IL CINEMA DIMAGRISCE MA NON MUORE - COME PER LA FINE DEL MONDO, TUTTI ANNUNCIANO LA MORTE DELLE SALE CINEMATOGRAFICHE MA I FILM RESISTONO A TV, TECNOLOGIA, CRISI - CRISI? PER VERDONE E’ LA PRIMA CAUSA DEI FLOP AL BOTTEGHINO - SEGUONO PIRATERIA E “TRISTEZZA” DEI FILM - “IL CLIMA DI DEPRESSIONE NON AIUTA NÉ GLI SPETTATORI NÉ GLI AUTORI” - “NON CI SI SFORZA PIÙ NEL CERCARE NUOVE STRADE. SEMBRA TUTTO UN REMAKE…”
1 - VERDONE: "NON Ã SOLO LA CRISI IL CINEMA AFFONDA PER CARENZA D'IDEE"...
Pedro Armocida per "il Giornale"
Iniziamo dalla fine, purtroppo: «La sala cinematografica ha un futuro? Io inizio a nutrire qualche dubbio». L'intervista con Carlo Verdone, nel telefono l'eco dei primi botti di Capodanno, si conclude con una domanda retorica che ci lascia un po' sorpresi, pronunciata da uno dei registi e interpreti più popolari del nostro cinema che nelle sue analisi, sempre attente e puntuali, non è mai stato catastrofico.
Perché Verdone, che sta girando insieme al fratello Luca un documentario su Alberto Sordi, è «popolare» anche nel senso di saper riconoscere in anticipo tic, usi e costumi della nostra Italia. Così, di fronte a uno dei peggiori incassi natalizi dell'ultimo decennio, Carlo Verdone che recentemente s'è visto respinto alle primarie del Pd nel ballottaggio Bersani/Renzi perché non aveva potuto votare alla prima tornata per un incidente, sembra abbandonare qualsiasi nota di ottimismo: «A rischio di essere banali, al primo posto dei motivi di questa penosa situazione c'è la crisi economica».
Un tempo si pensava che l'intrattenimento non ne risentisse.
«E invece in Italia non è così. La crisi è molto ma molto seria. L'ha capito bene chi è rimasto senza lavoro e chi deve tirare avanti con 900 euro al mese, persone che conosco bene. Così gli spettatori sono obbligati a farsi i conti in tasca e concedersi un tot di film l'anno. Un bel film come Argo quattro o cinque anni fa sarebbe andato molto meglio».
E al secondo posto di questa classifica tutta negativa che cosa troviamo?
«Io ci vedo la pirateria che dà al sistema un'altra botta da novanta. Ogni tanto chiudono qualche sito ma poi non cambia niente. In Francia ci sono riusciti con una legge. In Italia appena affronto l'argomento mettono sotto attacco il mio sito. Ma dovrebbero essere l'Anica e l'Agis a pensarci insieme al Governo e alle compagnie telefoniche perché il problema è che chi scarica non fa solo un danno a me come autore ma a circa 400mila lavoratori dell'audiovisivo».
Però quella della pirateria è una sua fissazione che sembra venire da lontano......
«Lo sa che cosa mi ha detto la Guardia di Finanza? Che sono il più scaricato d'Italia. L'avevo già capito nel 1995. Stavo vedendo un programma in tv tipo La vita in diretta quando sento che stanno per mandare in onda le immagini di un'operazione della Guardia di Finanza. I militari entrano in un condominio, abbattono la porta di un appartamento e trovano una decina di persone al lavoro su più di cento videoregistratori che stavano duplicando un solo film, il mio Viaggi di nozze».
Ma se il pubblico diserta le sale e non sceglie tanto i film italiani non sarà anche un po' colpa nostra?
«Naturalmente e questo è il terzo punto della mia analisi. Lo specchio della crisi è anche psicologico. Il clima di depressione non aiuta né gli spettatori né gli autori. Non ci si sforza più nel cercare nuove strade. Non riusciamo più a essere curiosi come quando realizzavamo Ladri di biciclette o Umberto D.. Ora tutto sembra un remake che rappresenta una vera resa alla fertilità creativa. E poi basta con i film di "vacanze", non è più periodo di vacanze».
I suoi film sono tra i pochi che varcano i confini nazionali.
«Riesco ad andare un po' in giro, in Spagna, in America Latina nei Paesi dell'Est. Certo vedo tanti film finanziati che costano tanto e non vanno all'estero. Per questo cerco di non fare un cinema due camere e cucina. Dobbiamo tutti cercare di stupire un po' di più. Perché ognuno deve fare la sua parte, anche le sale cinematografiche».
In che senso?
«Ormai gli schermi entrano nelle tasche, sono sempre più piccoli e più tecnologici. Così la sala cinematografica dovrebbe essere un tempio. Perché non è ammissibile andare in un cinema e trovare magari le sedie rotte, il riscaldamento mancante d'inverno e l'aria condizionata d'estate. A volte penso che il nostro sia ormai un paese in svendita che fa acqua da tutte le parti».
