TANTO REDDITOMETRO PER NULLA - DA SOLO IL NUOVO ‘GIOIELLO’ DEL FISCO NON BATTE L´EVASIONE: COME FA, OGNI ANNO, UN NUMERO RIDOTTO DI FUNZIONARI A VERIFICARE LA DICHIARAZIONE (O MANCATA TALE) DI 25 MILIONI DI FAMIGLIE (PIÙ INFINITE SOCIETÀ E PARTITE IVA)? - SOLO L’AGENZIA CONOSCE I VERI PARAMETRI SU CUI SI È COSTRUITO, MENTRE INVECE DOVREBBERO ESSERE PUBBLICI PER ALLONTANARE OGNI SOSPETTO DI ABUSI…

Alessandro Penati per "la Repubblica"

Parte il redditometro, accolto da un mare di critiche: alcune fuorvianti e strumentali a una campagna elettorale concentrata sulle tasse; alcune valide; altre la cui validità dipende da come l´Agenzia userà strumento.

Il redditometro non dovrebbe essere un metodo di accertamento, un criterio per decidere se un cittadino è un evasore e contestargli il mancato pagamento delle tasse, ma uno strumento statistico utilizzato per aumentare l´efficienza dell´Agenzia. Come fa un numero limitato di funzionari a verificare ogni anno la dichiarazione (o mancata tale) di 25 milioni di nuclei familiari (più milioni di società e partite Iva)?

Può pescare alla cieca, seguire il criterio della massima visibilità (blitz della Finanza a Cortina), o usare modelli, database e statistica per individuare gli ambiti in cui l´evasione è più probabile. Sulla base di queste probabilità, l´Agenzia deve poi limitarsi a chiedere ai cittadini riscontri e documentazione. E solo se la documentazione è carente avviare un accertamento. Sarebbe inaccettabile che lo Stato usasse un mero strumento statistico per presumere l´evasione.

Gran parte delle critiche vertono sulla percezione, mi auguro sbagliata, che il redditometro sia un nuovo strumento di accertamento. Percezione alimentata da alcuni errori dell´Agenzia. Ha detto che verrà utilizzato partendo dai redditi 2009, come se sostituisse l´accertamento tradizionale sui redditi passati. Doveva invece partire con la dichiarazione 2012.

Inoltre, solo l´Agenzia conosce i veri parametri su cui si basa il redditometro. Dovrebbero invece essere di pubblico domino, per garantire la trasparenza del suo operato e dei criteri che utilizza, allontanando ogni sospetto di abusi. Il redditometro violerebbe la privacy, schedando consumi e abitudini di vita. Critica valida nella forma, non nella sostanza.

La pubblicazione di tutte quelle voci di consumo che individuerebbero «il ricco evasore» sono un´inutile spettacolarizzazione: l´Agenzia già dispone delle informazioni sulla spesa dai conti bancari, investimenti e carte di credito. E non è accettabile usare la difesa della privacy contro l´abolizione del segreto bancario.

Altra critica, il redditometro invertirebbe l´onere della prova: spetta al cittadino dimostrare di non essere evasore. Una critica che cade automaticamente se il redditometro non è usato come strumento di accertamento, ma esclusivamente per migliorare l´uso delle risorse dell´Agenzia, come spiegato prima.
Sono altre le critiche rilevanti.

Lo Stato italiano, oltre al redditometro, si è dotato di una serie di strumenti nuovi, come l´abuso del diritto, i vincoli al circolante, la trasparenza e tracciabilità dei dati finanziari, la dichiarazione dei beni all´estero e i trattati sullo scambio di informativa. Ora deve dimostrare di saperli usare, non per fare l´aguzzino, ma per ottenere risultati concreti, e ad esclusivo vantaggio dei cittadini (ridurre le tasse).

Lo Stato dovrebbe pubblicare regolarmente una stima, trasparente e verificabile, dell´evasione rispetto alla dimensione dell´economia (il "tax gap"), per dimostrare i risultati ottenuti. Sull´evasione circolano invece stime variegate, non omogenee e fuorvianti (per esempio, non separano gli affari della criminalità organizzata dall´evasione vera e propria).

Anche il dato ufficiale sull´evasione «recuperata» è poco significativo: accomuna gli errori nelle dichiarazioni all´evasione, e non permette di valutare i reali progressi, non essendoci stima dell´evasione con cui raffrontarla. Il cittadino dovrebbe percepire un beneficio diretto dalla lotta all´evasione. Oggi il governo fissa obiettivi di finanza pubblica esclusivamente in termini di deficit. Poi non controlla la spesa, e le tasse diventano la variabile residuale, funzionale all´equilibrio dei conti.

È necessario che inverta le priorità e stabilisca un obiettivo esplicito di pressione fiscale, oltre che di deficit, obbligandosi così a controllare la spesa, e in caso di caduta imprevista del Pil, giustificare eventuali sforamenti. Infine, lo Stato guadagnerebbe in credibilità e risultati se si decidesse a riformare il contenzioso, fonte di iniquità, e semplificare il sistema tributario: la complessità è il terreno più fertile per l´elusione.

 

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