ALLA POVERA “UNITÀ” NON GLIENE VA DRITTA UNA - MENTRE IL CDR COMBATTE CONTRO L’IDRA SANTADECHÉ, IL CORRISPONDENTE DALLA TERRA SANTA SI RIGIOCA LO STESSO ARTICOLO SU UNA BAMBINA ISRAELIANA, A 7 ANNI DI DISTANZA

DAGO-RIASSUNTO

 

Fulvio Abbate riceve su Facebook questo messaggio:

 

Le incongruenze de "l'Unità". Leggo l'articolo del 2 giugno 2007 dove c'è una bambina tal "Tahal Pfeffer, 4 anni", passano sette anni, ed ecco che, oggi, 11 luglio 2014, riscopro una "Tahal Pfeffer, 4 anni," dunque o si tratta di omonimia o Tahal Pfeffer, 4 anni, non è mai cresciuta, tu che dici? Controlla di persona. L'assurdo è che "Tahal Pfeffer, 4 anni, torna a casa dall'asilo, si accuccia sotto il tavolo della cucina e lì rimane" sia nel 2007 sia nel 2014.

 

Abbate, ex firma dell’“Unità”, verifica che in effetti la storia di questa bambina ebrea torna due volte nei reportage di Umberto De Giovannangeli, inviato in Medio Oriente del giornale fondato da Gramsci.

 

fulvio abbatefulvio abbate

E scrive: “Nessuna testata ha riportato la storia paradossale dell'articolo di Umberto De Giovannangeli apparso su "l'Unità" nei giorni scorsi, dove la piccola Tahal vive da molti anni sotto un tavolo senza mai crescere, copia e incolla di un pezzo dello stesso inviato già uscito 7 anni fa sul medesimo giornale. Segno che c'è affetto condiviso intorno a "l'Unità" e non si vuol turbare l'imminente acquisto del quotidiano fondato da Antonio Gramsci (e Palmiro Togliatti) da parte delle imprenditrici Daniela Santanché e Paola Ferrari. Bene così, saranno certamente contenti gli amici in redazione.”

 

La questione viene poi spiegata da Alessandro Avvisato di http://contropiano.org/, giornale comunista online:

 

Fare propaganda invece di giornalismo. Specie in tempi di guerra diventa così normale che nessuno se ne accorge più. A meno che non abbia l'attenzione e la tenacia di una attivista solidale e impegnata come nel caso che segnaliamo.

 

La ragione strutturale è semplice da capire: se vivi “dentro” un sistema che consideri la tua normalità, difficilmente puoi renderti conto di quanto deformante sia il filtro posto agli eventi che avvengono “fuori”. E la guerra – in Palestina come in Ucraina, in Siria come in Libia o in Iraq, per noi “fortunati” europei è per il momento “fuori” (sembra passato un secolo da quando c'eravamo quasi “dentro”, tra Bosnia, Serbia e Kosovo).

 

UNITA GIORNALEUNITA GIORNALE

Deve essere per questo che molti giornali e supposti giornalisti tendono a riciclare sempre lo stesso “pezzo”, fiduciosi nel fatto che illettore non ci può fare caso, sommerso com'è da informazione tutta uguale, seriale, embedded senza più nemmeno la necessità che un Minculpop ti venga a censurare l'articolo prima della pubblicazione. Ormai la censura fa parte del software che muove la testa di chi scrive sulla stampa mainstream. E la realtà non conto, l'unico problema è “come raccontarla”. Ma dopo un po' la fantasia si esaurisce. E ci si ripete.

 

L'infortunio occorso a Umberto De Giovannangeli, inviato de l'Unità, è però davvero singolare. A forza di recarsi in Israele per raccontare l'ennesimo massacro a Gaza, sempre tornando a Sderot (anche la location scelta deve avere la sua importanza, per la ripetitività), ci racconta sempre la stessa stora. Un po' come la nonnina quando ci raccontava le favole per farci addormentare.

