raffaele sollecito

“IN PRIGIONE MOLTE PERSONE ETERO SI ADATTANO ALLA NUOVA SITUAZIONE, SANNO CHE LA LORO VITA IN CARCERE VIENE STRAVOLTA E ACCETTANO UNA TEMPORANEA BISESSUALITÀ” - E’ IL RACCONTO CHE RAFFAELE SOLLECITO FA DEI SUOI ANNI IN CARCERE NEL LIBRO “UN PASSO FUORI DALLA NOTTE”

Giacomo Amadori per “Libero Quotidiano”

 

Lo incontro in un anonimo alberghetto alla periferia Nord di Milano. Capelli raccolti in un codino, camicia rosa e giacca blu elettrico. Sta per partire per Trieste, dove ha in programma un incontro di lavoro con un' agenzia investigativa. Quando si dice la nemesi della cronaca.

RAFFAELE SOLLECITO - UN PASSO FUORI DALLA NOTTERAFFAELE SOLLECITO - UN PASSO FUORI DALLA NOTTE

 

L'ingegnere informatico Raffaele Sollecito, per otto anni rincorso dall'infamante accusa di aver ucciso insieme con Amanda Knox una studentessa inglese, Meredith Kercher, sta perfezionando un software destinato alle procure e che serve a intrufolarsi nei cellulari degli indagati, trasformando gli apparecchi in microspie. L'azienda che glielo ha commissionato lavora con i tribunali ed ha il quartier generale in Lombardia.

 

In questi giorni "007" Sollecito sta girando l'Italia per presentare il suo libro di memorie, "Un passo fuori dalla notte". Un pugno allo stomaco per chi è un garantista, o forse semplicemente un essere umano. Una storia talmente agghiacciante che quando a pagina 216 leggi la frase in cui la sorella di Raffaele, Vanessa, in diretta dall' aula della Cassazione, urla al telefono la parola «innocente!» alla famiglia rintanata a Bisceglie in attesa del peggio, l'emozione si sente sulla pelle. Eppure questo caso di malagiustizia, censurato in modo definitivo dalla sentenza della quinta sezione della Suprema Corte, non ha placato le ubbie di certi manettari a oltranza.

SOLLECITOSOLLECITO

 

Per esempio durante la presentazione milanese del mémoire, quando Raffaele si lamenta della scarsa attenzione prestata inizialmente dagli inquirenti alle prove contro l' ivoriano Rudy Guede, l'unico condannato per il delitto Kercher e con precedenti per furto, una giornalista benpensante si inalbera: «Nero e ladro, il profilo perfetto del colpevole». Lasciando allibito il trentaduenne pugliese.

 

E allora noi partiamo proprio da qui. Sollecito, lei è razzista?

«Non lo sono mai stato e come racconto nel libro uno dei miei migliori amici in carcere è stato un gigante buono senegalese, un uomo alto due metri con una pancia enorme, a cui chiesi di venire a condividere la cella con me perché mi metteva il sorriso. Non sono io ad avercela con Guede, è lui che non ha mai risposto in tribunale alle domande, ha velatamente accusato me e Amanda di un delitto di cui non avevamo nessuna responsabilità, ha mentito più volte e non si è mai pentito. Non posso provare simpatia per lui».

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Però in tv Guede si è proclamato innocente e ha fatto numerose allusioni a lei ed Amanda dicendo che conoscete la verità.

«Stiamo preparando un'azione civile contro chi ha permesso che con i soldi del servizio pubblico si distorcessero le evidenze processuali e la realtà a favore di un millantatore».

 

A suscitare molti dubbi negli inquirenti e nell' opinione pubblica furono le prime dichiarazioni di Amanda.

«Le contraddizioni nelle sue versioni non erano frutto di menzogne ma di panico, e la sua disponibilità a parlare con gli inquirenti è stata interpretata come tentativo di nascondere qualcosa. Era una ventenne americana che si trovava da sola in Italia e a cui avevano ucciso un' amica. La Corte di Strasburgo ha recentemente accolto il ricorso della Knox per la violazione dei suoi diritti costituzionali e civili durante i primi interrogatori».

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Però lei stesso ha ammesso che Amanda avesse comportamenti bizzarri che avrebbero potuto essere fraintesi. Per esempio, tra un interrogatorio e un altro faceva stretching o anche la ruota nei corridoi...

«Quella sera mi ha aspettato da sola per cinque ore seduta su una panchetta. Era tardi e quello è stato il suo modo di rilassarsi. Ma la polizia lo ha trasformato in un indizio...».

 

Qual è stato il momento in cui ha avuto l'impressione di essere finito in un vicolo senza uscita?

