quadrati di palazzo ad opera dell’architetto (fiorentino) Italo Gamberini. Oggi ci lavorano 132 persone. Calcolatrice alla mano, fanno 136,4 metri quadrati a testa. Un appartamento di tutto rispetto per ognuno, volendo.

SCAZZO RENZI FLORIS SCAZZO RENZI FLORIS

È anche lì, nelle 21 sedi (e 24 redazioni) che la tv pubblica ha o prende in affitto nelle varie regioni italiane, che da anni si dice, si ripete e si intima di tagliare sprechi grandi e piccoli. In Sardegna ad esempio ci sono due basi Rai: una a Cagliari, l’altra a Sassari. Una nel capoluogo vero, l’altra in quello politico, perché da lì venivano Francesco Cossiga, Antonio Segni, Enrico Berlinguer. Oggi nella seconda ci lavorano sette persone, 1100 metri quadrati a disposizione.

Chiudiamola? Ma no, insorge il senatore pd Silvio Lai, sassarese. «Sassari ha la specificità di essere la provincia più vasta d’Italia spesso interessata a eventi internazionali» eccetera eccetera. Oppure Genova. «La Rai sta dentro ad un grattacielo di 12 piani ma ne occupa a malapena tre», fu la denuncia di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera , l’inaspettato fuoco amico.

floris a palazzo chigi da renzi floris a palazzo chigi da renzi

A cosa servono tutte queste sedi?, si domandò da sola. «A produrre tre tg regionali al giorno — scrisse — con prevalenza di servizi sulle sagre, assessori che inaugurano mostre, qualche fatto di cronaca. L’edizione di mezzanotte costa 4 milioni l’anno solo di personale. Perché non cominciare a razionalizzare?».

Le rispose l’Usigrai: «Le redazioni regionali non producono solo tre tg al giorno, ma tre telegiornali, due giornali radio, gli appuntamenti quotidiani della mattina Buongiorno Regione e Buongiorno Italia, un tg scientifico quotidiano, un settimanale, diverse rubriche quotidiane e settimanali a trasmissione nazionale, cui vanno aggiunti tutti i servizi che ogni giorno vengono prodotti per i tg nazionali. Solo per fare alcuni numeri: da Milano, Torino e Napoli arrivano oltre 12mila pezzi all’anno. In sintesi, la TgR produce 8500 ore tv e 6200 radiofoniche».

Vittorio Di Trapani Vittorio Di Trapani

Per la manutenzione edile degli uffici delle città citate dal segretario Usigrai, più Roma, un bando di gara della Rai ha previsto una spesa triennale di 9 milioni e 590 mila euro. E le semplici pulizie? Altro bando da quasi 36 milioni di euro in quattro anni. Poi ci sono le frequenti trasmigrazioni dei funzionari romani mandati fuori dalla Capitale a dirigere le sedi locali. Esilio forse, dorato di sicuro: oltre allo stipendio, 3000 euro al mese per un alloggio decente e 700 euro a settimana per la trasferta.

Gli sprechi si sprecano, ma sul dove cominciare a tagliare nessuno si mette mai d’accordo, perché lo spreco vero è sempre altrove. Gli uffici di corrispondenza dall’estero, allora? Sono undici, Africa compresa (nello specifico, Nairobi); e adesso potrebbe riaprire Istanbul. Perché non partire da lì?, si chiedono a Sassari, o magari la redazione slovena di Trieste, o quella ladina di Bolzano.

LA STATUA A BIAGIO AGNES ALLA RAI DI SAXA RUBRALA STATUA A BIAGIO AGNES ALLA RAI DI SAXA RUBRA

Si sa comunque che a Sky il costo del lavoro pesa per il 7% dei ricavi, a Mediaset per il 13 e in Rai per il 36%. Con i compensi milionari ai big che pesano come macigni. Un anno fa il Codacons inviò un suo dossier alla Corte dei Conti mettendo in luce i vari compensi monstre, i magistrati contabili aprirono un’istruttoria.

Una grande famiglia quella della tv di Stato, dove oltretutto nei fatti ci si fa la guerra. Il consigliere della Rai Antonio Pilati (quota centrodestra) si sfogava sul Foglio: «Ogni rete è un mondo a sé, in concorrenza con gli altri, una repubblica autonoma che non esita a tirare calci agli stati confinanti». Salvo la tregua dell’11 giugno per lo sciopero unitario contro i tagli.

