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IL RICORDO DI MICHELE FUSCO BY PINO CORRIAS - "SE N’È ANDATO SENZA SPEGNERE NULLA DEL SUO RICORDO, PORTATO VIA DAL COVID. AVEVA 66 ANNI. AVEVA SCRITTO PER LA VECCHIA CARTA STAMPATA, COMINCIANDO DAL "GIORNO", CHE È STATA LA SUA SCUOLA. GIRARE IN BICILETTA PER ROMA, ALLA MATTINA PRESTO, ERA LA SUA VACANZA QUOTIDIANA E IL SUO LAVORO. INCONTRAVA, LITIGAVA, ABBRACCIAVA. AMAVA LE NOTIZIE E LE POLEMICHE. CONOSCEVA TUTTI. DAVA DEL TU A METÀ DEI PARLAMENTARI, CAPACISSIMO DI FERMARNE UNO PER STRADA, PUNTARGLI IL DITO E DIRGLI…"
Pino Corrias per Dagospia
Michele Fusco era il più socievole tra i solitari, il più irruento tra i timidi, il più colorato d’abiti tra tutti noi, insofferente al grigio del conformismo e della diplomazia. Aveva scritto per la vecchia carta stampata, cominciando dal Giorno, che è stata la sua scuola di velocità, caffè, Milan e chiusure notturne in tipografia, lavorando in una Milano macinata dalla finanza, dalla malavita, dagli scandali.
Fino all’apoteosi di Mani Pulite, quando finanza, malavita e scandali sono finiti nelle identiche colonne del giornale che lui maneggiava senza mai infierire nei toni, specie con i perdenti. Poi aveva diretto “Metro”, il primo giornale free press. Infine si era traferito a Roma, dove ha perlustrato tutti i transatlantici della politica malamente varati dalla Seconda Repubblica, scrivendo per vari giornali online, ultimo “Gli Stati Generali”.
Girare in biciletta per Roma, alla mattina presto, era la sua vacanza quotidiana e insieme il suo lavoro. Passava da Roscioli, da piazza del Popolo, dal bar Ciampini in San Lorenzo in Lucina. Incontrava, litigava, abbracciava. Amava le notizie e le polemiche. Conosceva tutti. Dava del tu a metà dei parlamentari, capacissimo di fermarne uno per strada, puntargli il dito e dirgli: “Scusa, ma mi spieghi la cazzata che hai dichiarato ieri al Corriere?”, per poi ridergli in faccia e offrire da bere.
Postava foto, notizie, complimenti e insulti agli amici. Commentava articoli, scovava bufale. Faceva lunghe telefonate esilaranti. Trovava trattorie in periferie improbabili e obbligava gli amici a seguirlo oltre le nebbie. Indossava giacche altrettanto improbabili. Portava regali al figlio Giovanni e trovava quadri, disegni, sculture di artisti al momento sconosciuti da regalare a Eugenia, la moglie. Perché Giovanni e Eugenia erano la sua luce. Se n’è andato senza spegnere nulla del suo ricordo, portato via dal Covid. Aveva 66 anni.