"FERRARI, PIZZA E PAPAPARAZZO", RINO BARILLARI, UNA VITA DA “KING” TRA PASSATO E FUTURO – LE BOTTE CON SINATRA, SONIA ROMANOFF CHE GLI SPIACCICÒ UN GELATO IN FACCIA, LA SECCHIATA DI PISCIO DALLA MOGLIE DI TOTÒ RIINA E ASIA CON... - "I SELFIE ROVINANO I DIVI PERCHÉ NON RACCONTANO MAI LA VERITÀ" - LA MOSTRA AL MAXXI E IL DOCUFILM ALLA FESTA DEL CINEMA: "IO NON HO INVENTATO NIENTE, I PAPARAZZI LI HA CREATI FELLINI" - VIDEO
Candida Morvillo per il Corriere della Sera
Federico Fellini chiamava Rino Barillari «The King of Paparazzi» ed è questo il titolo della mostra a lui dedicata, prodotta da Istituto Luce Cinecittà, che sarà al Maxxi di Roma dal 12 ottobre e che racconta 60 anni della nostra storia, dalla Dolce Vita agli Anni di Piombo, fino alla Roma di oggi, dove Barillari ha appena avuto il 164esimo incidente sul lavoro, l' unico di cui non va fiero: «Ho preso una buca in motorino andando a fare una foto».
Gli altri 163 ricoveri al pronto soccorso, le 11 costole fratturate, le 76 macchine fotografiche fracassate sono frutto di risse coi divi o di colluttazioni durante i cortei di piazza che ha documentato. Era arrivato dalla Calabria a 14 anni, senza una lira. La notte dormiva all' aperto, ma in pochi mesi era già in giro a far foto.
Com' era la Dolce Vita, vista da chi la fotografava?
«Emozionava. Una notte, ho pianto sentendo Frank Sinatra cantare per strada. Dopo, ci ho fatto a botte. Fare a botte era importante, era il momento "provocation": se il personaggio non vuole la foto, lo scatto più bello è quando lo fai arrabbiare».
Peter O' Toole le costò due punti di sutura in viso.
«L' avevo beccato con Barbara Steele ed era sposato. Poi facemmo pace. I personaggi sapevano che avevano bisogno di noi. Oggi, ci scansano, vanno in tv a dire parolacce e si sentono da Oscar».
Perché l' attrice Sonia Romanoff le spiaccicò un gelato in faccia?
«La mattina aveva sposato un vecchietto e la sera l' avevo trovata mano nella mano con un altro. Oggi foto così non esistono più perché ci sono i teleobiettivi. Noi dovevamo avvicinarci, sparare il flash. Il personaggio diceva "mi rovini, aspetta sei mesi, poi esci".
Ti mettevi d' accordo, non davi le foto, ma lui te ne faceva fare altre. Se rovini il personaggio, dopo chi fotografi? Sei rovinato tu. Marcello Mastroianni mi diceva: "O tu o io"».
Una volta in cui lo disse?
«Al Jackie 'O. Ballava con Zeudi Araya. Non scattai, però, dopo, mi fece fare foto bellissime con la moglie».
Perché Irina Demick girava con un ghepardo?
«Per far parlare di sé. I divi di allora erano maestri in questo. Il marito di Jayne Mansfield, Mickey Hargitay, scese in piazza di Spagna a cavallo e con le pistole. Esiste la foto che gli tiro un cazzotto, ma in un giorno in cui era senza pistola. L' avevo beccato con la modella Vatussa Vitta, che mi prese a borsettate».
Dalle donne quante volte le ha prese?
«Ebbi una secchiata d' acqua dai bodyguard di Claudia Schiffer. Un giornale aveva scritto che soffriva di cellulite ed ero andato a controllare. E una secchiata di piscio me la tirò dal balcone la moglie di Totò Riina, a Palermo».
Perché per Fellini era The King?
«Perché ero ovunque, anche sui delitti. Lui mi chiedeva cose strane: voleva sapere se nell' incidente il cadavere perde le scarpe o cosa dice il ferito morendo...».
Lei come riusciva a essere ovunque?
«Ascoltavo le frequenze radio delle forze dell' ordine. Ero in via Fani quando fu rapito Moro e in via Caetani quando fu trovato il cadavere. A Piazza Nicosia, facendo segno da lontano, bloccai il comandante dei Vigili del fuoco Elveno Pastorelli e gli salvai la vita dalle Br che sparavano».
Lavora ancora di notte?
«Sempre. Ho fatto io la foto di Asia Argento col francese Hugo Clement. Mi è spiaciuto che, dopo, il compagno Anthony Bourdain si sia suicidato, ma lei stessa ha detto che non è stato per le foto».
Ai tempi di smartphone e Instagram, ha ancora senso il suo mestiere?
«Il telefonino è l' agonia del paparazzo. Ma i selfie rovinano i personaggi, perché non raccontano mai la verità».
2. NELL' OCCHIO DELLA STORIA
Gloria Satta per “il Messaggero”
Non solo Dolce Vita. In sessant' anni di lavoro e nei suoi 500 mila scatti Rino Barillari ha raccontato, come tutti sanno, vizi e vezzi, capricci e intemperanze delle star di passaggio a Roma beccandosi botte, fratture, ricoveri plurimi. Ma nello stesso tempo ha documentato, con uno straordinario senso della notizia, i fatti cruciali avvenuti nella Capitale nell' ultimo mezzo secolo e i cambiamenti del Paese, le mutazioni del costume e le metamorfosi del mondo: in una parola, attraverso il suo obiettivo ha fissato la memoria storica della nostra epoca.
