renato zero

NUMERO ZERO (RENATO) – "SONO SEMPRE STATO AVANTI DI 30 ANNI: LE PIUME E LE PAILLETTES MI HANNO TOLTO DALLA NOIA” – RENATINO LANCIA IL NUOVO ALBUM: "SUI SOCIAL C'È UNA COMPETIZIONE INSANA A VOLER ASSOMIGLIARE A SARA FERRAGNI... AH, SI CHIAMA CHIARA? - GRETA? TRA TANTI ADULTI CHE DICONO ST*ONZATE, MEGLIO UNA BIMBA CHE DICE COSE GIUSTE” – E POI IL SESSO, LE CULLE VUOTE, L’ABORTO, IL RAPPORTO CON DIO, IL MACHISMO (“TANTI MASCHI MA POCHI UOMINI, COME IN PARLAMENTO”) - “SONO UN PECCATORE ECCELLENTE” – VIDEO

 

1 - TUTTE LE ANIME DI ZERO

Sandra Cesarale per il “Corriere della sera”

 

renato zero

Geisha, fauno, divinità indiana, un signore dai capelli bianchi e ricci che assomiglia a Dio: Renato Zero, a 69 anni (compiuti ieri) mette in mostra le sue mille anime per presentare il nuovo album Zero il folle (nei negozi da venerdì). E il primo novembre partirà da Roma il nuovo tour nei palasport: 13 le date già sold out.

 

«Le piume di struzzo, le paillettes - dice in una sala colma di fan che gli cantano Tanti auguri - mi hanno tolto dal grigiore di una vita come quella di papà, che voleva fare il tenore e non c' è riuscito. Oggi voglio festeggiare Zero per avermi posseduto dall' età di 15 anni, per avermi tolto dalla nullatenenza, dalla noia, ma soprattutto per avermi infuso quel desiderio di cambiare le cose e la vita.

 

renato zero

Quella di Renato e di Zero è stata una convivenza contrastata. Zero a un certo punto era diventato troppo invadente, l' ho rimesso a posto. Ormai dormiamo nello stesso letto e usiamo lo stesso rasoio. Ma è un bene che ci siano conflitti. Essere appagati sarebbe un vivere monocorde e insignificante».

 

Nell' album - registrato a Londra con Trevor Horn, Alan Clark e Phil Palmer dei Dire Straits - c' è tanta attualità: ecologia, globalizzazione, fuga dei cervelli, il rapporto con Dio, il machismo («Tanti maschi, ma pochi uomini... come in Parlamento. La società va rifondata dalle basi, dalla famiglia»). «Con le mie canzoni ho sempre cercato di scuotere le coscienze come hanno fatto Gaber, Dalla, De André, Jannacci, Modugno».

 

In La culla è vuota parla di crisi delle nascite e critica l' aborto. «Lo condanno quando viene usato come anticoncezionale». Mai più da soli graffia i social. «Si propaganda l' esposizione, chi si offre. C' è una competizione insana a voler assomigliare o superare Sara Ferragni... Ah, si chiama Chiara? Noi della giungla non siamo aggiornati». In Ufficio reclami ironizza sul sesso con un coro angelico: «Sono un peccatore eccellente, non mi aspetto grandi cose dal piano superiore».

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Affonda sull' ambiente: «Da romano mi rendo conto di come il disagio, la sporcizia, le buche intacchino la nostra salute fisica e mentale, l' umore. Quando ho scritto Il Cielo non pensavo a questo cielo. I temporali di una volta servivano a pulire anche quello che non pulisce la Raggi». Greta Thunberg? «Non trovo scandaloso che dica di non voler morire intossicata. Non stiamo in poltrona a giudicare».

 

Nella canzone che dà il titolo all' album «riassumo la mia vita in quattro minuti». Quattro passi nel blu è un omaggio agli amici scomparsi: «Lucio Dalla, Ivan Graziani, Mango e tanti altri. Sono la mia coperta di Linus. Li porto addosso anche in questo disco». Produce da sé dischi e concerti e attacca le multinazionali: «Prendono i soldi qui e li spendono a casa loro».

 

Renato Zero esiste, spiega, «perché abbiamo avuto Clapton, John Mayall, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, Frankie Valli. Un mio amico marinaio mi portava dall' America i dischi di Frankie Avalon e Burt Bacharach che in Italia non arrivavano, li bloccavano alle frontiere. Forse c' era un Salvini anche allora». Ringrazia il pubblico: «Mi ha consentito di non allontanarmi dalla passione, dall' impegno. Mi ha aiutato a considerare che le canzoni fanno parte di me, sono parenti di Pasolini, Fellini, Carlo Giuffré e di tanti altri amici».

 

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Camaleontico Renato: «Poter indossare la mia natura, muovere il pensiero degli altri lo ottieni se sei padrone delle tue esperienze, se sei portatore sano del coraggio».