Parliamo di cose positive, il classico sondaggio di fine anno della rivista Ciak ha decretato come migliori attori italiani del 2012 Pierfrancesco Favino e Micaela Ramazzotti interpreti del suo recente Posti in piedi in paradiso.
«Mi ha fatto molto piacere. Devo ammettere che ci sono in Italia tanti bravissimi attori, molti dei quali sarebbero anche dei caratteristi perfetti - una categoria che ha fatto la fortuna del nostro cinema - ma la verità è che oggi vogliono tutti essere solo protagonisti. Però non posso dimenticare quanto hanno dato al mio cinema dei caratteristi indimenticabili come Mario Brega, Angelo Infanti o Lella Fabrizi».
Quali film consiglierebbe al cinema oltre all'attesissimo, ad aprile, La grande bellezza di Paolo Sorrentino con lei insieme a Sabrina Ferilli e Toni Servillo?
«Gli stessi che andrò a vedere nei prossimi giorni appena escono: La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, The Master di P. T. Anderson e Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow».
2 - COME NON FARSI FREGARE DAI MAYA E DA CHI DICE CHE IL CINEMA Ã MORTO...
Mariarosa Mancuso per "il Foglio"
Dalla caduta dell'Impero romano la fine del mondo è stata annunciata 183 volte. Le ha contate lo storico Luc Mary, nel suo libro "Le mythe de la fin du monde, de l'antiquité à 2012". La prossima è prevista per il 10 aprile 2014, secondo la Cabala (non nel senso della mistica ebraica: il riferimento è alla setta che vantava tra i suoi adepti Madonna Ciccone e altre celebrità in cerca di guru).
Superfluo segnare la data sull'agenda. Ci sarà sempre qualcuno pronto a ricordarci con mesi d'anticipo che il mondo sta finendo, per volontà di Dio oppure per mano degli uomini che inquinano il pianeta. Come nel caso della scampata apocalisse Maya. Popolo che peraltro si è estinto ben prima della data fatidica: il dettaglio avrebbe dovuto farci dubitare delle loro qualità divinatorie.
Ancora più cagionevole del pianeta è il cinema, dato per morto assieme al romanzo ogni volta che un critico si sveglia con la luna storta o un regista (o scrittore) inciampa in un insuccesso. Ogni tanto però qualcuno imbraccia la mitraglietta contro i profeti di sventura, facendo il lavoro sporco. Per questo teniamo come cosa cara il link (i ritagli non usano più, per gli apocalittici è un altro segno che il mondo sta finendo) a un articolo dell'Orange County Weekly. Titolo: "Breve storia di una lunga morte".
Quella del cinema, appunto, che cominciò a trapassare negli anni Dieci del secolo scorso. Già allora infatti era opinione comune che il mezzo avesse disatteso le sue potenzialità artistiche, riducendosi a divertimento per "gli illetterati, gli scrofolosi e i malnutriti". Si pensava fosse anche pericoloso per la salute, a causa del nitrato d'argento che provocava incendi e avrebbe avvelenato le star.
Passano vent'anni e arriva il cinema sonoro, di nuovo additato come un pericolo. Il cinema era sul punto di dare il suo contributo all'arte, e 'sti deficienti cominciano ad aggiungere i dialoghi che rovinano ogni cosa. Era il pensiero dominante, non solo negli Stati Uniti ma anche in Italia (dove ancora esistono specialisti di cinema muto arroccati sulle loro posizioni). Il Chicago Tribune addossa al cinematografo la responsabilità del mondo che va male: "Invece di contribuire alla pace universale, i film parlati creano conflitti".
Nel 1950 l'assassino del cinema si chiama televisione. Sessanta milioni di apparecchi casalinghi hanno l'effetto di dimezzare i biglietti venduti negli Stati Uniti. Stavolta sono tutti concordi: è il punto più basso mai raggiunto dall'industria e non si vede all'orizzonte nessuna ciambella di salvataggio. Dwight Macdonald, a noi caro per aver inchiodato alle sue responsabilità il midcult (che esisteva ben prima di Fabio Fazio), chiede su Esquire: "Perché non sappiamo più fare film?".
"Perché oggi i film non sono più belli come una volta?" è infatti la frase preferita di chi ha smesso di andare al cinema e vuole che qualcuno gli firmi la giustificazione (per il resto non può non dirsi "amante del cinema di qualità ", frase che a noi subito indispone). Nel 1980 tocca a Pauline Kael: "Quando vedo la gente che fa la fila al botteghino, penso che sia un pubblico ereditato dai tempi passati, più che conquistato".
Vale forse per l'Italia, dove gli incassi sono calati del 30 per cento. Non per gli Stati Uniti che stanno chiudendo un anno grandioso. Eppure nel 1996 Susan Sontag aveva pronunciato il suo "cento e non più cento": il primo centenario del cinema è anche l'ultimo, tanto vale chiudere bottega, visto e considerato che oggi i film non sono più belli come una volta. Con l'incrollabile certezza che dagli errori non si impara, aspettiamo a braccia aperte (e con un randello in mano) il prossimo della lista.
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