SAXA RUBRASAXA RUBRA

 

4. A SAXA RUBRA IL FRONTE VACILLA “SE SI RIFORMA NOI CI STIAMO”

Leandro Palestini per “la Repubblica

Maurizio Mannoni Maurizio Mannoni

Lo sciopero della Rai contro il governo è in bilico. Matteo Renzi sta sparigliando il fronte degli undicimila dipendenti che, l’11 giugno, dovrebbero spegnere il Servizio pubblico contro il taglio di 150 milioni del decreto Irpef. Mentre il premier giudica «umiliante » questo sciopero e auspica una nuova governance Rai, nelle redazioni di Tg e Gr molti giornalisti, dirigenti e maestranze, giudicano inopportuno lo sciopero. “Contrordine compagni”.

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Dopo le parole di Renzi, il sindacato Usigrai emette una nota: «Finalmente siamo al cuore del tema. Finalmente si parla di riforma della Rai Servizio Pubblico. Se è questa la partita che Renzi vuole fare, noi ci stiamo». Un’apertura condivisa dalla Federazione nazionale della stampa. «Lo choc sui tagli alla Rai si trasformi al più presto in una cura salutare: il governo metta sul campo una riforma profonda, prima che si combinino guai per eccesso di polemiche», afferma il segretario della Fnsi, Franco Siddi.

Maurizio Mannoni, conduttore di Tg3 Linea Notte, spera che «Renzi liberi la Rai dalle zampe dei partiti: da anni è il sogno di chi ci lavora, basta con l’azienda occupata da tante piccole repubbliche. Sullo sciopero ho molti dubbi, faremmo fatica a spiegarlo a chi fa sacrifici veri. Sui tagli bisogna ragionare, ma è giusto cambiare la governance ».

flavio muccianteflavio mucciante

Per il direttore del GrRai, Flavio Mucciante, «lo sciopero è una iniziativa estrema », ritiene che «la Rai non possa sottrarsi «alla propria responsabilità di concorrere al risanamento della spesa, ma gli interventi dovranno salvaguardare i pilastri sui quali si fonda il servizio pubblico: pluralismo e completezza dell’offerta».

simona salasimona sala

Un tempo, Bruno Vespa confessava che la Dc era l’editore di «riferimento». Oggi Matteo Renzi ammonisce: «I direttori del Tg1 non abbiano come riferimento il Pd o chi vince le elezioni». Mario Orfeo non commenta. Ma Simona Sala, quirinalista del Tg1, dice che nel suo Tg non c’è più l’editore di riferimento, «i giornalisti Rai chiedono da anni una riforma della governance, che porterebbe a risparmi e al rilancio aziendale. Lo sciopero? Spero che non coincida coi Mondiali, produrrebbe danni ».

CORRADINO MINEO RICCARDO JACONA E MARIA CUFFARO CORRADINO MINEO RICCARDO JACONA E MARIA CUFFARO

«Sono contrario allo sciopero, perché non viene compreso dalla maggior parte delle persone. Rischiamo di apparire quelli che non siamo, cioè una corporazione », afferma Marcello Masi, direttore del Tg2, caldeggiando una «Rai riformata». Giovanni Floris, reduce di un battibecco col premier (a Ballarò) oppone il silenzio a Renzi che fa il suo identikit: «i conduttori che fanno domande assumendo le parti dell’azienda». Corradino Mineo, senatore Pd, ex direttore di RaiNews, critica l’attuale gestione Rai («non ha portato innovazione ») e ride dello sciopero: «Non è stato organizzato neanche quando Berlusconi ha fatto l’editto bulgaro».

Intervento di Carlo Freccero Intervento di Carlo Freccero

Roberto Fico, M5s, presidente della Vigilanza, chiede una Rai «trasformata, riformata, cambiata», pensa che i 150 milioni chiesti dal governo rappresentino una «svendita di RaiWay».

Carlo Freccero, esperto di comunicazione, teme che toccando la Rai «possa finire la luna di miele tra il premier e il Paese. I tagli portano il segno del Rottamatore Renzi: non so se lui abbia un’idea chiara di cosa fare del Servizio pubblico, ma deve capire che è un passaggio complicatissimo. Il taglio di 150 milioni può abbattersi sul prodotto Rai, già deficitario, manca la pubblicità, sarebbero a rischio le fiction e l’informazione».

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