
TRA IL PASSATO RIMOSSO E IL FUTURO CHE NON ESISTE: IL FOTOREPORTAGE DI “TIME” SUI CAMPI PROFUGHI SIRIANI, DOVE I MATERASSI SI VENDONO AL MERCATO NERO E LE MOSCHEE SI DISEGNANO SUI PREFABBRICATI
Lo stato di profugo dovrebbe essere temporaneo, ma senza un posto a cui tornare - una casa, una nazione - il limbo diventa permanente, uno spazio imposto e ritagliato nello stato di qualcun altro, dove vengono soddisfatti (quando va bene) i bisogni fisici come mangiare, bere o dormire, ma non ci sono diritti di cittadinanza e le aspirazioni umane perdono senso.
I profughi sono confinati in uno spazio e imprigionati nel tempo, tra un passato rimosso e un futuro che non esiste. Nel caso dei profughi siriani la comunità internazionale si è mossa dando l'indispensabile. Libano, Turchia, Giordania hanno dato ospitalità , le ONG si sono occupate dei rifornimenti alimentari e dell'assistenza medica. E i profughi si aiutano l'uno con l'altro. Gruppi diversi di sradicati stanno riuscendo a convivere. Ma torneranno mai in Siria? E se non accadesse, che fine faranno queste persone? Verranno riconosciuti loro dei diritti? Delle opportunità ? O verrà creato un altro popolo senza stato?
Ecco gli scatti del fotografo di "Time" James Nachtwey, che ha documentato la vita dei profughi siriani. Le immagini sono di dicembre e gennaio: ci sono ragazzini che prendono le razioni di pane, i prefabbricati che arrivano a sostituire le tende, i neonati che emettono il primo vagito. Le Nazioni Unite provvedono a fornire materassi, coperte e altro, che spesso viene barattato al mercato nero, magari per comprare sigarette, tè, più pane, o un forno.
Nel campo di Za'atari un profugo disegna sul prefabbricato la moschea Al-Aqsa di Gerusalemme, il terzo sito più sacro dell'Islam. Nel campo di Bekaa Valley, in Libano, le condizioni sono più "informali". Non ci sono prefabbricati. I profughi si costruiscono capanne di legno e le coprono con incerate o materiali presi dai cartelloni pubblicitari.