 

La favola che ci racconta De Giovannageli è commovente. È la favola della bambina israeliana Tahal Pfeffer, 4 anni, che quando torna a casa dall'asilo si accuccia sotto il tavolo. Si è abituata a fare così per colpa di quei cattivissimi palestinesi che da Gaza lanciano i terribili razzi Qassam. A forza di vivere così, ha sviluppato una sindrome psicologica che ha un nome preciso - SPT (Sindrome Post-Traumatica) - comune ad oltre la metà degli abitanti della cittadina ai confini di Gaza.

 

UMBERTO DE GIOVANNANGELIUMBERTO DE GIOVANNANGELI

Vi siete commossi anche voi, ammettetelo. Una bambina è il simbolo stesso dell'innocenza, impossibile restare impassibili.

 

Il problema più grave di questa bambina, però, è che non cresce. Un autentico Peter Pan, che ha sempre quattro anni, anche a distanza di sette anni. Leggiamo:

 

Quando Tahal Pfeffer, 4 anni, torna a casa dall'asilo, si accuccia sotto il tavolo della cucina e lì rimane. Quando Tahal ha cominciato a comportarsi così, circa sei mesi fa, sua madre Ofra ha pensato che si trattasse di un gioco. Tuttavia dopo averla incoraggiata a parlarne, Ofra si è resa conto che questo era il modo escogitato dalla figlia per controllare lo stress causato dall’allarme sicurezza all’ombra del quale la bambina ha vissuto gran parte della sua giovane vita: i razzi Qassam che cadono su Sderot, il rumore dell'artiglieria israeliana che fa fuoco su Gaza e i boom supersonici provocati dagli aerei dell’aviazione militare dello Stato ebraico.

 

gaza city sotto attacco israelianogaza city sotto attacco israeliano

 

Tahal trasale al minimo rumore, così come fa Yaakov, suo fratello maggiore, sette anni: dallo squillo di un campanello ad uno sbattere delle porte. Quando parte la sirena dell’allarme «Treva Adom», il segnale che un Qassam è in avvicinamento, i bambini si bloccano immediatamente. Se accade di notte, corrono immediatamente nel letto della madre.

 

Sono smarriti, impauriti, emotivamente destabilizzati. La vita a Sderot è una roulette russa: passano nemmeno trenta secondi dall’avvistamento del razzo al suo impatto. Trenta secondi per cercare un rifugio, per evitare di essere intrappolato nelle macerie di un palazzo centrato dai missili palestinesi. La scansione della quotidianità a Sderot è segnata dalla paura. E dal dolore. Anche questo è inferno.

 

L'Unità, 11 luglio 2014, Umberto De Giovannangeli

 

La cronaca di questi giorni convulsi. De Giovannangeli ce la consegna con trasporto e commozione (un po' a senso unico, è vero, ma che volete farci, lui è di casa a Sderot, mica a Gaza), attraverso lo spavento di Tahal, appena quattro anni. Esattamente quanti ne aveva nel 2007, in quest'altro (si fa per dire) articolo dello stesso De Giovannangeli per lo stesso giornale:

bombe israeliane su gazabombe israeliane su gaza

 

Quando Tahal Pfeffer, 4 anni, torna a casa dall'asilo, si accuccia sotto il tavolo della cucina e lì rimane. Quando Tahal ha cominciato a comportarsi così, circa sei mesi fa, sua madre Ofra ha pensato che si trattasse di un gioco. Tuttavia dopo averla incoraggiata a parlarne, Ofra si è resa conto che questo era il modo escogitato dalla figlia per controllare lo stress causato dall'allarme sicurezza all'ombra del quale la piccola Tahal ha vissuto gran parte della sua giovane vita: i razzi Qassam che cadono su Sderot, il rumore dell'artiglieria israeliana che fa fuoco su Gaza e i boom supersonici provocati dagli aerei dell'aviazione militare dello Stato ebraico.

