RIFORME-RAI CON FATICA – IMPAZZA IL TOTO-NOMI PER IL NUOVO AD DELLA RAI: GUERRA, CAMPO DALL’ORTO, TINNY ANDREATTA, NOVARI, DE SIERVO, L’ETERNO BERNABÉ, DEL BROCCO E FIORESPINO – “IL FOGLIO”: HANNO SOLO CAMBIATO NOME AL DIRETTORE GENERALE
Paolo Conti per “Il Corriere della Sera”
Com’era prevedibile da ieri alle 19, cioè da quando Matteo Renzi ha spiegato il disegno di legge del governo sulle nuove norme di nomina dei vertici Rai, è ripartito il toto nomine. Ma stavolta è diverso.
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Il vero capo azienda sarà l’amministratore delegato. Da mesi (da settembre, da quando Renzi ha cominciato a parlare seriamente di riforma Rai) impazzano voci di tutti i tipi, sui giornali come sul web, a partire da Dagospia. Da giorni molti insistono su Andrea Guerra, amministratore delegato di Luxottica dal 27 luglio 2004 al 31 agosto 2014, oggi consigliere strategico di Renzi per le politiche industriali e relazioni con la business community.
Altro nome, Antonio Campo Dall’Orto, che alla fine degli anni Novanta lanciò Mtv imponendo personaggi allora nuovissimi come Victoria Cabello, Camila Raznovich, Andrea Pezzi. Dal 2008 è vicepresidente esecutivo per Viacom International media network. È considerato uno dei maggiori conoscitori del mercato televisivo internazionale, dei nuovi media e delle nuove piattaforme. Dal 2014 è nel consiglio di amministrazione di Poste.
Ma sono in molti, nelle ultime settimane, a fare un altro nome, quello di Eleonora Andreatta, detta Tinni, dal 2012 responsabile di Rai Fiction. Cattolica, figlia di Beniamino Andreatta, guida la macchina dell’immaginario collettivo della Rai. Ha completamente modificato il tiro, mettendo da parte tutta la produzione in costume e ancorando i temi alla realtà quotidiana. L’ultimo, grande successo, le due serie di «Braccialetti rossi» che ha portato pubblico giovanissimo su Raiuno, afflitta da un problema di invecchiamento generazionale. Potrebbe essere una carta capace di ricompattare la Rai e le sue tante anime interne.
Altro nome in circolazione è quello di Vincenzo Novari, amministratore delegato di H3G Italia. Alla Leopolda 5, il 25 ottobre 2014, pronunciò questa frase che colpì molto il presidente del Consiglio: «Il vostro dovere, il tuo dovere, Matteo, è dimostrare alle persone che l’impossibile non esiste, che questo è il Paese più bello del mondo, e che ce la può fare. Io sono andato in Cina, ho descritto il mio progetto e ho detto loro “I need 5 billion dollars”. Loro mi han risposto “We can do it”».
Poi c’è Luigi de Siervo, vecchio amico di Renzi, organizzatore delle prime edizioni della Leopolda, amministratore delegato di Rai Com, società nata un anno fa con la missione di leader nella valorizzazione del patrimonio audiovisivo italiano a livello nazionale e internazionale.
Ma si sono sentiti anche i nomi di Franco Bernabè, banchiere e manager culturale (presiede ora l’azienda Speciale Palaexpo-Scuderie del Quirinale di Roma dopo aver presieduto il Mart di Rovereto). Altre ipotetiche candidature, emerse da settembre a oggi, quella di Paolo del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, e Valerio Fiorespino, oggi responsabile delle Risorse Umane e dell’Organizzazione della Rai. Nel caso in cui la scelta dovesse cadere su uno dei dirigenti interni, dovrebbe dimettersi dagli organici Rai perché l’amministratore delegato non può essere dipendente.
Il presidente del Consiglio cerca un manager capace di guidare la Rai ricordando sempre che si tratta di una grande macchina culturale, col compito di far superare il digital divide così come, nel dopoguerra, alfabetizzò il Paese. Operazione semplice solo sulla carta.
2. RAI, DI TUTTO DI MENO. RENZI NON RIFORMA E SCEGLIE DI NON SFIDARE IL PARTITO DELLA TV PUBBLICA
da “Il Foglio”
Il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl di Riforma della Rai, difficilmente il Parlamento avrà qualcosa da obiettare perché questo disegno di legge lascia pressoché intatto il potere dei partiti dentro l’azienda. Cosa prevede il disegno di legge? La riduzione – da nove a sette – dei membri del cda, di cui quattro saranno espressione del Parlamento, due del ministero dell’Economia (cioè della proprietà) e uno in rappresentanza dei lavoratori. Si produce, forse, un minimo risparmio, ma di fatto la vera novità è l’introduzione del sindacato Rai nel consiglio di amministrazione, con tutto ciò che questo potrà comportare in un’azienda ingessata e pletorica.
L’altra novità, per così dire, è che il direttore generale sarà chiamato "amministratore delegato", mantenendo tuttavia sostanzialmente le stesse funzioni che aveva anche prima. Peccato. L’impressione è questo sia l’unico disegno di legge di riforma Rai che il governo riteneva capace di superare la palude delle resistenze parlamentari e politiche. Una riforma che non riforma.