«Mi trovavo in carcere. In piena notte alcuni detenuti mi urlano di accendere la tv: lo faccio e sento che è stato trovato il mio dna sul reggiseno della povera Meredith e che questo elemento avrebbe chiuso il caso. Ho avuto un attacco di panico, ho smesso di respirare e sono svenuto. Da quel giorno ho avuto problemi alla tiroide. Sapevo che non era possibile che le mie tracce fossero su quel gancetto, visto che io non ero mai entrato in contatto con la biancheria intima di Meredith, ma la tv stava dando la notizia come una dato certo. Mi sentii perduto».

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Nel suo libro fa a pezzi il mondo dei media: in quelle pagine i giornalisti sono solo un brusio di fondo che urla domande confuse al suo passaggio...

«Il rapporto media-inquirenti è estremamente lineare: i giornalisti dipendono da procure e forze dell' ordine, detentrici delle notizie, e per questo amplificano i teoremi degli inquirenti. Quando portammo le nostre risultanze sul dna a tv e stampa non ne parlò quasi nessuno».

 

Però ha ammesso che la decisione di suo padre di andare a Matrix ad anticipare i risultati di una consulenza di parte prima della fine delle indagini fu un errore.

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«Ho capito successivamente che avremmo dovuto aspettare la chiusura delle indagini e che quella scelta, anziché sottrarci all' accerchiamento, cambiò il clima del processo. Per esempio, la storia del mio dna sul gancetto del reggiseno uscì la sera stessa in cui mio padre era stato ospite a Matrix».

 

È stato descritto come un giovane figlio di papà annoiato e dissoluto. Eppure nel libro offre di sé stesso un immagine molto diversa e inattesa: confessa di essere stato un ragazzo obeso, preso di mira dai compagni e con problemi di relazione con l' altro sesso. La prima ragazza se ricordo bene l'ha avuta dopo i 20 anni, e Amanda è stata una delle prime donne della sua vita.

RAFFAELE SOLLECITO OSPITE DI NADIA TOFFARAFFAELE SOLLECITO OSPITE DI NADIA TOFFA

«Per l'esattezza è stata la mia seconda esperienza, e avevo già fatto 14 mesi di Erasmus in Germania. Altro che tombeur de femmes! Sin verso la fine del liceo ero stato un nerd ciccione appassionato di manga e videogiochi. Eppure per i media diventai il ragazzo dallo sguardo di ghiaccio, impassibile e quindi colpevole. Un giovane ossessionato dal sesso, dalla droga e dalle emozioni forti».

 

In effetti è stato pure accusato di essere un deviato sessuale, un erotomane...

«Sono stato dipinto come un malato solo perché qualche testimone ha raccontato che nel collegio maschile in cui risiedevo circolavano filmini porno, forse un po' spintarelli o da feticisti (uno di questi era ambientato in una fattoria, ma non ricordo ci fossero scene di zoofilia). La verità è che li guardavamo in gruppo e con spirito cameratesco».

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E le sostanze stupefacenti? Vi hanno dipinti come gioventù bruciata.

«In tutte le città universitarie gira la droga, ma il fatto che io, dai tempi del liceo, mi facessi qualche canna e neppure tutti i giorni (oggi non fumo più niente, neanche le sigarette) mi ha trasformato agli occhi dei giornalisti in un tossicodipendente all'ultimo stadio. Onestamente la maggior parte dei miei coetanei ricorreva alle droghe molto più di me, ma non per questo sono diventati degli assassini».

 

L' hanno accusata di ascoltare rock satanico...

«Mi piacciono tutti i generi di musica, in particolare il rock e il metal, e sentivo anche Marilyn Manson, la pietra dello scandalo: per me è un artista completo che gioca in modo interessante con arte e simbologie».

RAFFAELE SOLLECITO E AMANDA KNOXRAFFAELE SOLLECITO E AMANDA KNOX

 

Nella sua biografia svela quanto sia facile, anche per un ex nerd, avere relazioni con giovani attratte da un presunto assassino...

«Non lo nego: quando mi scrivevano delle belle ragazze ero curioso di incontrarle. Però una volta è capitato che una coetanea che ho frequentato per pochi giorni a un certo punto mi dicesse: "Sei troppo dolce e delicato, non ci credo che tu possa aver fatto del male a una ragazza". Le risposi: "Meglio tardi che mai. Io sono quello che stai conoscendo". Lei mi squadrò: "Avevo un' idea di te completamente diversa". Purtroppo il bravo ragazzo non la interessava e per questo se ne andò. Ma non è stata l' unica a essere attratta dal mio presunto lato oscuro. In diverse mi hanno contattato sui social network sedotte dalle accuse che pesavano su di me.