Grandi delitti, celebri episodi di cronaca, gli anni bui del terrorismo, gli attentati, la piaga della droga, le manifestazioni di piazza, i crimini della mafia, i potenti della Terra e le imprese dei Papi, la gente qualunque e la vita nelle strade figurano nello sterminato archivio del fotoreporter del Messaggero, universalmente conosciuto come The King of Paparazzi, 73 anni vissuti felicemente e pericolosamente nel segno dello scoop tra gossip e attualità, immagini posate e scatti rubati, istinto e passione.
LA VELOCITÀ
Oggi le foto di Barillari sono protagoniste della mostra Rino Barillari - The King of Paparazzi che, prodotta da Istituto Luce Cinecittà, organizzata da Camilla Cormanni, curata da Martino Crespi da un' idea di Massimo Spano e Giancarlo Scarchilli, sarà aperta al Maxxi dal 12 al 28 ottobre come evento imperdibile della tredicesima edizione della Festa di Roma dove verrà presentato anche il documentario The King of Paparazzi realizzato da Spano e Scarchilli.
barillari papa giovanni paolo ii
Per la prima volta, è possibile seguire il percorso completo della carriera di Rino che Oliviero Toscani include tra i 40 fotografi viventi più importanti e che, nel bellissimo catalogo di Edizioni Sabinae, definisce «una risorsa mondiale tra passato e futuro» esaltandone «la dedizione e la testardaggine, l' insistenza e velocità di esecuzione». Paparazzo, viene ricordato nel libro, è la terza parola italiana più conosciuta al mondo dopo pizza e Ferrari.
La mostra si sviluppa attraverso quattro sale tematiche e una galleria di foto rubate esaltate da un' installazione sonora interattiva creata da Federico Giangrandi. Accanto ai protagonisti della Hollywood sul Tevere, ci sono Enzo Tortora portato via in manette, i detenuti in rivolta sul tetto di Regina Coeli, un' asina che vola (recuperata in un fosso e imbragata dall' elicottero dei carabinieri: uno dei primissimi scatti realizzati da Rino per il nostro giornale alla fine degli Anni Ottanta), il Papa che gioca a bocce con i vecchietti, il ghigno di Totò Riina dietro le sbarre, il cadavere di Aldo Moro nella Renault, Ali Agca catturato subito dopo l' attentato a Papa Wojtyla. Le sartine che cuciono gli orli al sole in piazza di Spagna alla fine degli Anni Cinquanta rappresentano invece l' immagine poetica di una Roma che non c' è più.
GLI EPISODI
La sagoma dell' aereo della Pan Am presidiato dalle forze dell' ordine dopo l' attentato compiuto dai terroristi palestinesi nel 1973 a Fiumicino racconta una delle pagine più dolorose della storia del nostro Paese. La madre che abbraccia disperata il figlio stroncato dalla droga nella sua auto è una moderna Pietà. Paul Getty III che ostenta l' orecchio mozzato dai rapitori è una pagina indimenticabile. Robert Kennedy e Rudolph Nureyev a spasso per via Veneto negli anni Sessanta fanno rivivere l' epoca più glamour e spensierata della Capitale, quella Dolce Vita sempre celebrata ma destinata a rimanere cristallizzata nella memoria collettiva.
«Barillari, con la sua capacità di stare sempre sul pezzo, ha raccontato il nostro Paese», dice Spano che, nel documentario The King of Paparazzi, ha inserito le testimonianze di cineasti, magistrati, esponenti della vita pubblica italiana, «e ora la mostra è richiesta un po' dappertutto: sbarcherà prossimamente a Mosca». Rino, commendatore all' Ordine della Repubblica Italiana, è studiato nel mondo intero ed è docente honoris causa presso la Xi' an International University, in Cina.
LE MILLE VITE
«Questa mostra», spiega, «è importante perché, attraverso le mie immagini, rende omaggio a tutti i fotografi che hanno svolto e svolgono il loro lavoro con passione e sacrificio. Soprattutto quelli meno conosciuti: io non ho inventato niente, i paparazzi li ha creati Federico Fellini nel suo capolavoro La Dolce Vita. E se mi chiamano paparazzo sono orgoglioso». Il fotoreporter del Messaggero è fiero anche di aver raccontato Roma, la città in cui, calabrese di origine, ha sempre vissuto e operato: «La Capitale ha vissuto mille vite e non si è fermata mai, trascinandosi dietro l' intero Paese. E continua a cambiare», dice.
Alla vigilia dell' inaugurazione, c' è spazio per la nostalgia: «Un tempo, per catturare l' immagine giusta dovevi consumarti le scarpe, appostarti per ore, prendere le botte. Oggi, nell' epoca del digitale, le immagini sono disponibili sul web. È la fine della nostra professione». Poco male. Instancabile e sempre assetato di scoop, il segugio Barillari continua ad andare a caccia. La guerra è guerra. E la notizia non aspetta.
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