 

La famiglia Pfeffer non costituisce un caso isolato. Un recente sondaggio, condotto a Sderot su un campione di 150 famiglie con bambini piccoli, ha evidenziato che il 54% dei genitori e/o dei bambini soffre di SPT (Sindrome Post-Traumatica) Tahal trasale al minimo rumore, così come fa Yaakov, suo fratello maggiore, sette anni: dallo squillo di un campanello ad uno sbattere delle porte.

amir e mohammed uccisi a gazaamir e mohammed uccisi a gaza

 

L'Unità, pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 12) nella sezione "Esteri", 2 June 2007

 

Il tempo si è fermato, nulla cambia, chiamate Renzi! Vien quasi da pensare che i tanti piccoli Ahmed o Mohammed, le piccole Amina o con qualsiasi altro nome, al di là del confine, in quel paradiso a cielo aperto che è Gaza, siano più fortunati. Loro muoiono prima di sbocciare alla vita, non hanno tempo per contrarre alcuna sindrome psicologica.

 

Povero Gramsci, che fogna hanno fatto del tuo giornale!

 

qui l'articolo del 2007:

 

http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/230000/227403.xml?key=Umberto+De+Giovannangeli&first=2241&orderby=1&f=fir&dbt=arc

 

e qui quello di oggi:

 

http://www.unita.it/mondo/nei-disegni-dei-bambini-di-gaza-le-gambe-lunghe-per-fuggire-1.580052?page=3

 

 

A questo punto, De Giovannangeli scrive la sua sul giornale:

 

Alcuni lettori ci hanno segnalato un passaggio dell'articolo pubblicato l'11 luglio 2014 sul dramma dei bambini nella tragedia mediorientale di questi giorni. Questa la risposta dell'autore del pezzo.

razzi su gaza 4razzi su gaza 4

 

QUEL MIO RACCONTO SUI BAMBINI DI GAZA E SDEROT

Umberto De Giovannangeli per www.unita.it

 

Da oltre venticinque anni seguo le vicende mediorientali, cercando di cogliere, per quanto è possibile, e di dar conto sul giornale di una tragedia senza fini, con la convinzione, per dirla con Amos Oz, che l'essenza del dramma israelo-palestinese sta nel fatto che a scontrarsi non è il Bene contro il Male, la Ragione contro il Torto, ma due diritti egualmente fondati. In questi anni ho potuto toccare con mano e resocontare le sofferenze di due popoli, e in essi, dei più deboli e indifesi: i bambini. L'ho fatto in tutte le operazione militari condotte da Israele nella Striscia di Gaza e nelle risposte palestinesi contro le città israeliane frontaliere. L'angoscia è che nulla è cambiato in questi anni. L'orrore è lo stesso, l'infanzia negata è la stessa. A Gaza come a Sderot.

 

gaza   scontri e lancio di missili 8gaza scontri e lancio di missili 8

Così è stato anche nel pezzo uscito giorni fa sul mio giornale, dal titolo: «Nei disegni dei bambini di Gaza le gambe lunghe per fuggire». Davo conto di una disperazione che si ripete, tragicamente eguale a quella di altre operazioni militari. Nulla cambia. Questa è l'essenza del dramma. Così vale anche per i bambini israelaini di Sderot. Qui riconosco un errore. Nel voler trasmettere l'angoscia senza fine di quei bambini, ho riportato un pezzo di un mio reportage scritto nei giorni dell'operazione devastante di sette anni. Ho ripreso un passaggio che riguardava la condizione di una bambina, Tahal Pfeffer, 4 anni.

gaza   scontri e lancio di missili 23gaza scontri e lancio di missili 23

 

L'ho ripresa con le stesse parole perché la ritenevo emblematica di una condizione immutata. A Sderot son centinaia "Tahal". Avrei dovuto ricordarlo. Non l'ho fatto, e di questo mi scuso. Ma volevo ricordare una tragedia attraverso lo sguardo di quella bambina che ho ancora negli occhi e nella mente. Tahal oggi ha 11 anni. Ma la vita dei tanti bimbi di Sderot è come quella di 7 anni fa. Tragica. Come quella dei bimbi di Gaza.

 

 

 

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