 

RAFFAELE SOLLECITO SU TINDERRAFFAELE SOLLECITO SU TINDER

Addirittura una brasiliana, una di quelle che oggi chiamano "suicide girls" (eliminano la brava ragazza che è in loro tappezzandosi di tatuaggi e piercing), mi spediva foto osè e mi diceva che uccideva i ragazzi con cui aveva avuto rapporti sessuali. Mi mandava le immagini degli strumenti che, a suo dire, aveva utilizzato per ammazzarli. Era talmente fuori di testa che mi faceva sorridere».

 

La detenzione l'ha segnata. Lei racconta di essere finito vittima della depressione e addirittura di aver subito danni psicologici e scompensi cognitivi. Davanti a un' infermiera si presentò a prendere un medicinale completamente nudo...

«Il carcere fa questo effetto. Ma studiare le vite degli altri mi ha aiutato a sopravvivere. La prigione è un mondo eterogeneo, una specie di discarica della società. Quando un pezzo non funziona lo si butta lì e non ci si preoccupa di fare la raccolta differenziata. Ho conosciuto un serial killer della camorra che aveva una doppia personalità e quella cattiva era femminile: qualche anno dopo ha deciso di cambiare sesso. Un altro detenuto mostrava le foto di una ragazza completamente tumefatta e cercava di convincerci che non fosse così mal messa.

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Ci parlava con gli occhi sinceri. Peccato che la povera donna fosse ridotta malissimo e che lui fosse stato condannato per quelle violenze. Ricordo anche un ragazzo basso e tarchiato completamente coperto di tatuaggi accusato di essere uno stupratore seriale di donne disabili in carrozzina. La mattina si appoggiava alle sbarre e diceva di vedere un grande sasso nel corridoio pronto ad esplodere. Stava tutto rannicchiato e poi all' improvviso sobbalzava per un botto inesistente. Per scherzo un giorno spedimmo un trans a stuzzicarlo, seduto su una finta sedia a rotelle...».

 

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A proposito, lei evidenzia la funzione sociale dei trans dentro la prigione. In particolare si sofferma sul personaggio di Monica, che descrive come una donnona sgraziata e possente che per ottenere le cose faceva le faccine come una bambina e sgranava gli occhioni ai poliziotti: aveva trasformato la sua cella in una specie di boudoir con le luci rosse soffuse, le lenzuola blu e i cuscini colorati.

«Quando diedero il permesso ai detenuti comuni di avere rapporti con i viados iniziarono episodi di tutti i tipi. Ho visto carcerati cercare di fare passare il pene tra le sbarre come dentro a specie di "glory hall" improvvisati, rischiando di ferirsi le parti intime, mentre i trans si truccavano in modo vistosissimo per risultare attraenti (non ho mai capito da dove recuperassero i cosmetici). Una volta un mio compagno di cella si mise a singhiozzare nudo sulle scale, mostrando a tutti il pene arrossato a causa di un' infezione...».

 

Ha avuto contezza di stupri dentro al carcere «Me ne hanno parlato e ho visto le denunce, ma non sono mai stato testimone diretto». Però nel libro racconta di aver subito molestie.

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«Un ragazzo umbro chiese di venire a stare nella mia cella. Sembrava solo amichevole e protettivo. La notte piangeva nel suo letto come un bimbo, ricordando i tempi dell' orfanotrofio. Un giorno parlando di una sua presunta ex mi si avvicinò un po' troppo e iniziò ad accarezzarmi maliziosamente. Capii che non lo faceva per gioco o per amicizia.

 

Quando le sue attenzioni nei miei confronti divennero insopportabili, chiesi di essere separato da lui. Un altro detenuto, esperto di arti marziali come me, sosteneva di essere molto bravo nei massaggi. Sapevo che li praticava su altri prigionieri e si offrì di farmene uno. Mi lanciava sguardi languidi e poco prima che iniziasse a manipolarmi mi fece intendere che voleva andare oltre. Da quel giorno smisi di frequentarlo».

 

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Non sarà mica omofobo?

«Assolutamente no. In prigione molte persone etero si adattano alla nuova situazione, sanno che la loro vita in carcere viene stravolta e per un periodo accettano una condizione temporanea di bisessualità. Non li biasimo per questo e non mi sono spaventato per il bisogno di contatto fisico che c' è là dentro. Trovo più sconvolgente che in una situazione di tale promiscuità ci siano musulmani radicali che riescono a osservare regole di comportamento rigidissime, in modo quasi sovrumano, evidenziando fissazioni maniacali. Che non ho mai compreso. Gli integralisti islamici durante la reclusione fanno gruppo e si sente nell' aria il loro disprezzo nei confronti della nostra cultura. Insieme diventano una vera e propria setta».

