QUARANTENNI DI SOLITUDINE - TOMMASO LABATE INTONA IL DE PROFUNDIS DI UNA GENERAZIONE “FALLITA O SULL’ORLO DEL FALLIMENTO” TRA OCCASIONI SPRECATE, RIGORI DI BAGGIO, SOAP DI GRECIA COLMENARES E “STRADE SBARRATE A VITA” PER AVER ESPRESSO UNA CRITICA A UN POLITICO - QUAL E’ LA SUA RICETTA PER RIDARE UN FUTURO AI 40ENNI? UN CONFLITTO CON “I PADRI”. MA NEL LIBRO...
Francesco Persili per Dagospia
“In che senso?”. Quindici quarantenni su quindici interrogati su cosa sognano hanno risposto come 'Mimmo', il personaggio di “Bianco Rosso e Verdone”. Quello che il 39enne Tommaso Labate, cronista politico del Corriere della Sera, manda alle stampe per Rizzoli (“I Rassegnati, 219 pagine) è il ritratto impietoso della “generazione Mimmo”. Ragazzoni di 40 anni “falliti o sull’orlo del fallimento”, imprigionati nella gabbia della rassegnazione, a corto di soldi e senza figli. La “generazione perduta”, secondo la celebre definizione di Mario Monti. Eterni adolescenti che non hanno “più santi, né eroi”, secondo il ‘profeta’ Vasco. Siamo solo noi che…non abbiamo più niente da dire. Restano solo citazioni, frasi cult e ricordi di “Una notte da leoni”, il film: “Ciascuno di noi è diventato un branco con un lupo solo”
Labate intona il de profundis per una banda di “giovani vecchi egoisti” incastrati “in un tornante cieco della storia”. Ci sarebbe da darsi allegramente all’alcol mentre si scorrono le pagine e si trovano incise su carta le occasioni sprecate (a cominciare dal rigore di Roberto Baggio alle stelle nella finale di Usa ’94), le promesse tradite, la Pantera (”Nessuno di quel movimento diventerà un leader politico, né un direttore di giornale”), le soap di Grecia Colmenares e la pittoresca telenovela sul libretto anti-Aids con Lupo Alberto. Su tutto si avverte la mancanza di un momento fondativo generazionale: “Se gli Ottanta sono stati marchiati come gli anni del riflusso in cui la dimensione pubblica dell’impegno lasciava spazio a quella privata, i Novanta allevano una generazione che dalla dimensione privata avrebbe fatto un passo ancora più indietro, a quella intima”.
Cosa resta di quei ragazzi che all’impegno per le sorti del pianeta preferivano la disfida estetica tra Kelly e Brenda, la bionda e la mora di Beverly Hills 90210? Forse solo la tristezza di quei curriculum in cui su mille “amo Truffaut” non c’è neanche un “mi piace Neri Parenti”.
Ma per i 40enni rassegnati qual è la medicina? Un generico ritorno al conflitto con la generazione dei nostri padri, secondo Labate che nel libro rievoca la storia di Enzo Cursio, la cui ribellione al “padre” Bettino Craxi al tempo dei referendum di Segni sulla legge elettorale costò “sei una testa di cazzo” da parte del leader socialista e “una strada sbarrata a vita”. Spiace non poter gustare nel libro pagine in cui Labate ci racconti delle sue situazioni di conflitto e di quanto, eventualmente, gli siano costate in termini di carriera e di opportunità. Anche per scongiurare il terribile effetto “vai avanti tu che a me viene da ridere”. Ogni battaglia a viso aperto ha un costo, ad ogni rottura può seguire l’emarginazione e l’isolamento.
Ci sono 40enni che non scegliendo la via della conformità al pensiero del leader politico in carica o alle parole d’ordine dell’establishment di turno, hanno portato la propria vita fuori pista e pur tuttavia non si sono contentati di finire “sprofondati sul divano” a maledire il destino cinico e ingrato. Ci sono splendidi 40enni, come Buffon, che non si rassegnano a finire in panchina. Vitali, curiosi, mai domi. “Se non credi in te stesso, nessuno lo farà per te”. Firmato Kobe Bryant, un irresistibile ragazzo del 1978 che è andato a canestro con tutti i suoi sogni.
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