Difetti? «Uno: sono sempre stato avanti di trent' anni. Penso a Lindsay Kemp, Paolo Poli, Mozart, Beethoven, van Gogh, Lady Gaga, i Queen. Gesù Cristo: oggi sarebbe tale e quale ad allora. Ci si nasce stravaganti, genio e sregolatezza».

 

2 - RENATO ZERO "CI SALVERÀ LA FOLLIA NON IL SESSO GRATUITO"

Carlo Moretti per “la Repubblica”

 

Renato Zero torna a Zerolandia. Il 4 ottobre esce Zero il Folle che riecheggia gli esordi anche nel titolo. Un ritorno alle radici a cominciare dal suono, che Zero è andato a cercare a Londra, grazie alla produzione del terzetto d' assi formato da Trevor Horn, Phil Palmer e dall' ex Dire Straits Alan Clark.

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Nelle nuove canzoni tanti temi attuali, dal crollo delle nascite ( La culla è vuota ) all' isolamento causato dall' uso ossessivo dei social ( Mai più da soli ): «Basta con i cellulari, io preferisco il citofono, almeno sai chi vai a incontrare», dice Zero. «E basta con questa insana competizione di voler somigliare a Sara Ferragni», aggiunge, sbagliando per due volte il nome dell' influencer. Parla di ambiente ( Che fretta c' è ) e difende Greta: «Ho letto cattiverie su di lei, ma tra tanti adulti che dicono stronzate, meglio allora una bimba che dice cose giuste».

 

Ha voluto presentare "Zero il folle" il 30 settembre, nel giorno del suo 69esimo compleanno: e allora, innanzitutto, tanti auguri.

«Grazie infinite. Un po' me li merito e un po' li sopporto egregiamente».

 

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È in qualche modo utile, oggi, la follia?

«La follia è anche un riscatto. È l' ingrediente che, se utilizzato per scopi creativi e per immaginare il futuro, ha la capacità di contaminare gli altri. La follia di Gesù Cristo è stata bella, sana, passionale, a lui dobbiamo il merito di averci offerto una via di uscita, di non accettare supinamente certe conclusioni. Finché c' è questa fede vale la pena di rimescolare le carte e di giocare la partita».

 

"La culla è vuota" tratta il tema del crollo delle nascite.

«Ognuno è responsabile in qualche misura di questo spopolamento. Condanno l' aborto anticoncezionale, quello che supplisce al profilattico. E un po' colpevole è il sesso, spesso fine a se stesso: una passione liberatoria che ci preclude il futuro».

 

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C'è una canzone sui social responsabili dell' isolamento.

«Affrontare un nemico o un amico guardandolo negli occhi è la forma più funzionale ma anche più esatta per capire se l' altro è recuperabile, se il rapporto funzionerà, se c' è bisogno anche di una litigata o di mettere in piazza la propria verità. Sui social è un continuo giocare a nascondino, la gente dà dei falsi indirizzi di se stessa e lancia trabocchetti: le fake news sono la testimonianza di quanto può essere infame l' utilizzo di questo strumento. Ritornare al citofono sembra retorica ma in effetti credo che sarà la soluzione più utile per recuperare noi stessi».

 

Altro tema che torna spesso è la musica come strumento salvifico.

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«Sul fatto che abbia un potere curativo non ho dubbi, ho visto gente che attraverso la musica ha recuperato voglia di vivere ed equilibrio. Stabilisce un' intesa magica per cui l' ascoltatore o il fan diventa uno specchio e la musica un boomerang in grado di offrire il suggerimento di una via di uscita. La sicurezza si raggiunge anche così: io, la mia imbranataggine l' ho vinta attraverso Luigi Tenco, le parole di Sergio Endrigo, la musicalità di Umberto Bindi».

 

"Quattro passi nel blu " sembra dedicata a loro.

«È il mio modo per dir loro grazie. Sono stato un fan anch' io e ciò ha prodotto in me grande benessere».

 

Ha registrato a Londra evitando quanto più possibile i suoni digitali.

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«Tornare a Londra mi ha riportato al periodo in cui io andavo a fare l' escursionista e a mettere le orecchie nei locali allora fondamentali, come il Marquee e lo Speakeasy. Avrò avuto 16 o 17 anni. Andavamo con la mia amica italo-francese Edy, che cantava per la Rca: assaporammo la gioia di ascoltare con grande anticipo le novità musicali. Faccio un genere distante ma credo che questi stili abbiano offerto vari spunti nel mio repertorio».

 

Ha detto che i politici di oggi le piacciono poco.

«Mettono in risalto una mascolinità che a volte espone una muscolatura ingiustificata. In Italia non abbiamo bisogno di muscoli, abbiamo bisogno di pacche sulla spalla e di esempi grandi che ci consentano di mandare i figli a scuola con orgoglio e di timbrare il cartellino sempre con lo stesso entusiasmo».

 

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