 

Lei descrive diverse regole non scritte della vita in cattività, come l' obbligo sotto le docce di "coprire le vergogne" indossando le mutande e quella di non giudicare gli altri detenuti, salvo che non abbiano commesso reati contro donne o bambini.

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«Il vero problema sorge quando parli con una guardia o un qualsiasi altro operatore: devi stare molto attento che non ci siano orecchie in ascolto, perché allora rischi di essere subito bollato come un "infame" e di mettere a repentaglio la tua incolumità. Anche dicendo cose banali ci si può trovare subito in un mare di guai. Purtroppo in carcere anche i muri parlano e ascoltano. Sono vivi».

 

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Ha mai avuto la percezione di essere seriamente in pericolo?

«Ho provato davvero paura solo dopo aver messo in guardia dall' agguato di un gruppo di nordafricani e napoletani un ex carabiniere di cui tutti parlavano male e che consideravano uno spione. Temevo che qualcuno mi avesse sorpreso mentre lo avvertivo, ma per fortuna non è stato così. Però non mi intimorivano solo i carcerati, mi ha spaventato pure un assistente della Polizia penitenziaria particolarmente rude e aggressivo nei miei confronti. La mattina batteva il martello sulle sbarre con estrema violenza e mi rivolgeva battute offensive. Cercava di provocarmi per farmi reagire e potermi così picchiare chiamando in soccorso quella che i secondini definiscono la "squadretta"».

 

Ha mai assistito a questi pestaggi?

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«Non si vedono, ma si sentono. Vedi arrivare la squadretta e poi senti le botte e le urla. Portarsi tutto questo dentro e vedere le persone che fuori puntano il dito e giudicano mi ha fatto venire voglia di denunciare ciò che succede davvero dietro alle sbarre. Prima di togliere la libertà a qualcuno bisognerebbe pensarci mille volte. La carcerazione preventiva è un' aberrazione e i nostri penitenziari sono un circo popolato di mostri, dove non c' è più umanità».

 

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Augura a chi l'ha tenuta in prigione per quattro anni di provare la galera?

«Ai pm, agli investigatori, ai giudici auguro solo di essere messi alla berlina con nomi e cognomi sui media per gli errori che hanno commesso, assumendosene la responsabilità. Non mi interessa di farli soffrire in carcere: quella è una tortura fisica senza senso».

 

Sta facendo qualcosa per aiutare i detenuti?

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«Sto cercando di creare nuovi canali, con l' aiuto delle istituzioni, per fare comunicare il mondo esterno con quello carcerario. Bisogna decidere in modo chiaro che cosa fare di questi esseri umani. La nostra società ha scelto di non eliminarli, ma poi li ha esclusi e dimenticati».

 

Che cosa le resta del suo rapporto con Amanda Knox?

«Rimane solo una vecchia conoscenza, l' amicizia si è persa per la distanza e il tempo. In cella fantasticavo di poter recuperare il rapporto con lei, ma poi ho capito che non c'erano più i presupposti».

 

Chi è davvero la Knox?

«Era una ragazza sognatrice e creativa. Forse un po' superficiale, e per questo non ha capito subito il guaio in cui eravamo finiti».

 

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Nell' immaginario collettivo la vostra era una relazione soprattutto carnale, mentre lei nel suo libro scrive di serate passate abbracciati a guardare film romantici come "Il favoloso mondo di Amélie" o i manga giapponesi. Vi eravate appena conosciuti e lei sostiene che nell' intimità con Amanda trascorrevate gran parte del vostro tempo libero davanti a tv e pc...

«Ero molto imbranato, oggi forse sarebbe diverso \, ma l' immagine che hanno dato di noi era assolutamente distorta».

 

Dicono che grazie ai vostri libri siate diventati ricchi.

«So che Amanda ha ottenuto un anticipo milionario. Io ho incassato molto meno e negli Usa, dove ho pubblicato il mio primo libro, non ho venduto neanche 40 mila copie. Le mie due pubblicazioni mi sono servite per pagare un piccola parte delle spese legali: per affrontarle abbiamo dovuto vendere pure due appartamenti di famiglia».

 

Quanto vi sono costati in tutto i processi?

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«Quasi 1,3 milioni, di cui restano da pagare circa 450 mila euro. Pochi mesi fa abbiamo chiesto un risarcimento di mezzo milione per l'ingiusta detenzione, il massimo possibile nel mio caso, per poter coprire i debiti. Secondo me, però, tutte quelle spese e i danni morali e fisici che ho subito in otto anni di calvario giudiziario dovrebbero risarcirli i responsabili di quello scempio investigativo».

 

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